La prima cosa che ti cattura è il titolo “Dove sono gli uomini?” e già si immagina il tipico romanzo sull’eterna ricerca dell’uomo ideale!
Nulla di tutto ciò. Niente caccia al principe azzurro, o donne sull’orlo di una crisi di nervi, ma storie vere, autentiche, e un osservatore d’eccezione, Simone Perotti, scrittore e blogger, già autore di best seller che, dalla copertina del suo ultimo libro lancia una provocazione ai potenziali lettori. Dove sono gli uomini? è una domanda che lui per primo si è posta, registrando nella vita di tutti i giorni un’allarmante latitanza del sesso maschile nel tessuto sociale, di cui è un acuto osservatore.Oggi, secondo Perotti, le donne socializzano, viaggiano, vanno al cinema, frequentano corsi di danza, yoga, vela, si buttano a capofitto in nuove avventure sentimentali e professionali, senza paura di mostrarsi per quello che sono, mentre i rappresentanti del sesso forte, viaggiano sempre più in solitaria, indeboliti e autoreferenziali.
Partendo da qui, il libro diventa un viaggio nell’universo femminile, in cui l’autore si addentra con delicata curiosità, raccontando una grande varietà di materiale umano che oggi sembra dialogare sempre meno con i partner maschili. Ma come si fa a raccontare in un libro la crescente assenza degli uomini? Ce lo ha spiegato lo stesso Simone Perotti.
Quando hai cominciato a notare che in giro gli uomini stavano scomparendo? E come è nata l’idea di costruire un libro partendo da questa osservazione?
Per primo sono stato io a patirne, come uomo. Per tanto tempo ho faticato terribilmente a trovare uomini come amici, compagni d’avventure, partner di iniziative lavorative o di svago. Tutt’oggi, spesso, con gli uomini mi annoio, faccio fatica ad interessarmi a quel che dicono. Poi ho notato che a bordo (n.d.r. Perotti è anche uno skipper esperto di vela), quando lavoro, ho sempre più donne: carine, simpatiche, anche piacevoli come interlocutrici, certamente piene d’avventura e di iniziativa. Allora ho iniziato a farmi domande, a cercare. Poi ho studiato, ho voluto andare a fondo. Nel frattempo raccoglievo storie vere. Ne ho tantissime, potrei scrivere due o tre libri. Tutte storie uguali: donne che non hanno interlocutori.
In realtà partendo dalla latitanza degli uomini, nel libro si parla soprattutto di donne. Nell’universo femminile sembri molto a tuo agio: quanto è frutto della tua esperienza personale e quanto di un interesse “sociologico”?
Io di donne ne conosco molte, le frequento, ci parlo. Soprattutto loro parlano con me, cosa che molti uomini non fanno, o fanno poco, male, sempre parlando di terze persone, di fatti capitati ad altri. E poi è facile essere a proprio agio raccontando le storie delle donne perché loro te le raccontano volentieri, in modo dettagliato, senza pudori: perché comunicare è mettere in comune storie proprie, vere, su cui ragionare.
Oltre a scrivere, sei un uomo di mare, ti è stato di aiuto nel tuo lavoro di ricerca? La barca si dice essere un luogo dove non si può fingere, si è quel che si è…?
In barca le donne, che già sono brave ad aprirsi e a comunicare, impazziscono dalla gioia, si divertono, si godono il mare e soprattutto parlano, ascoltano, entrano in relazione con le altre donne e con chiunque. A bordo, dopo circa un’ora tutte le maschere sono sul ponte. Solo volti veri.
La cosa che più colpisce nel libro è che le donne fra i 30 e i 50 anni sono descritte come più mature, realizzate, attive e partecipi degli uomini, ma nelle relazioni non sono altrettanto efficienti: sono spesso sole – a volte per scelta - insoddisfatte e disilluse. Perché questa distanza tra pubblico e privato?
Per mancanza di interlocutori. Le donne oggi sono assai più pronte di prima ad essere partner in relazioni mature. Ma non possono viverle da sole. Con questo non voglio dire che tutte le donne siano mature, ma certo una gran parte di loro lo è. Mature vuole dire adulte, libere, coraggiose. Gente così fa paura, soprattutto a noi uomini.
