Magazine

Duchamp: diamo voce all’arte del pensiero

Creato il 23 gennaio 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

Duchamp lo amo da sempre, non ne ho mai fatto mistero.

Non ho solo amato i pochi quadri – nel senso letterale del termine – che l’artista ha prodotto; quello che più mi ha affascinato di lui è stato il suo modo di capovolgere la realtà, di vestire le cose di un nuovo significato.

Il pittore francese nato alla fine dell’Ottocento ha rivoluzionato il modo di concepire la pittura, ha dato una spinta propulsiva a quella che anni dopo si sarebbe chiamata “arte concettuale”, la forma d’arte in assoluto più vituperata dai critici, quella che mette in crisi gli inguaribili amanti del figurativo, i nostalgici delle misture di colore, del pittore con la tavolozza seduto davanti a un paesaggio.

nudo che scende le scale

“È l’arte avulsa da ogni significato emozionale” hanno affermato molti di loro.

Se Duchamp avesse letto un commento simile, forse avrebbe riso.

Scacchista di professione, il ribelle francese ha abbandonato la pittura figurativa da giovanissimo. Influenzato da molte correnti tra cui il fauvismo, il cubismo e l’impressionismo, è stato in ultima istanza considerato un dadaista dai più. Ma anch’egli, come molti altri suoi contemporanei, rifiutava l’idea di essere catalogato in un qualcosa creato prima di lui e senza di lui: aveva in mente un progetto più maestoso, più pericoloso.

Egli voleva dire addio all’arte retinica, visiva.

ruota di bicicletta

Un obiettivo piuttosto ambizioso, considerando il fatto che pressoché nello stesso periodo ruggiva un’altra esistenza: quella di Pablo Picasso.

La prima crepa si formò proprio con il cubismo. L’opera Nudo che scende le scale fu considerata dai cubisti fortemente influenzata dal futurismo, e già per questo lontana anni luce dal loro modo di pensare alla pittura.

La crepa si diramò sempre di più, coinvolgendo anche l’impressionismo, che aveva entusiasmato Duchamp solo per il suo utilizzo dei colori puri: era troppo poco per permettere all’artista di far parte dell’entourage di Monet.

Alla fine la crepa aprì una voragine con tutto il resto quando Duchamp rivelò quale fosse il suo vero sogno: la pittura del pensiero.

Egli voleva dare vita a una pittura al servizio della mente, pittura come manifesto di un pensiero, di un’idea.

“La pittura deve aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva”, disse.

Il suo fu un appello al mondo intero: capovolgiamo il nostro modo di pensare.

Prendiamo un orinatoio: chi l’ha detto che un orinatoio avrà per tutta la vita solo questo significato? Perché non può diventare una fontana se solo lo abbiamo pensato?

la fontana

Chi lo ha detto che una ruota di bicicletta non possa essere messa su uno sgabello e assumere così una forma diversa?

Guglielmo Minervini ha scritto: “È tempo di uscire dai ranghi, di staccarsi dal tracciato dei solchi. Il futuro è per chi rompe la linea del tempo e dello spazio, oltrepassa la sequenza del kronos. È tempo di visioni di spiazzamento generatore, di disordini e rumori”.

Rendiamo liquido il nostro pensiero, diamo un altro nome alle cose.

 Lo ha fatto Duchamp abbandonando la pittura su tela e lo dovremmo forse fare tutti, un po’ di più.

Barbican salutes Marcel Duchamp, man who transformed 20th century art

Di Adriana Lagioia


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog