Io credo che Clive Barker sia l’autore contemporaneo che più si è avvicinato (in alcuni momenti) al mondo di Edgar Allan Poe.
Frase introduttiva un po’ forte per dire che Dread nasce invece dal Barker più pratico, più horror, meno sovrannaturale e più legato al terrore quotidiano.
E Dread è un vero e proprio viaggio nel terrore, nelle paure più profonde, nelle paure del singolo.
Quali sono?
Come si affrontano?
Si può riuscire a superarle?
Il misterioso Quaid convince Stephen a realizzare un’inchiesta in video sulla paura.
Un lavoro scolastico che punta a capire quali sono le peggiori paure della gente, da cosa nascono, come possono essere affrontate.
Con loro c’è anche Cheryl, esperta e appassionata di tecnologia.
Il lavoro prosegue serrato, le storie che vengono fuori sono terribili e grottesche, ma ben presto a farsi largo sono le paure dei tre protagonisti.
Scopriamo anche che Quaid non ha alcun interesse nel lavoro scolastico e la sua è una vera e propria analisi per cercare di sconfiggere la sua paura più grande.
Da bambino ha assistito allo sterminio della sua famiglia (lo scopriamo da alcuni inserti decisamente splatter nei primi minuti di film) e continua ad avere incubi sempre più reali e terrorizzanti.
Attenzione allo spoiler.
Quaid va ben oltre e dopo aver duramente litigato con Stephen decide di proseguire la sua indagine riconvocando alcuni dei protagonisti dei video e mettendoli di fronte alle loro paure nella maniera più estrema e violenta, ricreando i loro terrori.
Vittime della sua follia sono anche i due compagni di viaggio.
Fine dello spoiler.
La vicenda di base è davvero ottima e Anthony DiBlasi è bravo a raccontarla con una fotografia calda che rende godibile il film.
Toni che vanno dal rosso al giallo riempiono gli ambienti ed accompagnano la vicenda.
Come detto quella di Quaid (uno Shaun Evans allucinato e allucinante) non è una semplice ricerca, è un tentativo di esorcizzare il suo terrore cercando di capire, di osservare, di comprendere quello degli altri.
E l’operazione va in porto alla grande.
Dread diventa davvero terribile ma mano che la follia di Quaid si concretizza.
Le torture a cui vengono sottoposte le sue vittime sono mostrate senza sconti e quella che deve pagare Cherryl (intensa Hanne Steen) è orrore allo stato puro, anche se non mostra orrori evidenti.
Il modo di raccontare di DiBlasi è efficace, crudo, puro, senza fronzoli.
E sfocia in un finale sorprendente che fa quadrare i conti e non lascia spazio alla razionalità ed al bene.
In Dread la lotta tra l’uomo e le sue paure (la bestia) è stravinta da quest’ultime, senza scampo, senza pietà, senza possibilità di sopravvivere alla follia.
Nessuno spazio per la razionalità quando la mente decide che l’unica via di fuga è la follia.
E mi chiedo come avrei reagito se qualcuna delle paure mostrate nel film fosse anche la mia paura!
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