Drive(di Nicolas Winding Refn, USA 2011)***"Ci sono centomila strade in questa città, non c’è bisogno tu le conosca,dammi ora e luogo e ti do 5 minuti. Qualunque cosa accada in quei 5 minuti ci penso io. Ma ti avverto: qualunque cosa accada un minuto prima e un minuto dopo, te la cavi da solo."
Queste sono le prime parole di questa storia. Le dice un uomo senza nome, il protagonista, che resterà senza nome. Lo interpreta Ryan Gosling, un attore che ha imparato a impersonare con uno sguardo e un'alzata di sopracciglio, uomini che hanno il destino contro, perché da queste parti del marciapiede, la seconda chance è sempre una fregatura dell'anima.Valla a capire qual è la tua vita per davvero... L'officina dove fai il meccanico con la faccia da bravo ragazzo (non è mica un caso ti chiamino tutti ragazzo), il set sul quale rischi la pelle come stunt-man, sollevando la produzione da qualsiasi responsabilità nel caso in cui morissi o restassi ferito, o la strada. Perché alla fine c'è soprattutto quella, la strada, che certe notti ti sente correre sopra il suo asfalto, sei tu l'autista di chi va a fare le rapine (e qua si spiega l'incipit di cui sopra).Ora può partire il film, dopo la prima botta di adrenalina ben assestata, e puoi indossare il cappellino dei Clippers passati ai playoff. L'estetica da anni '80 e il suo inizio da telefilm, coi titoli in corsivo rosa shocking, fanno il resto. Nello stereo che prima trasmetteva la partita, ora c'è Kavinsky conNightcall; rimbalzano con voce robotica parole come "feel","night", "hear","fear",scorrendo Los Angeles dallo specchietto retrovisore, lo stecchino in bocca, lo scorpione sulla schiena (quello della favoletta della rana, vendicativo quanto ambiguo, il peggior segno dello zodiaco, dicono) salendo con l'ascensore al 4° piano del tuo appartamento, giù dal garage sotterraneo.Nicolas Winding Refn, il regista,è bravo a dilatare i tempi coi silenzi, con le sottrazioni, adattando il romanzo dal titolo omonimo di James Sallis, aiutato anche dalla fotografia di Newton Thomas Sigel (non propriamente un novellino).Se ne sono accorti anche a Cannes dove gli hanno tributato il Prix de la mise en scene, il premio per la miglior regia.E' danese come Lars Von Trier (il papà faceva il montatore per lui), ma è cresciuto a New York. Il riferimento a "The Driver" di Walter Hill (quello con Isabelle Adjani pre "Nosferatu" e Ryan O'Neal) è evidente. Poi, déjà-vu e citazioni sparse, stanno lì ad libitum: Tarantino, Clint Eastwood, Michael Mann, Friedkin, Leone, ScorseseCi starebbe pure un richiamo a Kurosawa e un altro ancor più speculare, al Titta de "Le conseguenze dell'amore" (quello che dice a Sofia: "Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita"), però mi pare troppo, la smetto qui.Aggiungo solo che a guardare quest'opera, capisci che non tutti meritano una stretta di mano, i soldi servono maledettamente, ma li puoi anche lasciare al fianco di un cadavere, la violenza può essere più assordante prima che durante, e che Ron Perlman somiglia troppo a Tom Waits per stare antipatico.Esiste un'ironia della sorte sulla quale puoi (sor)ridere di gusto anche quando va tutto storto ("Conosco un sacco di uomini che se la fanno con donne sposate ma tu sei l’unico che rapina un negozio per dare una mano al marito!"), non c'è da meravigliarsi se ritrovi la tua vicina malinconica, rannicchiata in un angolo, mentre "Under your spell" dei Desire invade il pianerottolo di casa. Tutta la poesia può essere racchiusa in uno scambio fugace, all'esterno di una festa: "Scusa per il rumore." – "Stavo per chiamare la polizia." – Magari l’avessi fatto.".Chiballa sul ponte della nave mentre affonda, ha una sua dignità, non è per forza un coglione, ma "un vero essere umano, un vero eroe", cantano strascicati nel finale, i canadesi Electric Youth.E innamorarsi anche quando non è il momento (ammesso ce ne sia davvero uno), ha sempre senso. Come un bacio prima di uccidere o morire.