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In un ruolo apparentemente semplice ma che non lo è affatto, Gosling veste i panni di uno stuntman professionista che di notte arrotonda lavorando per alcuni criminali che spesso lo ingaggiano come autista (Drive, appunto) per sfuggire alle grinfie degli sbirri. Cinque minuti, ripete più volte nel film, solo in quei cinque minuti sarà a completa disposizione, non un minuto prima non un minuto dopo. Scaduti questi, la sua macchina partirà, confondendosi per le strade trafficate di Los Angeles, diventando impossibile da raggiungere per chiunque volesse tentare. Un talento. Il migliore di tutti. Come lui, nessuno. Ma un giorno, per togliere dai guai il recidivo marito, appena uscito di prigione, della donna che ama (la brava Carey Mulligan) dovrà vedersela a sorpresa con un gruppo di criminali super spietati e senza scrupoli.
Quieto, silenzioso, freddo, non lontano ma comunque diverso dallo stuntman impersonato da Kurt Russel nel film di Quentin Tarantino, "A Prova di Morte”, quello di Gosling è uno stuntman che non uccide per godere ma uccide per proteggere. Il suo essere sempre pacato, quasi inespressivo, con un immancabile stuzzicadenti in bocca, lo aiuta a sembrare, in apparenza, l'uomo più tranquillo e disarmato del mondo ma in realtà, proprio come lo scorpione disegnato dietro la sua giacca, è una belva feroce e letale pronta a sbottare.
Un personaggio creato a dovere per diventare vera e propria icona, un pilota perfetto e implacabile, e se questo riesce appieno, sicuramente è grazie all’enorme bravura di un attore incredibile come Ryan Gosling, con lui Drive diventa un mito, il simbolo totale del film, un personaggio destinato a rimanere nella testa come nella storia del cinema e, a questo punto, mi auguro che la sua performance sia sufficiente anche a regalargli una carriera ricca dei successi come merita.
Gli stessi che sta già riscuotendo il giovane Nicolas Winding Refn, premio per la regia a Cannes e, con questo film, entrato di diritto nell’olimpo dei grandi registi. Per continuare a citare Tarantino, anche Refn è un’amante della violenza, e si impegna sempre affinchè sia possibile riproporla a dovere in ogni suo film. La sua è una violenza esplicita, intensa e sanguinolenta ma mai fastidiosa per chi guarda. Il danese sa girare benissimo e soprattutto è capace a dosare in modo molto efficace il ritmo dei suoi film. Un talento di puro valore in grado di passare in poco tempo da un genere ad un altro completamente differente, senza mai arrancare minimamente.
“Drive” parte in modo abbastanza sostenuto, scalda i motori concentrandosi in particolar modo sul suo protagonista e sulla sua tratteggiata personalità, poi però, uno sparo inaspettato costringe il film a cambiare improvvisamente registro, trasformandolo in un thriller d’azione che incolla allo schermo fino all’ultimo respiro.
Una ficata pazzesca, la macchina perfetta, guidata con la stessa mentalità e precisione del suo protagonista. Un' opera in grado di passare da scene romantiche e poetiche ad altre violente e brutali ma, grazie anche ad alcuni pezzi musicali esemplari, abile nell'essere sempre notevole alla stessa maniera. E se proprio volessimo trovargli un piccolo difetto, allora potremmo rimproverargli la decisione di aver trattato troppo malamente un viso (e un corpo) divino come quello di Christina Hendricks. Decisione imperdonabile. E non aggiungo altro.
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