Downgrade per l’Italia di Maria Rita Gelsomino.
Nella notte di sabato 21 maggio Standard and Poor’s ha modificato l’outlook dell’Italia da stabile a negativo confermando il rating a lungo termine A+ e a breve termine A1+ sul debito sovrano.
Questo significa che c’è una probabilità del 33% che nei prossimi 24 mesi il rating venga abbassato. Finora l’Italia era rimasta fuori dall’ondata di retrocessioni che avevano colpito altri paesi europei come Grecia, Irlanda , Spagna e Portogallo.
La decisione ha colto di sorpresa molti operatori impreparati soprattutto per ragioni collegate ad un comportamento delle nostre finanze pubbliche relativamente più positivo rispetto ad altri paesi dell’Unione. E’ pur vero che il nostro livello di debito in rapporto al Pil è il secondo maggiore del mondo dopo il Giappone , di poco sotto al 120% ma ,considerando che su questo livello si trova ormai da molti anni, si può anche osservare che il peggioramento è stato più contenuto rispetto a quello di Spagna e Portogallo, tralasciando le ultime della classe Grecia e Irlanda.
Considerando il parametro deficit/Pil il confronto resta decisamente migliore rispetto a molti paesi dell’eurozona. Per l’Italia tale parametro è definito intorno a valori del 5% poca cosa se si confronta al 32% dell’Irlanda , all’11% della Grecia, al 10% di Gran Bretagna, al 9% di Spagna e Portogallo e al 7% della Francia.
“ La ragione per cui S&P ha deciso questa mossa mi è sconosciuta ma dal nostro punto di vista nulla è cambiato” ha commentato Pier Carlo Padoan, capo economista e vice segretario generale dell’Ocse riguardo al downgrade del nostro outlook.
Allo stesso modo la pensa la Cina che, per bocca di Dong Xian’an capo economista di Peking First Advisory, ha giudicato la scelta della società di rating americana semplicemente “infondata”.
Chi ha ragione quindi?
Non ostante i parametri relativamente buoni, ci sono aggravanti che l’agenzia di rating americana ha intravisto nel nostro paese e che per molti aspetti dimostrano il ritardo con cui queste agenzie elaborano le proprie previsioni sul debito sovrano. Vediamo dunque come viene motivata la decisione:
“ Deboli le attuali prospettive di crescita dell’Italia e incerto l’impegno politico nelle riforme tese a migliorare la produttività . Il potenziale stallo politico potrebbe contribuire ad uno slittamento delle riforme fiscali. E di conseguenza, S&P ritiene che le prospettive di una riduzione del debito pubblico italiano siano diminuite”
S&P non ritiene dunque credibile il percorso di risanamento economico-finanziario che il nostro esecutivo ha previsto nell’arco temporale che porta al 2014 a causa della sua estrema debolezza .
La nota di S&P evidenzia inoltre la previsione dei “ rischi collegati al piano di riduzione del debito nel periodo 2011-2014” rischi che secondo l’agenzia “sono connessi alla crescita dell’economia più debole delle nostre attuali stime, che prevedono un +1,3% nel periodo 2011-2014”
La crescita dell’Italia si è quasi fermata negli ultimi sei mesi, malgrado il robusto incremento del Pil di gran parte dei suoi partner commerciali. Il Pil italiano è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1% rispetto al primo trimestre del 2010.
Dati deludenti se raffrontati alle stime degli analisti che si aspettavano un rialzo dello 0,3% trimestre su trimestre e un aumento anno su anno dell’1,2%. Nello stesso periodo il Pil è aumentato, (trimestre su trimestre), dello 0,5% nel Regno Unito, dello 0,4% negli Stati Uniti, in Germania dell’1,5 e dell’1% in Francia. Secondo Société Générale la stima di crescita per il nostro paese è compresa in un range tra lo 0,6% e lo 0,9% anno su anno, un punto percentuale in meno alla media dell’area euro.
Tale sottoperformance potrebbe essere attribuita ai radicati problemi strutturali del nostro paese oltre alla mancata volontà politica a riformare il mercato del lavoro e ad introdurre provvedimenti per rilanciare la produttività.
All’agenzia di rating americana non basta dunque che il Governo persegua una politica di non-riforme in cambio di una politica di contenimento della spesa e di aumento strisciante della pressione fiscale, per quanti tagli si possano fare dalla crisi non si esce senza sviluppo.
Un paese che colma i buchi di bilancio con strette fiscali e tagli delle spese è condannato all’implosione soprattutto nella prospettiva di un aumento dell’onere per il servizio del debito che appare certo a causa della normalizzazione dei tassi promossa dalla Bce.
Il Tesoro italiano ha risposto che l’esecutivo ha avviato e intensificherà le riforme e che per quanto concerne il bilancio pubblico sono in preparazione i provvedimenti tesi all’ottemperanza dell’obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2014. Tali iniziative andranno all’approvazione del Parlamento entro il prossimo luglio.