Una chiacchierata con la promettente scrittrice italiana Anna Giraldo che ci parla di come non si è mai persa d’animo di fronte ai molti no ricevuti dalle case editrici, di tatuaggi, di totem e… di una battaglia magica che si svoglerà vicino a casa sua…
Anna Giraldo;
E’ nata nel 1972 in un paese vicino a Mantova, dove vive tutt’ora. Si è laureata in Economia e Commercio e si occupa di consulenza informatica. Inoltre è una lettrice “seriale” e adora i felini. Il suo romanzo d’esordio 436 (QUI potete trovare la nostra recensione) è edito dalla Casini Editore.
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D: Ciao Anna! Partiamo con qualche domanda di rito: ho letto che ti sei laureata in Economia e Commercio ma com’è nata quindi la passione per qualcosa che si potrebbe definire l’opposto di quello che hai studiato, ossia la scrittura?
R: Ciao Roberta. Ecco, già alla prima domanda devo chiederti se ce n’è una di riserva! Le motivazioni reali per le quali ho cominciato a scrivere sono un mistero anche per me. Di certo so che mi piace molto leggere e che ho cercato in passato differenti sbocchi creativi che non mi hanno mai portato a nulla. Per esempio, ho fatto un corso di grafica molto tempo fa, ma non sono riuscita a finire un solo disegno. A posteriori posso dire che qualcosa mancava nella mia vita e, soprattutto, qualcosa non era come avrebbe dovuto essere. I miei personaggi e le mie storie c’erano, ma erano nascosti nei miei pensieri. Abituata a essere una persona razionale e concreta, ho sempre negato loro la possibilità di prender vita sulla carta. Poi, nel maggio 2008, quando ho iniziato la stesura di 436, il mio primo romanzo, tutto è cambiato. Per quale motivo è accaduto solo in quel momento? Davvero non lo so.
D: 436 era il tuo “manoscritto nel cassetto”, come molti esordienti all’inizio hai avuto delle difficoltà nel trovare una casa editrice che credesse in te… A chi sta cercando di pubblicare un libro che consiglio daresti? Ti sei mai scoraggiata?
R: Non ho consigli da esperta: ho pubblicato soltanto il primo romanzo! Devo dire che sono stata molto fortunata perché ho trovato un editore serio e in grande crescita, che non prende nemmeno in considerazione l’idea di chiedere soldi per pubblicare. Questo è accaduto dopo circa sei mesi di ricerche e chi è autore sa che non sono molti. All’inizio ho fatto leggere il mio manoscritto ad amici, parenti, conoscenti e anche a un paio di persone esperte che molto gentilmente mi hanno aiutato senza richiedermi un compenso. Era il mio primo romanzo e volevo essere sicura che fosse “leggibile”, prima di proporlo per la pubblicazione. Poi ho cercato di presentare la mia opera nel migliore dei modi: sapevo che ci sarebbero stati correzione di bozze ed editing da parte dell’editore, ma, essendo io un’esordiente assoluta, ho preferito non confidare nella benevolenza di coloro che avrebbero preso in esame il testo. Ho quindi fatto molte revisioni cercando di curare le scelte lessicali, la grammatica, la sintassi e riducendo al minimo gli errori di battitura. Ho fatto anche tagli di scene o frasi ridondanti: scrivendo non mi ero resa conto che alcune situazioni o battute erano del tutto inutili. Infine ho fatto tantissime proposte agli editori: circa cinquanta tra invii email e in cartaceo. E ho cercato di portare pazienza, anzi, per la verità ho finto di non aver mai inviato nulla per non farmi prendere dal panico quando il tempo passava e le risposte non arrivavano. Nel frattempo scrivevo racconti e li presentavo a concorsi letterari, anche questa un’esperienza che mi ha dato qualche bella soddisfazione. Non mi sono mai scoraggiata, nemmeno davanti alle frequenti e costose proposte degli editori a pagamento ai quali avevo fatto alcuni invii prima di capire bene i meccanismi del mondo dell’editoria italiano. Soprattutto non mi sono scoraggiata davanti ai “no” e ce ne sono stati tanti.
D: Qual è il complimento che più apprezzi come scrittrice? E come Anna invece?
R: Il primo editore che interpellai fu così gentile da ricevermi per la consegna del manoscritto e fare due chiacchiere con me. Dopo lo scambio di alcune battute, mi disse: – Hai un discreto ego… tipico degli scrittori. Sul momento ci rimasi male: mi avevano spiegato che quando ci si propone in campo editoriale è necessario essere umili e questo signore invece mi stava dicendo che lasciavo trasparire tutto l’opposto! Penso che si riferisse al fatto che una persona che scrive e spera di pubblicare crede in ciò che fa al punto da pensare che gli altri possano fruirne e… averne vantaggio. Come scrittrice io sono contenta quando ai lettori piacciono le mie opere. Se una persona ha una certa luce negli occhi quando mi dice che ha letto il mio libro, allora so che in qualche modo ne ha avuto un beneficio e questo mi dà soddisfazione. Come Anna? Non lo so. Magari un vestito di seta rossa e una passeggiata di sera sulla Shaftesbury tra le braccia di qualcuno che tenga a me.D: Se dovessi raccontare il tuo libro a qualcuno che non lo ha ancora letto che cosa diresti?
R: Direi che c’è una storia d’amore e lo direi per difendermi da chi esclama – Che delusione, l’ennesima storia d’amore! 436 è l’ennesima storia d’amore. L’amore c’è, sfacciato, al primo sguardo, un colpo di fulmine così scontato che quasi fa sorridere. Ma ho cercato anche di dare altri livelli di lettura alla mia storia e di dire tante cose, che sì, girano attorno all’amore, ma forse, a guardar bene, non è solo l’amore di una coppia che si racconta in questo libro. Allora c’è sensualità, ma c’è anche tenerezza. Ci sono abbracci che guariscono dalle ferite e carezze che ammansiscono belve feroci. C’è una ragazza che deve crescere in fretta e se da un lato scopre di essere circondata di persone speciali pronte ad aiutarla, dall’altro deve combattere strenuamente per difendersi da chi vuole portarle via ogni affetto. C’è il sangue, quello versato in battaglia, ma anche quello che scorre caldo nelle vene quando si tiene a qualcosa. C’è la magia. Non ci sono ricette di pozioni, né formule per incantesimi, ma ci sono esseri molto speciali e tanti misteri da rivelare. Infine ci sono i felini: una gattino randagio dal pelo nero di nome Copernico e un giaguaro in carne e ossa nel cuore di Londra.
D: La storia è permeata da un realismo magico (termine che tu stessa hai creato per definire la storia di Redlie) davvero unico, ma il retrogusto potteriano è voluto?
R: Non ho creato io la definizione “realismo magico” che in genere si riferisce alla letteratura di grandissimi maestri come Gabriel Garcia Marquez. Quando parlo di realismo magico, per quanto mi riguarda, mi riferisco ad alcune mie scelte narrative, per esempio creare un’ambientazione del tutto realistica o lasciare irrisolte e all’immaginazione del lettore alcune questioni sulla natura soprannaturale dei personaggi. La lettura di Harry Potter ha accompagnato alcuni anni complicati della mia vita, era un rifugio, un mondo parallelo in cui perdermi per qualche ora quando le cose reali non andavano troppo bene. E del resto viene quasi spontaneo citare la Rowling quando si ama Londra alla follia, come nel mio caso. Inoltre J.K. Rowling ha creato quella magnifica finzione letteraria che è il binario 9 e ¾ alla stazione di King’s Cross, dal quale parte il treno per Hogwarts, un’affascinante ed efficace porta su altri mondi. Anche Redlie troverà la porta sul suo mondo magico a Londra. È ormeggiata in una darsena sul Tamigi, accanto a un alto palazzo di vetro… è una nave dei pirati!
D: Londra può far dire a più di qualcuno che è una città magica senza aver vissuto le avventure della protagonista, ma qual è il motivo della tua scelta?
R: Londra è magica per me, dal primo giorno che vi ho messo piede più di dieci anni fa. Quando sono a Londra io sono a casa. So che può sembrare una scelta ancora una volta scontata: molti urban fantasy degli ultimi tempi sono ambientati in quella città. 436 è la prima cosa che ho scritto, non è per giustificarmi, ma dovevo partire dalle mie certezze, dalle cose che conoscevo e amavo, per riuscire a portare a termine l’impresa. Quindi, nell’ordine, Londra, i gatti, il the, il cibo e la bellezza in tutte le sue forme. E la mia eroina: Redlie McFarlane, cresciuta per tanto tempo nel mio immaginario al punto di diventare importante come una figlia.
D: So che ami i felini, ma l’idea di aggiungere un giaguaro nella storia come ti è venuta?
R: Volevo qualcosa di nuovo, dopo cinque o sei libri letti d’un fiato qualche tempo prima, ero stanca morta di vampiri. Volevo un essere a sangue caldo, eccessivo, incazzoso, dotato di tutti i vizi e difetti umani. Le mie storie sono piene di gatti… di ogni tipo. Così ho cominciato a pensare a un felino che potesse fare al caso mio. Mi serviva che avesse un background magico, che avesse “visitato” il continente americano, che avesse un carattere forte. Ecco il giaguaro: presente nella mitologia precolombiana e animale totem nelle religioni sciamaniche. Il giaguaro è considerato sciamano tra gli animali, guardiano del fuoco, del tuono, del tamburo. Viene paragonato al Sole Nero (eclissi di sole) e la sua funzione è quella di inghiottire il sole al tramonto e accompagnarlo nel suo viaggio notturno. Era perfetto per una protagonista luminosa e dal carattere infuocato, come è Redlie. Era il nero accostato al rosso, il mistero accostato alla passione. E poi non so se avete mai visto la foto di un giaguaro… è un animale bellissimo! Comunque, se avrò ancora la fortuna di pubblicare cose mie, ci saranno pantere nere, domatori di tigri e tantissimi gatti, non sempre protagonisti, ma pensati anche solo per mettere un po’ di colore sulle sfumature grigiastre della vita di tutti i giorni.
D: Redlie ha una passione vera e propria per i tatuaggi, la condividi?
R: Grazie per avermelo chiesto! Sei la prima. Redlie ha tre tatuaggi. Il primo, alla base del collo, è un Triskell (tre spirali che si dipartono da un unico centro), simbolo solare celtico per eccellenza. In relazione al Triskell è presente in 436 anche una triade bardica, che si compone e ricompone nelle scene del romanzo, fino a trovare la giusta definizione: “Forza infinita, saggezza infinita, infinito amore”. Il Triskell rappresenta in un certo senso Redlie e il suo retaggio magico. Poi ce n’è uno sul fondoschiena. In 436 non viene mai detto di cosa si tratta: per ora è un elemento che rimane appena accennato, è solo un punto a favore di Redlie nel gioco di seduzione con Sean. Infine c’è il tatuaggio che si fa fare sul cuore, quando già abita a Camden Town. Un piccolo giaguaro che spicca il salto, un pegno d’amore. Ho uno strano rapporto con i tatuaggi. Mi piacciono, però li trovo troppo definitivi per desiderare di farne uno. Per Redlie sono un vezzo ma hanno anche una valenza simbolica molto forte. Un giorno i lettori scopriranno anche il soggetto di quello sul fondoschiena, ovviamente non è lì a caso.
D: Il tuo libro è autoconclusivo, ma hai affermato che hai già pronto un seguito, potresti darci qualche piccola anticipazione?
R: Ci sono tante cose attorno a 436. Per esempio ci sono molti racconti in giro per il web che sviluppano personaggi secondari o eventi collaterali al romanzo. C’è anche un sequel dal titolo Thunder + Lightning. Cosa dire di Thunder + Lightning? Che è una storia nervosa, invernale, triste, nella quale l’ossessione di essere troppo mostruosi per farsi accettare prevale sui sentimenti di amore e di amicizia. In questa storia avranno maggior risalto alcuni dei coprotagonisti di 436: James, il padre di Redlie, Honey Phoenix e Tree Anderson, due dei suoi amici. Ci sarà anche un cambio di ambientazione circa a metà del romanzo: i nostri eroi infatti si trasferiranno in Italia, per la precisione alla foce del fiume Secchia in Po, dove combatteranno una lunga e sanguinosa battaglia. A cinque chilometri da casa mia…
D: Com’è il tuo rapporto con i fan? Ti va di dire loro qualcosa?
R: I fan? Ma stiamo scherzando? Un paio di settimane fa alcune ragazze che frequentano un Liceo della mia zona si sono messe in contatto con me tramite Facebook perché a quanto pare il mio libro è stato proposto come lettura nella loro classe. Mentre scambiavo qualche battuta sulla bacheca con una di loro, è intervenuta un’altra che ha scritto “Oddio, ma questa è la scrittrice! Fa un certo effetto!!”. Beh, credimi quando ti dico che l’effetto lo fa molto di più a me. Ai lettori di 436 voglio dire grazie per tutte le parole di stima e di incoraggiamento e anche che se potessi regalerei a tutti quanti una Aston Martin…. Naaaaa, ma questa l’ho già sentita!
Un abbraccio forte da parte di Honey e un concertino di fusa da parte di Copernico. Anna.Io ringrazio Anna Giraldo per la disponibilità concessami a rilasciare questa interessantissima intervista e Monica mia collega su Sognando Leggendo.