Due antologie

Con testi di:
Fabrizio Bernini
Massimo Bocchiola
Andrea De Alberti
Maurizio Gramegna
Annalisa Manstretta
Alfonso M. Petrosino
Matteo Poletti
Flavio Santi
a cura di Gianfranca Lavezzi
…dunque: i poeti che vivono ( a Pavia e) in Oltrepò. Ma anche: i poeti che vanno in Oltrepò. (…) Se non esiste – ovvio – una “scuola” pavese, é tuttavia innegabile che nell’ultimo decennio a Pavia si sono affacciate e consolidate voci interessanti…
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TREDICI CADENZE
GIOVANI POETI IN PAVIA
prefazione di Gianfranca Lavezzi
puntoacapo 2011
Bonac
Alessandro Castagna
Virginia Fabrizi
Mario Barrai
Dario Bertini
Davide Castiglione
Vanessa Navicelli
Enrico Barbieri
Barbarah Guglielmana
Marco Ferrari Piccinini
Costanza Gaia
Giacomo Francesco Lombardi
Silvia Patrizio
La storia di questa antologia e’ singolare (…) Nasce da un’amicizia a più voci caratterizzata e nutrita dalla comune passione per la poesia che porta alla costituzione di un vero “gruppo di poesia”, il quale da alcuni anni si incontra periodicamente, senza ambizioni di creare una scuola, ma con la volontà di dare voce al fermento poetico “sotterraneo” di Pavia, prevalentemente giovane e molto vivace anche ma non solo in Università…
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L’universita’ é sempre stato luogo di fermento e di aggregazione di istanze progettuali spesso forti; laboratorio delle diversità ma, nel contempo, del confronto e proprio a partire dalle università si potrebbe descrivere il sorgere di iniziative, riviste, poetiche che a volte hanno fatto la storia dei movimenti.
La curatrice di queste due antologie, se da una parte, quasi con timore di farsi carico di una dichiarazione di intenti fin troppo impegnativa, dichiara che una scuola di poesia, a Pavia, non esiste, dall’ altra sottolinea l’apporto dello scambio e della lettura reciproca – é il caso della seconda operazione antologica, mentre nella prima i testi e i poeti sembrano più essere accomunati da un milieu paesaggistico e, certo, il fascino di quel territorio é innegabile – .
Paradossalmente quindi, sembrerebbero più indicare una pittura en plain air i testi della prima antologia, mentre i testi della seconda - con una maggiore attenzione alleorigini nel caso di Enrico Barbieri e di Francesco Lombardi - questi giovani poeti testimoniano di una territorialità mentale, un essere in loco per appartenenza sottintesa, più svincolata ai temi, eventuali, di un confine.
Più matura, sicuramente, la scrittura in versi dei poeti di “OltrePoesia”, più da tenere a battesimo quella delle giovani leve antologizzate in TREDICI CADENZE, in cui Gianfranca Lavezzi testimonia di un dato che di per sé sarebbe già’ rassicurante: “che il giovane poeta sia anche attento lettore – con maggiore o minore empatia, ma sempre con attenzione – delle liriche degli altri giovani poeti é vitale antidoto all’auroreferenzialità, oltre che prezioso alimento per la propria poesia”.
Non si tratta, in effetti, di una vera e propria antologia la seconda – o quantomeno il termine antologia é improprio. Sono quaderni collettivi, piuttosto, che derivano dalla motivazione a stare “insieme”, mentre OltrePoesia vuole sottolineare, piuttosto, la rilevanza “culturale” di un territorio denso di storia e di cultura; ma anche una sua potenzialità ispiratrice e affabulatoria, e questo é già un primo buon sintomo di un istinto alla visionarietà, alla reinvenzione poetica delle motivazioni e delle radici di una scrittura.
Sebastiano Aglieco
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Scelgo un testo per ciascun poeta di “Tredici cadenze”"
La citta’ e le altre
E’ sorella minore che a madre
assente prova i trucchi e inciampa
sui tacchi;
e a guardarla non puoi credere
esista un tempo adulto in cui gli zigomi
debbano farsi duri.
(Bonac)
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Ripensando alla torre del Mangia, Siena
Poi la strettoia scura,
quegli scalini quasi incerti,
- il fiato che gia’ arranca – :
ma s’apre ancora
con sorpresa il paesaggio,
il tonfo verso il cielo.
Lì puoi slegarti da te stesso,
lasciare il tuo respiro al vento:
lì adori, la radice è capovolta.
(Alessandro Castagna)
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Crolli
E’ terribile quando le parole crollano.
I pilastri mutilati osservano la rovina
dell’arco, a dimenticarsi nell’acqua.
Il silenzio si richiude, allora,
come una cupola di resina
e tutto cristallizza in tratti immobili.
