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Due buchi neri nati nella stessa stella

Creato il 25 febbraio 2016 da Media Inaf

ligo-blackholesI due buchi neri, la cui fusione (coalescenza, come dicono gli addetti ai lavori) ha dato origine alla brevissima onda gravitazionale rilevata da LIGO il 14 settembre 2015 (qui l’annuncio dello scorso 11 febbraio), potrebbero essersi originati all’interno di un’unica stella. Questa la conclusione a cui è arrivato Abraham Loeb del Center for Astrophysics della Harvard University in un recentissimo studio in via di pubblicazione su APJ Letters.

Il ricercatore è partito dall’assunto che, per quanto se ne sa finora, la coalescenza di due buchi neri – nel caso specifico ciascuno di circa 30 volte la massa del Sole – è un fenomeno “cieco”, ovvero che produce solo onde gravitazionali e non elettromagnetiche. Invece, il telescopio spaziale FERMI della NASA ha visto un lampo di raggi gamma (GRB, Gamma-Ray Burst) balenare solo una frazione di un secondo successiva al segnale percepito da LIGO nella stessa zona di cielo, e quindi possibilmente associabile a tale fenomeno (vedi qui su Media INAF).

Secondo Loeb, si può spiegare tale emissione elettromagnetica ipotizzando che entrambi i buchi neri coalescenti avessero preso origine dallo stesso grembo: una stella massiccia nelle ultime fasi della sua esistenza.

«È l’equivalente cosmico di una donna incinta che trasporta due gemelli dentro la pancia», spiega Loeb.

Normalmente, quando una stella massiccia raggiunge la fine della sua vita in quanto tale, il suo nucleo collassa in un unico buco nero. Ma se la stella ruota molto rapidamente, il suo nucleo si potrebbe allungare in una forma a manubrio e, successivamente, dividersi in due lobi, ciascuno dei quali darebbe origine al proprio buco nero.

In questo scenario, dopo che la coppia di buchi neri si è formata, l’involucro esterno della stella collassa verso l’interno. Affinché avvengano (quasi) simultaneamente sia l’evento che origina l’onda gravitazionale che quello alla base del GRB, i buchi neri gemelli devono essere nati molto ravvicinati, separati da una distanza iniziale non superiore alle dimensioni della Terra, e fusi in pochi minuti.

Come voracissimi bebè, ciascun buco nero si alimenta istantaneamente della materia che ricade alla sua portata, trangugiando una quantità di “pappa” stellare equivalente a un Sole ogni secondo. Questo vorticoso nutrimento provoca dei “rigurgiti”, getti di materiale accelerato ad altissima velocità verso l’esterno, all’origine dei lampi di luce gamma.

Il satellite Fermi. Crediti: NASA

Il satellite Fermi. Crediti: NASA

Nel caso specifico, il satellite Fermi ha registrato il lampo gamma dopo appena 0.4 secondi dalla rilevazione delle onde gravitazionali da parte di LIGO, nella stessa zona del cielo. Rimane però da chiarire come mai un “cugino stretto” di Fermi, l’osservatorio spaziale europeo per raggi gamma INTEGRAL non abbia invece visto un analogo segnale.

«Abbiamo effettuato la ricerca di eventi transienti ‘gamma’ su tempi da 0.1 a 100 secondi prima e dopo l’evento di rilevazione delle onde gravitazionali da parte di LIGO, senza trovare alcunché di significativo nei dati registrati da INTEGRAL», conferma a Media INAF Pietro Ubertini, direttore dell’INAF-IAPS di Roma e responsabile italiano del programma di osservazioni INTEGRAL.

«Ma la domanda corretta sarebbe: “Cosa ha veramente visto Fermi?” – prosegue il ricercatore. Lo strumento GMB Monitor di FERMI rileva, in generale, molti GRB grazie alla diversa banda di energia coperta. Viste le differenze intrinseche tra i due satelliti, e il fatto che ci troviamo di fronte alla prima rilevazione in assoluto di onde gravitazionali, è certamente necessaria un’analisi approfondita dei dati registrati, con un confronto dei vari risultati».

Insomma, la conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali è talmente recente da richiedere una cautela aggiuntiva nell’interpretazione dei risultati sull’eventuale controparte elettromagnetica. Ubertini è fiducioso che «assisteremo a breve termine ad altri eventi di questo tipo, potenzialmente osservabili da missioni spaziali come INTEGRAL, FERMI, SWIFT, etc. Questo dovrebbe portare alla prima rilevazione della controparte astronomica dell’evento che ha generato le onde gravitazionali».

Questo nuovo tipo di “caccia” si è appena aperta e tutti gli astronomi affilano le proprie “armi”, soprattutto in vista di nuove missioni spaziali a cui la recente scoperta ha spianato la strada. «INTEGRAL è l’osservatorio spaziale più sensibile nel caso un evento gravitazionale avvenisse nel suo grande campo di vista», aggiunge Ubertini. «Questo ci permetterà di ricavare con grande accuratezza la posizione della sorgente responsabile dell’emissione delle onde gravitazionali».

Una possibile preda sono le distanze cosmiche. Dal bagliore residuo di un lampo gamma coincidente con un’onda gravitazionale, ad esempio, si potrebbe ottenere una misura della distanza della sorgente indipendente da quella ottenuta con LIGO, contribuendo a definirne con precisione i parametri cosmologici. «I buchi neri sono molto più semplici rispetto ad altri indicatori di distanza, come le supernove, dal momento che è possibile definirli pienamente anche solo attraverso il peso e lo spin», dice in conclusione Loeb. «Anche se il rilevamento di Fermi fosse un falso allarme, bisogna analizzare tutti i futuri eventi LIGO in cerca di un’eventuale emissione di radiazione in coincidenza dell’evento, a prescindere dal fatto che provenga o meno dalla fusioni di buchi neri. La natura può sempre sorprenderci».

Per saperne di più:

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


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