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- Scritto da Lorenzo Bianchi
- Categoria principale: Rubriche
- Pubblicato: 15 Ottobre 2014
Lo scontro con la Pixar
Gli inizi, e soprattutto il confronto, non sono certo confortanti, se si pensa che nel 1995 la Disney/Pixar propone Toy Story, mentre il primo film d’animazione DreamWorks risale al 1998, banché sia a tutti gli effetti un successo: Il Principe d’Egitto, che narra la fuga del popolo ebraico dalla schiavitù, con tanto di sequenza spettacolare della divisione delle acque da parte di Mosé, è osannato dalla critica e premiato anche agli Oscar per la miglior canzone, When you believe, interpretata da Mariah Carey e Whitney Houston. Pare, inoltre, che Katzenberg non abbia mai digerito il suo licenziamento, nonostante i 270 milioni di dollari di buonuscita, e che abbia deciso di far creare Mosé con i suoi lineamenti, mentre per realizzare il perfido faraone Ramses sembra si sia ispirato proprio allo stesso Eisner, e questa non sarà episodio isolato. Per i primi anni, è impossibile parlare della DreamWorks senza citare anche la Pixar, perché non è un caso che negli anni successivi siano usciti film d’animazione molto simili, troppo simili tra loro, per pensare ad una fatalità: nel 1998 è il turno di A bug’s life e Z la formica, nel 2000 di Le follie dell’imperatore e La strada per El Dorado, nel 2004 Alla ricerca di Nemo e Shark Tale, mentre la situazione è ribaltata se si pensa al successo DreamWorks con Madagascar (2005) e al fallimento Disney con Uno Zoo in fuga (2006).
Il problema con i sequel
Il problema di Shrek, e della DreamWorks in generale, sono i sequel e gli spin-off, utili più per il merchandising, fedeli al vecchio adagio “batti il ferro finché è caldo”. Nascono così Shrek Terzo (2007), Shrek e vissero felici e contenti (2010) e Il gatto con gli stivali (2011), opere che dimostrano come si sia cercato di spremere al massimo un argomento che di cose da dire ne aveva oramai ben poche, e visti i risultati tutt’altro che soddisfacenti in molti hanno storto il naso chiedendosi se forse non fosse il caso di chiudere in bellezza con il primi due meravigliosi capitoli.
Lo stesso discorso fatto per Shrek vale anche per Kung Fu Panda (2008), con un sequel che, però, è solo lievemente inferiore al suo predecessore, e soprattutto per Madagascar (2005), film spassoso dove alcuni animali fuggono da uno zoo di New York verso la libertà: idea divertente, personaggi ben caratterizzati e animazione ottima lo portano in vetta alla classifiche mondiali e di gradimento sia della critica che del pubblico. Il problema, anche in questo caso, sono i sequel: Madagascar 2 (2008) e Madagascar 3-Ricercati in Europa (2012) erano davvero così necessari? La fortuna è che con quest’ultima commerciale pellicola si chiude quello che potrebbe essere definito come il periodo nero della DreamWorks, iniziato proprio con Shrek Terzo, che, a parte qualche rara eccezione, sembrava non riuscire più ad indovinare i film. In questo periodo escono infatti dei film leggeri, divertenti, ma mai entrati veramente nella memoria collettiva come opere memorabili: Bee Movie (2007) è mediocre sotto ogni aspetto, in particolare quello visivo, Mostri contro Alieni (2009) e Megamind (2010) restano sicuramente dei prodotti godibili, ma pensati su misura per il botteghino più che per le vere emozioni che altre opere hanno saputo trasmettere.
L’Oscar per la stop motion
Prima di inoltrarci nelle eccezioni di questo periodo, è però corretto ricordare che alla voce “Oscar per il miglior film di animazione” c’è un altro titolo DreamWorks: Wallace&Gromit: La maledizione del coniglio mannaro (2005), che ha conteso e strappato la statuetta ad un altro enorme capolavoro in stop motion, nientemeno che La Sposa Cadavere (2005), di Tim Burton e Mike Johnson. Resta l’unico esperimento con la tecnica stop motion per la DreamWorks, che nei due anni successivi è tornata a dirigere degli ottimi prodotti, molto divertenti, utilizzando l’animazione digitale: La gang del bosco (2006) e Giù per il tubo (2007), su cui, però, potrebbe aleggiare lo spirito di Ratatouille (2007), della Disney/Pixar.
I capolavori
L’ultimo periodo e il futuro
La strada è lunga, e in 20 anni la DreamWorks è finalmente riuscita ad appianare il gap che la divideva dalla Disney, dimostrando che, con opere originali e uno stile accattivante e meno “classico”, può anche superarla, e non saranno certo dei premi Oscar a dire il contrario. I Pinguini di Madagascar, in uscita dal 27 novembre nelle sale, è il prossimo passo, anche se l’attesa maggiore è per Home, il film d’animazione DreamWorks di punta per il prossimo anno.
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