Drive

Creato il 14 ottobre 2013 da Arpio

E torniamo nuovamente ad analizzare un film di Refn, come era stato fatto sempre questa settimana con Valhalla Rising. Questa volta è il turno di Drive, uno dei film che ha lanciato Ryan Gosling come grande attore del cinema contemporaneo e ha fatto conoscere il talento dello stesso Refn a tutto il mondo. Drive è infatti la prima pellicola made in hollywood del regista danese e, mentre da una parte le aspettative erano altissime, si è temuto anche che Refn sarebbe potuto scendere dal suo piedistallo per abbassarsi agli standard non sempre eccellenti degli americani. Così non è stato per fortuna e il danese ha firmato l’ennesima bellissima pellicola, inserendovi all’interno molti degli elementi già visti in Valhalla Rising e Bronson.

La storia è quella di uno stuntman di cui non ci viene mai detto il nome. Di giorno meccanico e stuntman e di notte autista per i furti con una tabella di marcia precisa al secondo. Nel suo palazzo conosce Irene (la sempre bella Carey Mulligan) e suo figlio Benicio, il cui padre è in prigione per una rapina. Nonostante cerchi di mantenere le distanze, si innamora di Irene, ma quando il marito viene scarcerato si fa da parte e le resta amico. Quest’ultimo però ha un debito da pagare con una banda che lo ha protetto in prigione e il protagonista decide di aiutarlo a saldare il debito eseguendo una rapina a un banco dei pegni. Da qui un crescendo di azione vorticosa e pathos porterà lo stuntman a scontrarsi con la mafia di Los Angeles.

Una storia non certo delle più originali o complesse, ma articolata alla perfezione. Il centro, come in ogni storia raccontata da Refn, non è l’azione ma le persone. Lo stunt di Drive condivide molti aspetti con One-eye di Valhalla Rising. Gosling nel film, infatti, parla pochissimo e si esprime per lo più attraverso la gestualità o lo sguardo penetrante. Come One-eye si ritrova a dover essere responsabile per qualcuno senza averlo chiesto, ma accetta il compito che il destino gli ha riservato senza battere ciglio. Ugualmente, anche lui è una persona riflessiva che quando viene minacciata o quando la vita di chi deve proteggere è in pericolo si scaglia con tutta la forza contro qualsiasi avversario. Lo stuntman di Drive è un One-eye contemporaneo, un anti-eroe metropolitano.
Refn caratterizza a tal punto questa figura di eroe, che lo stunt durante le rapine e durante tutta la vendetta/punizione indossa un costume. I guanti di pelle e la giacca argentata con lo scorpione sulla schiena è il costume da supereroe di Gosling, che porta con fierezza fino alla fine del film.

Come nei precedenti film di Refn, anche in questo la dose di violenza è alta, a volte veramente truculenta. Come già detto per Valhalla Rising, però, la violenza di Refn è una violenza di classe. Emblematica la scena dell’ascensore, dove prima bacia Irene e la protegge col suo corpo, poi si scaglia sul sicario della mafia, colpendolo con gli stivali fino a spappolargli la testa; il tutto accompagnato da una colonna sonora calma e rilassata. Refn lascia la violenza sullo sfondo. Ce la fa vedere nel suo complesso e nel suo orrore, ma la smorza e la rende accettabile grazie alle musiche e alle inquadrature. Il personaggio di Gosling, intanto, alterna le sue personalità: da quieto ragazzo che si sporca le mani in officina per due soldi a furioso omicida psicopatico. Le due facce di un eroe suburbano.

Da citare anche l’esempio di metacinema messo in campo da Refn, nel momento in cui Gosling indossa una maschera cinematografica per compiere il suo ultimo omicidio, oltre che la stupenda colonna sonora che accompagna il film, che ricorda molto le musiche anni ’80 dei film d’azione e che già aveva proposto in una scena di Bronson.



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