Tutto quello che abbiamo scoperto sino ad oggi sul nuovo pad di PlayStation 4!
Una delle novità eclatanti che accompagnano l'arrivo di PlayStation 4 nei negozi è rappresentata dal DualShock 4, il nuovo joypad che finalmente si è scrollato di dosso la somiglianza enorme con le precedenti iterazioni allo scopo di mettersi al passo dei tempi e garantire un'esperienza di gioco migliore anche per titoli "critici" come gli sparatutto in prima persona oppure i giochi di guida. Durante la nostra ennesima prova diretta dei titoli di lancio della console abbiamo potuto apprezzare innanzitutto la bontà dei nuovi trigger posteriori, finalmente concavi: le dita non scivolano più, la presa è sicura e quello destro, ad esempio, può essere utilizzato per sparare in Killzone: Shadow Fall senza colpo ferire.
Stesse impressioni positive le abbiamo ricevute con gli stick analogici, anche loro concavi e in grado di restituire un "grip" maggiore per le dita; la corsa ridotta inoltre garantisce una maggiore precisione, cosa sempre buona e giusta. Anche per il DualShock 4 Sony ha deciso di posizionare gli stick in maniera simmetrica tra loro mentre ha optato per l'eliminazione in toto della pressione analogica per quanto riguarda tasti frontali: in pochi la utilizzavano e, francamente, nemmeno noi. Il feeling generale ad ogni modo è ottimo, la presa è sicura e lo scheletro massiccio, a beneficio dell'ergonomia. La parte centrale è forse quella meno riuscita in termini di fruibilità: i tasti Share per la condivisione e Options, con funzionalità simili al tasto Start, necessitano di un po' di pratica per essere raggiunti senza guardare. Col touchpad va un po' meglio; l'area touch è abbastanza ampia per le dita e la risposta è rapida e precisa, come abbiamo avuto modo di appurare sempre in Killzone: Shadow Fall. La stessa area è cliccabile con un feedback non proprio eccezionale; nel multiplayer del gioco di Guerrilla permette ad esempio di accedere ai punteggi dei giocatori, un po' come accadeva col tasto Select dei vecchi DualShock. Nella parte frontale del pad c'è uno speaker legato tra le altre cose alle funzionalità dei giochi: in Shadow Fall permette di ascoltare le registrazioni audio, in Resogun la voce robotica che avvisa nelle situazioni di pericolo o di cambiamento. Sul lato inferiore c'è un connettore a quattro pin per tastierine o altre periferiche, e soprattutto l'attacco da 3.5 mm per le cuffie: tra le opzioni della dashboard abbiamo notato la possibilità di dirigere tutto l'audio della console mediante questa uscita. Sulla parte posteriore c'è l'oramai celeberrimo led multicolore che diventa verde quando il pad è carico, blu a regime e serve anche per far distinguere alla PlayStation Camera quando ci sono più giocatori in contemporanea. Per caricarlo ci abbiamo messo circa due ore e dopo test assolutamente non empirici la sua durata è stata di circa 10 ore di gioco continuato. Un ultimo test lo abbiamo fatto collegandolo ad un PC con Windows 8.1: il DualShock 4 viene riconosciuto automaticamente dal sistema come controller wireless generico e senza driver aggiuntivi (la luce diventa gialla tendente al blu), abilitando tutti i tasti compreso il click del touchpad. Con Steam Big Picture i giochi funzionano alla perfezione, ma ovviamente non sempre i tasti vengono associati come sulle controparti console: in DMC: Devil May Cry, ad esempio, il salto è adibito al quadrato anziché X, e bisogna quindi cambiare le opzioni dei comandi. Non possiamo dare ancora giudizi infine sulla durabilità e qualità del materiale costruttivo: l'esemplare che abbiamo ricevuto è stato già utilizzato in diverse fiere da centinaia di persone e serviranno test più lunghi e approfonditi per valutare eventuali cedimenti delle parti di gomma o del pad stesso nel corso del tempo. Questo è quanto, per adesso: il nuovo DualShock ci è sembrato un deciso passo avanti rispetto alle versioni precedenti, è un pad più massiccio e grazie anche alla collaborazione diretta con gli sviluppatori Sony è riuscita a migliorarne i difetti maggiori che si portava dietro da tanti, troppi anni.Le fotografie di questo articolo sono di Antonio Jodice