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Dubbi e coincidenze

Creato il 18 gennaio 2012 da Italianiaparigi
Dubbi e coincidenze

Un attimo di meditazione al Palais Royal

Sono una persona molto razionale e cerco sempre di dare una spiegazione logica agli eventi che incrociano il cammino della mia vita.
Penso che ogni uomo sia artefice del proprio destino in base alle scelte che compie e allo stile di vita che sceglie, “homo faber fortunae suae” dicevano i latini per sottolineare come ogni uomo ha il futuro nelle proprie mani.
Tuttavia la mia razionalità talvolta resta basita e spiazzata davanti a strane coincidenze che costellano il mio quotidiano e alle quali difficilmente riesco a dare una spiegazione cartesiana.
A tutti noi è capitato almeno una volta nella vita di vivere situazioni inverosimili frutto di casualità al limite dell’assurdo: pensare ad una persona e poco dopo vederla comparire davanti ai nostri occhi, avvicinarsi al telefono per comporre il numero di un amico proprio nel momento in cui quella stessa persona ci sta telefonando, pensare o leggere una parola o una frase e sentirla allo stesso tempo alla radio o in televisione.
Sigmund Freud, padre della psicanalisi, nell’opera “Psicopatologia della vita quotidiana” ha cercato di spiegare schematicamente la natura di questi episodi che ci sorprendono.
Ho letto il libro di Freud qualche hanno fa e devo ammettere che le spiegazioni del famoso pensatore austriaco sono molto interessanti riconducendo le origini delle strane coincidenze quotidiane al nostro subconscio e agli scherzetti del nostro flusso di coscienza.

Ogni tanto, però, pur cercando di aggrapparmi a scampoli di ragione o interrogando il mio inconscio, non riesco a dare alcuna interpretazione agli inspiegabili parallelismi e alle concomitanti fatalità che mi si presentano sotto il naso. Come nel caso che sto per raccontarvi.
Da qualche mese a questa parte sto meditando di lasciare Parigi e stabilirmi definitivamente nella mia Sicilia natale.  
Si tratta di una decisione molto difficile e delicata poichè da essa dipende il mio futuro e quello della mia famiglia.
Ho già discusso milioni di volte dei vantaggi e degli svantaggi legati all’abbandono della ville lumière e di una nuova vita in Sicilia: da un lato rinunciare all’enorme offerta culturale e professionale di Parigi per fare un salto nel vuoto nella mia pur bella isola, dall’altro ritrovare i miei affetti più cari e quel lato umano che tanto mi manca in questa grande città.
La direzione che prenderò di fronte a questo  bivio fondamentale dipende essenzialmente dalle priorità che voglio dare alla mia vita: il lavoro o gli affetti, il mio futuro professionale o la mia identità culturale, la riuscita personale o le mie radici.
La decisione sarà difficile…ma verrò a capo anche di questo enigma.
Nel bel mezzo dei dubbi amletici che mi tormentano l’anima per questa difficile scelta, entrano in gioco le succitate coincidenze a confondermi le idee e a mescolare le carte del mio destino.

Il mio migliore amico, Alessandro, conosce abbastanza bene i travagli del mio animo e la mia esitazione nel compiere il grande passo. Ci sentiamo spesso telefonicamente e gli ho confidato più volte le drammatiche lotte interiori tra il Gaspare parigino che desidera continuare il percorso intrapreso in Francia con molti sacrifici e il Gaspare siciliano che sogna di tornare alle sue origini ed indossare la sua antica veste di semplicità e spensieratezza.
Qualche giorno fa, prima che tornassi in Sicilia per le vacanze natalizie, Alessandro pubblica sulla mia bacheca Facebook questa citazione dello scrittore e fotografo siciliano Ferdinando Scianna: “Nell’andarsene (dalla Sicilia) si vive l’esperienza dolorosa dello sradicamento, della nostalgia ingannatrice e la scoperta del fatto che dopo un po’ non puoi tornare più. Perché quando torni non sei più a casa tua, Itaca è scomparsa, sei in un altrove che è quello della tua memoria…. ovunque tu vada, ti porti dietro il siciliano che sei, e continui a guardare il mondo con lo sguardo che hai costruito negli anni determinanti dell’infanzia.”

Le parole di Scianna mi hanno molto toccato e hanno acuito i miei ripensamenti e i miei dubbi. Da quando ho letto quella citazione non ho fatto altro che pensare quanto fosse saggia, vera e densa di significato: Itaca non esiste più e non si può tornare indietro per cercare qualcosa che non esiste più.
La Sicilia che desidero e che vorrei ritrovare esiste solamente nei dolci ricordi della mia infanzia, nelle corse spensierate in bicicletta, nelle estati afose trascorse all’ombra di rigogliosi ulivi, nelle prime impacciate esperienze amorose, nei sogni e nelle illusioni di un ragazzo che si affacciava alla vita riscaldato dagli accoglienti raggi del sole mediterraneo.
Mi convinco che quell’isola materna e prosperosa rappresenta una proiezione del mio essere ed esiste solamente dentro di me, una sorta di dimensione parallela incastonata nel mio spirito, un porto sicuro e idealizzato nel quale rifugiarmi nei momenti di sconforto e solitudine.
“Itaca non esiste più!”. La voce stridente e cinica della mia coscienza mi ripete costantemente questa frase nei giorni antecedenti alla mia partenza per la Sicilia e mi invita ad abortire le mie illusioni nascenti e a non inseguire un Atlantide sommersa che ormai non c’è più.

La mattina del 23 dicembre 2011 mi reco in aeroporto con Valeria, mia moglie, per prendere il volo TO3314 della compagnia Transavia che decolla puntualmente alle 6h55.
Arriviamo puntuali all’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo e, ancora intorpiditi dall’alzataccia, decidiamo di prendere un caffé al bar situato proprio davanti alla zona di  arrivo dei passeggeri.
Mentre assaporiamo l’aroma di un buon caffè italiano (finalmente!), Valeria mi dà una leggera pacca sulle spalle e mi dice “Hai visto Gaspare, questo bar si chiama ITACA!”
Semplice coincidenza o beffardo scherzo del destino?!?
Non mi interessa conoscere la risposta a quest’ultima domanda…ma adesso so che Itaca esiste ancora!



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