Due case, due lettere, un destino

Da Rici86
"Sono molti giorni che sono in uno stato morboso, dormo poco e la notte, quando mi sveglio di soprassalto, 
ho le lacrime agli occhi e grido che non è vero, che non è possibile, che è un brutto sogno che ho fatto..."
Da una lettera dell'ultimo discendente della famiglia Capponi di Triora
5 luglio 1944

Per ascoltare le parole di Antonio Capponi
all'interno del Palazzo Capponi di Triora,
partecipate al Ghost Tour di Autunnonero

Proprio ora ho tra le mani questa lettera, la leggo e la rileggo, e ancora non posso crederci. 
Non posso credere alla sofferenza che traspare dalle parole di Antonio Capponi, alla violenza e alla distruzione di quei giorni, alla ferocia degli esseri umani, superiore a quella di qualsiasi mostro che la nostra fantasia possa immaginare.
Ma, ancora di più, non posso credere alle emozioni che le parole di questa lettera hanno lasciato dentro di me. Ascoltarle poi dove tutto ciò avvenne, all'interno di quel palazzo distrutto dalla furia della guerra, dove un uomo che lì aveva vissuto ed accumulato ricordi era tornato per trovare tutto distrutto e devastato... così è ancora più forte. Così la stretta al cuore si fa quasi fisica, e proprio non riesco a immaginare cosa possa aver provato lui in quei giorni di luglio del 1944 avendo tutto ciò davanti ai propri occhi, come in un incubo dal quale non riesci a svegliarti. 
Metto da parte questa lettera e ne prendo un'altra, posteriore di solo pochi mesi, scritta da un uomo che informa un altro della distruzione della sua casa, sempre durante la guerra, a poche centinaia di chilometri di distanza. E leggo di un uomo che in quella casa neppure abitava, che in quella casa soltanto lavorava, ma che la sentiva così vicina, che sentiva così vicina la sofferenza di chi aveva visto la distruzione della propria dimora da scrivere che avrebbe dato la vita se soltanto fosse servito a rimediare al tremendo scempio. 
Memorie ormai lontane, di momenti che non abbiamo vissuto, di atrocità che ormai pochi possono dire di aver visto con i loro occhi. Una vera fortuna. 
Ma queste memorie non devono lasciarci, non devono svanire nello scorrere inesorabile del tempo. Queste memorie devono restare per sempre incise nei nostri cuori. Le parole di questi uomini, la loro disperazione, la loro sofferenza, il loro dolore, non devono essere dimenticati. 
Soltanto così potremo evitare che tutto questo accada di nuovo. 
Perciò leggiamo e rileggiamo queste lettere. Andiamo ad ascoltare queste parole nei luoghi per i quali esse furono scritte. 
Da un lato, entro a Palazzo Capponi e vedo ancora i segni della distruzione, l'abbandono, ma se ne può anche intuire la rinascita: le impalcature del cantiere sono come boccioli che sorgono dalle ceneri di un bosco incendiato e che riporteranno a nuova vita ciò che si credeva per sempre perduto. 
Dall'altro lato, entro al Castello Dal Verme e vedo la rinascita già compiuta, i pavimenti puliti, gli arredi, sento

Castello Dal Verme di Zavattarello

voci e rumori di passi. Soltanto pochi anni fa anche questa rinascita era ancora in discussione, in corso, queste sale erano vuote e spoglie, in esse la voce rimbombava e riecheggiava della memoria fresca e viva della distruzione. Oggi, ripercorrendo gli stessi corridoi, attraversando le stesse stanze, salendo le stesse scale, l'atmosfera che si respira è di vita, di crescita, di rinascita. 

Si sente tanto amore. Si percepisce il grande amore di tutti coloro che sono passati dopo la distruzione, che hanno raccolto le macerie e hanno dato il loro contributo a riportare la vita. 
Io spero che presto si potranno provare le stesse sensazioni anche a Palazzo Capponi, che la sua rinascita prosegua e che un giorno non lontano la distruzione e la desolazione rimangano solo un monito e un ricordo. Ma, nel frattempo, sono felice di essere potuta entrare, di aver potuto vedere com'è ora, di aver potuto vedere, senza quasi dover immaginare nulla, come deve essere stato in quei terribili momenti dopo la devastazione. Perché così la memoria sarà più forte, l'emozione più profonda, il ricordo più duraturo. 
E la gioia della rinascita sarà ancora più grande.

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