Sotto il sole, che è sorto e disceso
mille volte, non c’è progresso
perchè tutto ci è precluso:
le regole degli astri, la lingua
dei rami che graffiano il cielo.
E’ quando le parole sono scosse
da un tremore che è più forte di loro;
allora resta solo il canto del vento
contro i finestrini del treno
e noi, appisolati, a strappare
all’incoscienza una scusa
per escludere il dolore.
(Virginia Fabrizi)
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incrociamoci senza toccarci,
senza quasi sfiorarci,
fino a udire
il cozzare delle ombre
(Mario Barrai)
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treni
si attende, questo è certo, a margine
del vento, dove un sorriso lo hai
visto molte volte portare via
lungo un binario più esatto dell’addio
- quando anche oggi sfumano
i volti al finestrino, indifferenti – e
poi fai presto a cogliere un saluto
(che è solo tuo), e ti si ferma
addosso, in sosta, sulla pelle
(Dario Bertini)
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C’è un passare di gente,
di visi in vetrina e sotto i portici
l’arco più basso delle labbra.
Non è l’inverno ad abbottonarla,
mi convinco, se i cappotti
stringono i gesti a farli simili
a un viale senza deviazioni;
sarà la paura di urtarsi
pari al desiderio di urtarsi,
sui marciapiedi un vestirsi a sorriso
che più eccede e più lascia
nudi: così, per non sentirci
assenza o incrocio mancato,
gente a passarsi in mezzo,
in vetrina, a passare, a non conoscersi.
(Davide Castiglione)
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Ecco
Non ti comprerò una pelliccia, una barca, una villa.
Non ti coprirò d’oro e diamanti.
Voglio darti una ciliegia, la prima della stagione.
E una fetta di torta, l’ultima che c’è.
Ecco quant’è grande il mio amore.
(Vanessa Navicelli)
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In un’oncia di terreno
diviso e ritorto
la mia storia,
riflessa nei volti
dei miei antenati
Ardenti come fiele
noi siamo crusca
stanca
che ripete la medesima
mietitura
Anni dopo
i secondi riflessi
nelle cosce
materne.
(Enrico Barbieri)
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Il rosalaccio sborda dal giardino,
di carta colorata scrive di periferia
come di città calvine, imperiali
con fate e cavalieri di fiabe inventate
senza l’odore del trascorso passato, giallo polveroso
Con l’acqua si mostra tra fili d’erba, verde giovane
nascosti dalla menta,
mischiati in aria col glicine pieno di lilla
Passa l’uomo d’oggi, con l’ombrello scuro trasparente
e lo vede in un quadro
rosso come il sapore dell’amore,
ingustato.
(Barbarah Guglielmana)
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Chromiae
Soni tuoi i colori?
Di grano i campi non posso vedere
stremati dal meriggio
bruciano più che coperti di neve
non mi sanguinano solo gli occhi
è dentro a me che ansimo e scotto
non posso sentir l’alba
che m’avvicina al giorno senza fine
e soffro la sera che lo allontana
soffro solo per quei colori, anche solo
se sono abbagli, sorrisi, memorie, bisbigli -
fossi cieco soffrirei ancora.
Non mi rifugio nell’isola atossica
della notte così azzurra e circonchiusa.
Tornerebbero. Torneranno tutti i colori.
Sono i tuoi colori.
(Marco Ferrari Piccinini)
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Diario d’insonnia III
Ti guardano
gli echi di frattura senza tempo
le discontinuità del nulla
la scatola vuota
piena d’insonnia
da capovolgere
da setacciare
per poter toccare
una penna di pavone
un tagliacarte d’argento
un flauto a sei canne
un cannocchiale di diamante,
le preziosità selvatiche
di chi vuole raccontare
di volte astrali malfrequentate
di deliranti distrazioni.
Collezionando la più vacua delle vanità
si evolvono gli alchimisti
d’un’arte insidiosa
dall’ombra all’artificio
dal ciondolo al mosaico.
Si schiarisce il mio Almagesto
che a volte cede in più certi tracciati
e mentre soverchia l’upupa
m’illudo e mi vesto
di quiete
e mentre mi sfilo la mia penna di cera
so che scenderò
la più polverosa delle catacombe.
(Costanza Gaia)
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Dopo la pioggia
Ha piovuto parecchio perchè ci fosse
questa vuota calma di strade
spurgata dai tombini affogati
e si raccogliessero secche le foglie, finalmente,
come raccoglie questa coppa di scritture
i miei temporali.
(Giacomo Francesco Lombardi)
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Istantanea
Autumnal Sun, 1914
Egon Schiele
Non ha promesse la memoria
soli rami che spezzano il paesaggio
coi loro colori esausti.
(Silvia Patrizio)