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Due amici - Racconto

Creato il 09 dicembre 2012 da Nicola Nicodemo
Due amici - Racconto Due amici © Nicola Nicodemo
La casa di Luca era una villetta a due piani circondata da un piccolo rettangolo di giardino. Era una di quelle villette costruite negli anni Settanta nella zona residenziale della città, un edificio basso e ben curato, di una tipologia architettonica che ricordava certi palazzetti borghesi di primo Novecento. Non era una villetta a schiera, e non aveva nulla da condividere con i terribili casermoni popolari che erano spuntati solo pochi isolati più avanti. Il panorama che si vedeva sullo sfondo era un’ampia vallata su cui si stendevano ettari ed ettari di bosco.
Quella mattina Mario era uscito di casa senza permesso. I genitori gli imponevano con severità di non valicare i limiti della recinzione, uno di quei muri che si presume possano separare pezzi di realtà confinanti
Voci indistinte di ragazzi e i rumori dei loro giochi avevano convinto Mario a disobbedire al divieto, ben sapendo a quali strigliate sarebbe andato incontro.Scavalcare il muro era stato un gioco da ragazzi: sempre lo aveva fissato, cercando il modo più semplice di fuggire. Ora che la sua attesa giungeva al termine, cadere sulla strada polverosa dall’altra parte del muro era un trionfo. - Ciao. - gli disse un ragazzino. - Non ti ho mai visto qui. Mario osservò con sorpresa gli abiti umili e sporchi del bambino, trovandolo tanto buffo quanto strano, così lontano dagli usi a cui era abituato.
Il ragazzino alzò la visiera della piccola coppola, leggermente grande per la sua testa, e si grattò la fronte. - Ma sai parlare tu? Come ti chiami? - Mi chiamo Mario. - Io Gennaro. Vieni a giocare con noi? - gli chiese, indicando col braccio un gruppo di ragazzi che si passavano la palla. Mario li guardò perplessi. - Sì, ti seguo. - disse entusiasta. Gennaro lo guardò divertito. Anche a lui il nuovo amico sembrava buffo. 
Mario passò in rassegna, uno ad uno, tutti i ragazzi che gli tendevano la mano.Questi lo festeggiarono in tutti i modi, prodigandosi a spiegare i tanti possibili giochi che avrebbero potuto fare. Gli indicarono il campo da calcio in terra battuta, dove due porte stavano perdendo gli ultimi lembi di rete, e i tavolini di legno nel vecchio parco, di cui, ormai, non rimanevano che le tracce di una vecchia recinzione.
Poi si voltarono verso il bosco. - Cos’è? - chiese Mario. - Quello è un posto magico. - rispose Gennaro, gli occhi sognanti. Gli altri sorrisero, di un sorriso ingenuo ma fiero. - Ci andiamo? - chiese Mario.
I ragazzini si guardarono gli uni verso gli altri. - Voi che ne dite? Tutti risposero in coro alla domanda di Gennaro: "Ma sì, andiamo!"
Esitarono quando si trovarono di fronte alla villa. - Ma quella è casa tua? - chiese un ragazzino. Mario annuì con reticenza. L’altro pronunciò una serie incomprensibile di vocali, meravigliato della grandezza dell’edificio. Quindi raggiunsero gli altri con una breve corsa e si addentrarono tra gli alberi. - Qui dentro nessuno potrà trovarci! - gridò Gennaro.
- Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Il ragazzino sbirciò, poi riprese a contare. Quando ebbe finito si voltò e rimase a guardarsi intorno per ritrovare l’orientamento. - Arrivo! - gridò, per rompere il silenzio del bosco e stabilire un contatto coi compagni, invisibili ai suoi occhi
Il rumore dei passi sulle foglie precedeva e annunciava il suo avvicinamento. - Dove siete? Nessuno rispose. - Tu! Il ragazzino sobbalzò dalla paura, sentendosi afferrare alle spalle.
Fissò terrorizzato la figura sconosciuta che lo tratteneva con forza. Non riusciva a muoversi. Le braccia robuste lo agitarono
- Dov’è Mario? Il ragazzino cercò le parole per rispondere, ma gli vennero alla bocca solo sillabe di una frase rotta dai singhiozzi
Le braccia lo lasciarono di colpo, e lui si trattenne dal cadere all’indietro. - Mario - gridò l’uomo a gran voce. I ragazzi uscirono dai loro nascondigli. In pochi secondi la piccola radura fu gremita del gruppo di amici, che guardavano curiosi e impauriti il grosso sconosciuto.
Mario fece qualche passo in avanti, sotto gli occhi stupiti dei ragazzi. - Vieni qui. - la voce si rivolse proprio a lui. Una donna si avvicinò e afferrò Mario per un braccio. - Cosa pensi di fare? Perché sei uscito da solo? Guardò gli altri ragazzi con uno sguardo d’ira. - E questi chi sono? - Non attese alcuna risposta. - Ora torniamo a casa. Mario guardò Gennaro e, lasciandosi portar via dalla madre, gli sorrise, con quel suo sorriso ingenuo.

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