Gli uomini invece sembrano ripiegati su se stessi, dediti soprattutto a soddisfare i propri bisogni. Nelle relazioni però sembrano dettare ancora le regole, è così?
Non mi pare che dettino niente. Dalle relazioni fuggono perché fuggono dalla relazione con se stessi. Noi uomini etero siamo fuori ruolo, abbiamo la catena energetica spezzata, non siamo né nostro padre, né gay (i gay stanno assai meglio di noi: parlano tra loro, parlano con le donne, sono pieni di iniziativa…) e questo ci getta nell’ansia. La maggior parte si eclissa. Il resto è aggressivo. Pochissimi ascoltano.
Le storie di donne raccontate nel libro sono volutamente estreme: c’è l’eremita che sceglie la dura montagna e la solitudine, l’indipendente che fa l’amante ma sogna una cena a due sul terrazzino di casa, la donna che fa a meno dell’uomo perché non ne sente più il bisogno. La distanza tra i sessi è davvero così grande?
Dopo che è uscito il libro, ristampato dopo sei giorni, una marea di donne mi ha scritto. Così ho scoperto che la situazione poteva essere ancora più truce del mio racconto. Quelle storie non sono affatto estreme. Il dramma è proprio che sono normali.
Una “sindrome” attribuita alle donne è quella della “principessa triste”. Ci spieghi meglio di cosa si tratta e chi colpisce?
Donne che non si fanno raggiungere, che sono sottilmente innamorate della figura del proprio padre, della coppia che sono i propri genitori, e così non si aprono, non si fanno raggiungere, desiderano terribilmente un uomo, ma fanno di tutto per allontanarli. Un gruppo molto nutrito. Sono le donne più in difficoltà.
Nel libro fa capolino prepotentemente anche il mondo delle relazioni virtuali a cui, soprattutto le donne, oggi sembrano molto affezionate. Quanto sono diffuse e che rischi nascondono?
Tutte le azioni virtuali sono affascinanti perché si può inventare, ma sono basate sulla finzione perché non sono reali. Pro e contro. Quello della virtualità è un nuovo linguaggio, dobbiamo capirlo, temerlo un po’, studiarlo, viverlo, scoprirlo. Certo, solo virtuale la vita non può essere, molti invece la vivono così, solo attraverso un monitor.
Un altro tema attuale, trattato nel libro, è quello delle donne “cougar”, quelle che hanno superato gli “anta” e scelgono partner molto giovani. Come giudichi questo fenomeno sempre più diffuso e amplificato dai media?
La risposta me l’ha data una cinquantenne: “Senti, almeno sono gioiosi, senza il muso lungo e pieni di energia, fisica e mentale!” Mi sembra che questo fenomeno si spieghi da solo. Certo io, come qurantenne avanzato, mi oppongo. Se una donna mi preferisse un 25enne mi chiederei in cosa ho fallito. E il riferimento al sesso non basta, non è mai solo quello che muove le decisioni di una donna. Fantasia, invenzione, dialogo, comunicazione, cosa non è andato?
Nel libro c’è un profondo omaggio al cammino fatto dalle donne dal secolo scorso a oggi per affermare il loro valore, soprattutto nella vita pubblica. Molti però attribuiscono all’emancipazione delle donne la crisi degli uomini: condividi questa analisi?
E’ un procedimento tipicamente maschile: non sono io in crisi, sei tu che mi danneggi. Secondo i verbali dei PM tutti gli omicidi di donne si giustificano dicendo “lei mi provocava”. Basta alibi. Noi uomini siamo speciali a trovarne. Siamo persone, adulti, e quel che ci capita dice molto di noi. Prendiamone atto.
C‘è una persona o una storia che ti ha più colpit0 tra tutte quelle che hai incontrato?
Quella della ragazza che apre il ferramenta e che poi viene picchiata. È durissima. Ho pianto.
Se dovessi fare pubblicità al tuo libro cosa diresti? A chi ne consiglieresti la lettura?
Agli uomini. E’ una mappa sulle donne ed è un affresco di quello che – anche – siamo. Mi stupisce che non lo leggano in massa. Anche questo la dice lunga.