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Dredd

Creato il 29 marzo 2013 da Misterjamesford
DreddRegia: Pete TravisOrigine: UK, USA, IndiaAnno: 2012Durata: 95'
La trama (con parole mie): in un futuro prossimo imprecisato all'interno del quale lo scenario post-atomico costringe gli uomini a rifugiarsi in megalopoli immense dominate dalla violenza e dal crimine, l'unico baluardo che possa proteggere la gente comune è costituito dai Giudici, uno speciale organismo di controllo che si occupa della cattura, della condanna e dell'eventuale esecuzione dei criminali.Dredd, uno dei Giudici più tosti e spietati, è richiamato dai suoi comandanti affinchè si occupi della prova definitiva di Anderson, una mutante orfana che ha fallito per pochissimi punti l'esame di passaggio alla categoria ma che, date le sue straordinarie abilità, ha una seconda chance di entrare a far parte di questo unico corpo di polizia.I due, finiti ad indagare su un triplice omicidio avvenuto in un palazzo formicaio dominato dalla spacciatrice Ma-Ma, si troveranno a lottare fianco a fianco per sgominare la gang della donna, applicare la Legge ed ovviamente sopravvivere.
Dredd
Saranno passati vent’anni dal giorno in cui mio nonno portò a casa la vhs pirata di Dredd – La legge sono io, uno degli ultimi acuti del periodo d’oro stalloniano prima degli anni di quasi oblio che fecero scomparire dai radar fordiani uno degli eroi dell’infanzia del sottoscritto almeno fino a Rocky Balboa e John Rambo: ricordo che mi divertii parecchio guardando quella baracconata tratta da un titolo di nicchia targato DC Comics insolitamente dark e “cattiva” per essere appunto affidata ad uno dei re della retorica eighties come Sly, eppure notai che qualcosa era cambiato, nello spirito che animava l’operazione, quasi gli anni novanta con il loro carico di incertezze e la poca voglia di festeggiare e spassarsela fossero comparsi a riscuotere al banco di un’epoca che tramontava.
Il tempo ha guarito molte di quelle ferite, io stesso ho attraversato un periodo da immersione totale nel solo Cinema autoriale e radical chic prima di tornare ad apprezzare la settima arte in tutto e per tutto, riconquistando una posizione forse addirittura ancora più legata al pane e salame di quando ero bambino, e con la seconda decina del nuovo millennio l’arcigno personaggio di Dredd torna alla ribalta sul grande schermo, questa volta facendo di tutti i suoi elementi più violenti, oscuri e destabilizzanti una sorta di videogioco fracassone e senza particolari pretese, realizzato anche meglio di quanto potessi credere e poggiato senza dubbio più sulle spalle della nemesi Ma-Ma – una Lena Hadley sempre in spolvero – e della coprotagonista Anderson che su quelle del Dredd di Karl Urban – che poi, ci sarà pure un motivo se quel dannato casco non c’è proprio verso di farglielo togliere dal primo all’ultimo minuto, a parte il rischio che si apra la testa, come da grandissima citazione di Julez in merito -: che poi, povero Karl, il suo cattivissimo Giudice – che pare una versione futuribile di Jack Bauer – funziona anche così com’è, piatto e senza particolare spessore, pronto soltanto ad elencare quelli che sono i fallimenti in missione - strepitoso il tormentone "an automatic fail" - o a decretare sentenze di morte che non c’è dubbio applicherà e a spaccare culi a raffica sparando e menando legnate come se piovesse.
Dovessi esagerare, potrei addirittura affermare che la vicenda – che ruota attorno al rapporto tra Dredd e la novellina Anderson e alla loro incursione nel grattacielo formicaio sotto il controllo di Ma-Ma – riesce in qualche modo e con le dovute proporzioni a ricordare quella di The raid – Redemption, filmone totale tra i preferiti fordiani non usciti qui nella Terra dei cachi nel corso del 2012: certo, nel lavoro di Pete Travis – che è migliorato dai tempi del pessimo Prospettive per un delitto – è ben più evidente la struttura “a schermi” in pieno stile videoludico, le coreografie degli scontri non sono nulla di particolarmente esaltante ed è ovvia fin da subito – neanche ci trovassimo in un film horror o di uno degli action heroes Sly style – la fine che farà tutta la cricca dei cattivi, accompagnata dai consueti finti buoni corrotti, destinati ad essere puniti quanto e più dei “bad guys” dalla grande ed assolutamente esaltante pistola programmabile del Nostro, eppure il prodotto scorre violento e casinaro come piace ad un vecchio tamarro dello stampo del sottoscritto, calza benissimo con una serata senza impegno – o distensiva, se avete avuto giornate pesanti al lavoro – e non si propone come nulla più di quello che è.
Tanto per essere chiari, il risultato è talmente yeah che neppure i ralenti – che di norma detesto – sono riusciti ad apparirmi particolarmente fastidiosi, finendo per risultare anche congeniali alla storia e all’utilizzo della droga Slo-Mo spacciata da Ma-Ma e dai suoi tirapiedi: l’idea del salto nel vuoto prolungato prima dello spiaccicamento sul selciato centinaia di metri più in basso neanche si fosse catapultati nel racconto de L’odio è anzi decisamente interessante, così come il lavoro sul passato dei due personaggi femminili rispetto al nostro sempre cordiale Dredd, tagliato con l’accetta come se vivesse senza togliersi mai l’armatura di dosso.
Certo, un po’ di ironia in più non avrebbe guastato nel regalare spessore extra ad un personaggio che pagherei per leggere – e torniamo a parlare di fumetti – sceneggiato dal mitico Garth Ennis, creatore di quel Capolavoro di Preacher – che prima o poi mi deciderò a portare al Saloon – e responsabile del restyling del Punitore di qualche anno fa – personaggio, tra l’altro, che ha molti punti in comune con il granitico Giudice -, ma in fondo va bene anche così: quelli come Dredd sono programmati per uccidere, lottare e resistere poggiandosi proprio sulla loro inespressiva e marmorea stabilità, che se dovesse essere incrinata finirebbe per generare un altro caos come quello che i famigerati anni novanta portarono anche all’interno di un genere che, per definizione, è sempre risultato allergico all’approfondimento psicologico.
E non sarebbe certo una buona cosa.
MrFord
"E allora la mia statura
non dispensò più buonumore
a chi alla sbarra in piedi
mi diceva Vostro Onore,
e di affidarli al boia
fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi
nell'ora dell'addio
non conoscendo affatto
la statura di Dio."Fabrizio De Andrè - "Un giudice" -


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