Due Amici

Da Greg Petrelli
A vent’anni si è stupidi davvero, cantava Guccini. Ottimista. Non è che poi le cose cambino troppo! Il comportamento lossodromico è intrinseco nell’animo umano: non ci possiamo esimere dal fare cazzate. So cosa state pensando: che si matura, che si cresce. Balle! Sono solo delle maschere che impariamo a portare, chi meglio, chi peggio. Le prove ? Sono su un piatto d’argento, anzi di porcellana, tutti i giovedì mattina, alla locanda del Teomondo Scrofolo a Camureggia. Il Tino e l’ Angelo (l’articolo davanti al nome, orrore grammaticale, è dovuto: altrimenti non sarebbero le stesse persone) 68 anni il primo, 3 bypass il secondo. L’Angelo si è sposato due volte e ha mantenuto il suo status di uomo bigamo per 36 anni grazie a un cavillo burocratico o a una compiacenza amministrativa; non ci è dato saperlo. Il Tino, mogli zero, ma tuttora è un assiduo frequentatore della Svizzera e dei suoi magici locali: i bordelli. Anche l’Angelo la Svizzera la frequentava spesso, figuriamoci, amico per la pelle del Tino doveva essergli anche amico per le palle; tuttalpiù che il suo lavoro giustificava questi scollinamenti oltreconfine. I più svegli avranno già capito che sto parlando di un contrabbandiere. Il Tino invece si è sempre tenuto stretto il suo posto al bar: un fancazzista della prima ora, come non se ne vedono più in giro. Nessuno ha mai carpito il mistero della sua sopravvivenza; un tipo così non può neanche andare a rubare, a borseggiare: costa troppa fatica! Qualche volta, ne sono quasi certo, deve aver accompagnato in missione l’ Angelo, ma che cazzo: su e giù per le montagne, con la briccola carica, di notte e lontano dai sentieri. Il mestiere non faceva per lui! Fosse nato in altri tempi, dico io, si sarebbe imboscato in qualche ufficetto, magari di una grande banca o di un’impresa con parecchi dipendenti: è più facile scaldare la sedia senza fare nulla se ti puoi nascondere. Qualcun altro avrà lavorato al posto del Tino, non chiediamoci chi e andrà tutto bene, almeno fino alla fine del racconto. Bene, gli elementi per collocare correttamente i personaggi, e che personaggi, nella loro realtà, li avete tutti. Se avete letto attentamente a questo punto dovreste sentire come un senso di vuoto, come se qualcosa fosse irrisolto, in tutto questo: il piatto del giovedì! Teomondo Scrofolo è l’unico bar a Camureggia, in realtà oltre alla chiesa è anche l’unico luogo pubblico, Sali e tabacchi di prima scelta nonché de sfroos. Piatti freddi e in rarissime occasioni anche caldi. Guarda caso il bar lo gestisce la moglie dell’ Angelo (quella italiana) che il giovedì prende la giornata per andare al mercato di Lunio, cittadina lacustre invasa da sciami di turisti svizzerocrucchi che, specie d’estate, si recano in pellegrinaggio al mercato e al lago, dove le figlie possono abbrustolire la loro pelle esangue e le mogli accalappiare qualche ragazzotto prestante dei paesini intorno a Lunio. Più d’uno di questi pellegrini decide di abbandonare il caos di Lunio per consumare un pasto in tutta tranquillità, fra i borghi circostanti, immersi nella natura. I più fortunati capitano a Camureggia, perla minuscola ma di rara bellezza con carruggi lastricati e pareti affrescate in ogni dove; purtroppo per loro l’unico ristoro è il Teomondo: sghembo dall’insegna alle gambe delle sedie, sghembo al giovedì è anche il gestore: l’Angelo. Tutti i giovedì, da dieci anni a questa parte, si consuma un rito tra il sadico e il patriottico, figlio di un revanchismo inconsapevole e di una conoscenza dell’igiene, a voler esser generosi, pressapochista. Lo svizzerotto di turno sceglie il piatto più prelibato, dal nome già incomprensibile per un italiano. Il contenuto l’ Angelo, con la complicità del Tino, glielo spiegano a gesti, con ampi sorrisi e sguardi divertiti. Deve essere sicuramente una prelibatessen, pensa l’incauto avventore. Puntualmente dai fornelli cosa arriva? Merda. Non dico merda per scherzo, per indicare la cattiva qualità del cibo, proprio merda per davvero, che ha preso la stessa via delle uova ma ha tutt’un altro sapore. Gliela presentano li infiocchettata da qualche salsa o contornata di formaggi puzzolentissimi, fritta, grigliata, sminuzzata o con l’insalata. Gli avventori più arditi hanno constatato sicuramente il sapore, come dire, terricolo, della pietanza. Questa è la storia del Tino e dell’ Angelo, due amici. Due coglioni.

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