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Una terza stagione un po’ minore rispetto alle prime due ma che si mantiene comunque alta a livello estetico.
Lo sconvolgimento della guerra non lascia infatti acque tranquille dietro di sé, anzi, proprio le conseguenze che la guerra porta in un mondo aristocratico ormai alla deriva come quello di Downton sono al centro delle vicende di questo capitolo. Sullo scontro con la modernità si basa quindi questa stagione, uno scontro tra tradizionalisti a tutti i costi (da Robert fino a Carson) agli innovatori disposti anche a sacrifici utili per il rinnovamento (Matthew e Branson). Quello che viene a crearsi è un ambiente disposto ormai in un equilibrio precario, in cui ai piani alti come in quelli bassi le diatribe e i disaccordi sono all’ordine del giorno. A tenere le fila della trama sono innanzitutto tre storie che tra loro si intrecciano: il rapporto tra Branson e Sybil reso burrascoso e funestato dalla ribellione irlandese che li costringe a trovare ripara in famiglia, i tentativi di Robert di mantenere la proprietà dopo dei rovinosi investimenti e la vicenda giudiziaria di Bates. In mezzo la ricerca di un proprio ruolo da parte di Edith e quella di un figlio tra Matthew e Mary dopo il sontuoso matrimonio. Ma anche temi importanti sono trattati, come l’omosessualità (all’epoca ancora considerata fuori legge) e il disagio economico e non solo di reduci e vedove di guerra costrette a prostituirsi pur di sopravvivere, le schermaglie tra Lady Violet e Isobel su questo saranno come sempre pungenti e ironiche al punto giusto. Con il climax che si staglia come un fulmine a ciel sereno al quinto episodio, il più forte e commovente di tutta la serie con molta probabilità, gli ultimi tre lasciano smaltire la tristezza e la rabbia portando ad un finale lieto e felice ma non certo ad effetto come in passato si era riusciti a fare. Ora che però il vento del cambiamento ha bussato alle porte di Downton, non ci resta che aspettare il tradizionale episodio natalizio per vedere cos’altro spetta ai Crawley.
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