Questo è il ricordo di un viaggio, di un'esperienza, di un disastro.
Due anni fa MR si svegliò, di un risveglio brutale, dal letargo, nel quale cade durante l'inverno, a Tokyo. In quella speciale occasione, avrebbe voluto tornare a voi lasciandosi accarezzare dalla dolce brezza sotto i ciliegi in fiore nel parco di Ueno; si vedeva, già prima di partire, uscire dal buio invernale, gioiosa fra le immense folle di occhi a mandorla per le strade di Shibuya e Shinjuku; era certa sarebbe uscita dal lungo sonno, libera e leggera, alle panoramiche e vertiginose viste sul Mori Tower a Roppongi Hills. E invece dovette scendere a compromessi con un grandioso ed impietoso jet lag, che aveva decretato per MR il passaggio diretto dal letargo italiano all'insonnia giapponese senza troppe storie. Il risveglio forzoso da fuso orario portò MR a drogarsi indegnamente con il Depas e l' Armonia Retard melatonina, che sconfiggendo l'insonnia, la riadagiarono in un disordinato e pesante dormire. Prede della sonnolenza indotta e bersagli di episodi narcolettici sempre più frequenti e vistosi, corpo e mente di MR si abbandonarono comodamente in una indistinta con-fusione di fusi orari. Le 10.00 del mattino le sembravano le 2.00 di notte; alle 23.00 era insonne e alle 12.00 ronfava come un ippopotamo; alle 4.00 antelucane chattava con l'Italia serale emanando un senso di stordimento. Ma MR non si lasciò affliggere dai disordini del proprio bioritmo, non si lasciò sconvolgere dal ciclo sonno-veglia ormai compromesso. Era nel paese del sushi, del sashimi, della tempura, dello shabu shabu; era nel paese della creatività, della fantasia più sfrenata, dell'organizzazione perfettissima, delle adolescenti vestite da Lolite colorate, dei viaggiatori in metro dormienti (di cui si scoprì grande estimatrice); era nel paese dei wc intelligenti con ciambella riscaldata e bidet incorporato, delle candide mascherine indossate dai giapponesi raffreddati e allergopatici, per proteggere se stessi e gli altri da virus e batteri, e per non respirare i pollini dei ciliegi; era nel paese dei manga, che sanno essere anche erotici e perversi, di Naruto, dei pachinko, dell'elettronica, della tecnologia e dei telefonini multicolori con pupazzetti annessi. MR pensava che in quel paese si sentiva bene, come si era sentita bene le due volte precedenti in cui ci era stata. Era elettrizzata all'idea che i giapponesi altro non aspettavano che ascoltare un po' di opera italiana eseguita da italiani. Sorrideva felice per questo, distesa sul suo letto ad ore improbabili. Una mattina le sembrò quasi di cadere da quel letto, ma non fu per l'intontimento da jet lag. Fu grazie ad una scossa di terremoto, pane quotidiano per i giapponesi, di magnitudo 5. MR emerse dalle lenzuola in mutande e scappò sul corridoio a chiedere aiuto. Urlò addosso alle signorine delle pulizie che la guardarono sconcertate. I loro occhi parlavano da soli: (Ma chi è questa matta?Ah, sì, il gruppo dall'Italia... poverina, crede che le nostre costruzioni siano uguali alle capanne italiane.) Le loro bocche pronunciavano frasi che all'orecchio di MR parevano sconnesse: "When we came to clean the room?" ("A che ora possiamo venire per la pulizia della sua stanza - immonda che non possiamo mai rassettare perché lei dorme - ?")
MR, sospettando di aver forse esagerato, rientrò in sé, scusandosi e guadagnandosi una serie infinita di inchini, oggi non sa ancora bene se per la sua performance, se per essersi vergognata, o se per aver promesso di lasciar pulire la stanza.
Qualche giorno dopo, MR fu costretta ad aumentare le dosi di droghe, facendone un uso smodato in una sorta di cerimoniali anti stress e pro sonno, a causa di una scossa di terremoto che nulla aveva della precedente. Di magnitudo 8.9, sorprese MR e molti dei suoi colleghi nel seminterrato del teatro Bunka Kaikan, dove si stavano svolgendo le prove dell'opera La forza del destino di Giuseppe Verdi.
Una energia oscura e superiore spazzò via in un istante, insieme a tutto il resto, entusiasmo, allegria, calma e tranquillità. Tutto si trasformò in paura, tristezza, e affanno. Si toccarono con mano e si guardarono da vicino coraggio e fiducia, scoramento e sfiducia, comprensione e condivisione. Per infinite ore, per molti giorni. Fino a quello della partenza per rientrare in Italia. MR, alle 4.00 di mattina, si recò alla reception per riconsegnare la chiave-tessera della stanza. Il receptionist giapponese esclamò qualcosa nella sua lingua."MR, aaahhh! Auasaaaaaa! Auasaaaaa!" spiegò (più o meno) lui, gesticolando vistosamente e guardandola dritto negli occhi storditi.
" I don't understand!" replicò lei sulla difensiva.
"Finished, finished, finished!" la salutò lui, nel tentativo di tranquillizzarla, inchinandosi rispettosamente con un enorme carico emotivo dentro. Ricambiando gli inchini, MR uscì dall'albergo stralunata e fuori dal mondo.
Questo è il ricordo di una disavventura, e di una dura lezione di vita impartita da uno straordinario popolo che ha saputo reagire alla tragicità di un evento con dignità, orgoglio, forza e incredibile volontà, e con il quale sta ancora lottando.
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