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Galeotta fu la lettera e chi la scrisse, di nuovo: al secondo episodio della quarta stagione, Downton Abbey preferisce non imbarcarsi ancora in sviluppi inediti e seguire binari narrativi consolidati, a volte quasi speculari rispetto al passato, tali da imporre sulla narrazione di un pizzico di prevedibilità ma anche la rassicurante sensazione che in un modo o nell’altro a tutto si possa porre rimedio.
Se nella terza serie a portare scompiglio era stata una lettera del padre di Lavinia(defunta fidanzata di Matthew), ecco che un’altra missiva scritta da Matthew in persona si prepara a cambiare nuovamente la gestione degli equilibri nella tenuta e nella stessa famiglia Crawley: resosi conto all’improvviso di non aver pensato all’eventualità di una sua prematura dipartita, prima di partire per la Scozia l’uomo aveva messo su carta la sua intenzione di nominare unica erede della sua quota la moglie Mary. L’introduzione del plot device ha un tempismo talmente inquietante da strappare qualche sorriso(oltre a nullificare con facilità l’infinita questione dell’eredità portata avanti per 3 stagioni), ma dato che questo consentirà di far scendere ufficialmente Mary in campo contrastando il fastidioso ostruzionismo di un Lord Grantham deciso a tenere fuori la figlia in quanto donna, la cosa non può che farci piacere; l’asse fra la Contessa Madre, pronta a contrastare il figlio e a bacchettarlo con classe quando necessario, Tom Branson e Lady Mary si sta ormai sempre più consolidando.
Questioni decisamente meno impegnative intrattengono invece Lady Rose, che partecipa a una serata danzante in paese dimostrando un pericoloso interesse per un simpatico ragazzo di umili origini.
Downstairs, sembra che Edna si prepari a diventare la nuova O’ Brien alleandosi con Thomas per danneggiare, solo per il gusto di farlo, il buon nome di Anna; Bates si impegna invece per aiutare Moseley, rimasto privo di un occupazione alla morte di Matthew e retaggio di un passato che sta ormai svanendo, offrendogli del denaro per andare avanti senza ferire il suo orgoglio; ad essere maggiormente interessante è comunque la storia di Carson, per la prima volta costretto a confrontarsi con alcune penose memorie di gioventù.
Certi meccanismi sono rodati e anche stratagemmi scontati come la provvidenziale apparizione della lettera non ci scandalizzano(in passato è successo anche di peggio), ma quando gli snodi più eclatanti della trama risultano zoppicanti sono i piccoli dettagli fuori fuoco a ricordarci ciò che continuiamo davvero ad amare nella serie: come il pupazzetto porta fortuna che Mary aveva regalato a Matthew durante la Guerra, ricomparso fra gli effetti personali dell’uomo e mai dimenticato, la camminata fianco a fianco di Carson e Mrs Hughes alla stazione o la corsa di Lady Edith, di ritorno da Londra dopo aver incontrato Gregson in un appartamento arredato con gusto decisamente contemporaneo, per arrivare in tempo per la cena e ricomporsi abbastanza da calarsi di nuovo nelle antiche e tradizionalissime stanze di Downton, senza dimenticare ovviamente le battute impeccabili della Contessa Madre; molte trame continuano ad aprirsi in fretta solo per chiudersi con altrettanta rapidità, ma la cornice continua a mantenere intatto fascino e smalto.
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Ps: un plauso particolare questa settimana alle battute della Dowager Countess, always the Best