Riavvolgiamo il nastro della vita (bella espressione gouldiana). Pensiamo ai nostri dodici o ai nostri cinque anni. Immedesimiamoci, per un istante, nell'accaduto. Che nostro padre, cioè, avesse sparato a nostra madre, togliendosi, dipoi, la vita. Davanti a noi.
Mi viene in mente questo brano di David Foster Wallace (Infinite Jest, Einaudi, Torino 2006, traduzione di E. Nesi), che Melusina ha richiamato qui.
Lapersona che ha una così detta "depressione psicotica" ecerca di uccidersi non lo fa "per sfiducia" o per qualchealtra convinzione astratta che il dare e avere nella vita non sono inpari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la mortecomincia a sembrarle attraente. La persona in cui l'invisibile agoniadella Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà propriocome una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme.Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre infiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stessoche proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla finestra perdare un'occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane unacostante. Qui la variabile è l'altro terrore, le fiamme del fuoco:quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il menoterribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è ilterrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardanoin su e urlano "No!" e "Aspetta!" riesce a capireil salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e aver sentitole fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quellodella caduta.È vero: coloro che sono a terra, fuori del “palazzo in fiamme”, minimamente possono comprendere l'esigenza del salto di colui che si sente stretto tra fiamme e volo. Ancor meno gli spettatori arrivano a comprendere perché colui che preferisce saltare, invece di buttarsi da solo, vuole, pretende, esige di farlo trascinando nel volo altri che non vorrebbero.
Le due bambine hanno visto cadere nel vuoto i loro genitori e questa caduta sarà la loro pietra al collo.Dovrebbe esistere una macchina che lava la mente, una specie di lavatrice del cervello dove si cancellano i ricordi più sporchi; non quelli che ci vedono protagonisti diretti, responsabili, ma indiretti, come questi.Chissà come le loro menti elaboreranno questa catastrofe. Chissà.Chissà, tra qualche anno, quando un ragazzino si avvicinerà loro per flirtare, come reagiranno, se potranno strappare qualche gioia da questa vita bastarda che hanno avuto in sorte non per causa loro.
Penso, un po' caso.Se questi salti che ogni tanto accadono, fossero trasformati in un gesto politico, in azione, tipo Pietro Micca, Jan Palach, o quel giovane tunisino senza lavoro che si diede alle fiamme e che scatenò la rivolta anno scorso...
Cos'è che chiude la mente così?