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Draghi e il pianeta delle scimmiette

Creato il 09 luglio 2015 da Albertocapece
potreste caricarla che facciamo l'awn? grazie

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

Oggi un intero paginone de Corriere della Sera era interamente dedicato a discettare e rimuginare intorno ad una frase di Draghi.

Vi chiederete quale affermazione profetica, quale motto indimenticabile, quale concetto risolutivo sia sortito dalle labbra strette (segnale inequivocabile secondo il mio prozio di una certa indole all’avarizia) del presidente della Bce.

Macché l’esercizio di prossemica svolto dal puntiglioso commentatore verteva sulle parole “questa volta è veramente difficile”, meno di tweet, meno di quello che mi ha detto il fruttarolo incartando i peperoni. Ma abbastanza per disquisire dell’espressione dell’esponente europeo del vero padronato terrestre, viso stanco, sguardo pensoso, una grattatina qui, mani allargate là, così da riempire un articolo e svolgere scrupolosamente l’incarico nemmeno tanto tacito di far capire alle plebi che c’è chi pensa e si preoccupa per loro, che è meglio non disturbare i manovratori, lasciarli fare per il nostro bene, in modo che possano ridurre peccato e pena, quel debito del quale siamo responsabili e colpevoli per un agire dissipato e che quindi dobbiamo pagare con una redenzione da inferno in terra fatta di povertà, rinunce, servitù precaria, abdicazione a democrazia e libertà.

Quando Landini qualche giorno fa ha ricordato: “Allorché  in Italia è arrivata la lettera della Bce, su cui Berlusconi è caduto a nessuno è venuto in mente di consultare il popolo … Pensioni, articolo 18 e Jobs act sono tutte indicazioni della Bce. Noi invece che un referendum abbiamo fatto dei governi tecnici che hanno portato all’aumento del debito pubblico e della povertà”, c’è stata una sollevazione della corporazione dei liberi opinionisti e commentatori, per ridicolizzare l’approssimazione per non dire l’ignoranza del leader della Fiom. Ma come,  sono insorti, non sa il Landini che la Costituzione, la stessa che ogni giorno viene rosicchiata impunemente,  vieta esplicitamente che possa svolgersi un  referendum che intervenga nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie e degli obblighi assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea. Non sa che non è possibile nel nostro ordinamento proporre lo svolgimento di referendum consultivi? Non sa che proprio  all’Articolo 75 la Carta non ammette il referendum per le leggi tributarie e di bilancio?

Come se l’imposta abiura alla sovranità economica in previsione della perdita totale di ogni forma di autodeterminazione, fosse materia “economica”, non la ricattatoria imposizione della cessione di indipendenza, potere decisionale, dunque di democrazia, in favore di quello che giustamente è stato definito il golpe messo in atto dal padronato universale da quella   “cupola” planetaria, fatta di banche, grandi patrimoni, di alti dirigenti del sistema finanziario, di politici che intrecciano patti opachi con i proprietari terrieri dei paesi emergenti, di tycoon dell’informazione, insomma quella classe capitalistica transnazionale che domina il mondo e è cresciuta in paesi che si affacciano sullo scenario planetario grazie all’entità numerica e al patrimonio controllato e che rappresenta   decine di trilioni di dollari e di euro che per almeno l’80% sono costituiti dai nostri risparmi dei lavoratori,  che vengono gestiti a totale discrezione dai dirigenti dei vari fondi, dalle compagnie di assicurazioni o altri organismi affini.

Ma è proprio quella classe di camerieri al suo servizio, tra politici, media, contabili, che si nasconde e ci nasconde la verità come se fosse preferibile andare davanti al plotone di esecuzione bendati, consegnarsi al killer anestetizzati da formule letargiche che alternano secondo la teoria degli choc paura e rassicurazioni, minacce e blandizie,  ma soprattutto bugie su bugie, diventate strumento di governo, di consenso, di propaganda.

Per questo è affondato tra le brevi in cronaca  il voto  sul  Ttip, il trat­tato di com­mer­cio tra Ue-Usa, legata come da un filo rosso alla questione greca perché sempre si tratta della demo­cra­zia in Europa, seriamente compromessa dall’introduzione di mec­ca­ni­smi come il con­si­glio di coo­pe­ra­zione rego­la­to­ria e l’istituzione di tri­bu­nali arbi­trali per diri­mere le con­tro­ver­sie tra Stati e multinazionali.

Ma come è noto   le trattative sul Trattato transatlantico, la panoplia di strumenti con i quali gli Stati dovranno sottoscrivere la sudditanza alle multinazionali,  sono segrete,  costituendo così una  smentita e   di quella democrazia leggendaria che viene celebrata da una parte all’altra dell’Atlantico   come fondamento sul quale si reggono superpotenze che non si arrendono al declino, roccaforti finanziarie,   missioni “umanitarie”, imprese belliche a difesa dal terrorismo magari finanziato fino alla mattina precedente.  Però ogni tanto ci somministrano  qualche pubblicità per la serie “bugie progresso”  a proposito dei fallaci benefici e sconti europei in materia di tariffe, di sontuose regalie fino a  545 euro per ogni fami­glia euro­pea in modo da magnificare e farci ingoiare un quadro di  accordi che dovrebbe aggirare le sanzioni economiche contro la Russia che interrompono una parte degli scambi economici e tecnologici dell’Ue con quel paese, sostituendoli con  profittevoli “scambi atlantici”,  che renderebbe possibile il marketing bellico sia pure nelle maglie del pareggio di bilancio, in modo da rendere i doverosi servigi all’influente e prepotente partner maggioritario, stringendo un vincolo indissolubile finanziario, energetico, economico, militare che riduca la globalizzazione  a sigillo anche simbolico a sancire il dilemma  “o con gli Usa o contro gli Usa”.

Però via via che la fortezza prende forma, che vengono completati e tarati i meccanismi di quella macchina di costrizione, vedrete che ce ne illustreranno le magnifiche sorti con lo stesso approccio epico e rapito dedicato ai signori della Troika, perché anche noi possiamo ammirare e consegnarci con il loro stesso entusiasmo a quella prigione, che loro hanno scelto e nella quale vogliono rinchiudere aspirazioni, riscatto, libertà,  in cambio del princisbecco della sopravvivenza, della difesa dagli “altri”, di una sicurezza senza felicità.


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