“Io ci voglio credere”, oltre una fitta trama, ha la caratteristica di un linguaggio giovane e fresco che i linguisti dovrebbero prendere come studio per continuare la comprensione del “giovanilese”.
Francesco è stato molto disponibile nel rispondere a qualche domanda. Buona lettura!
A.M.: Cosa provi oggi se pensi a “Io ci voglio credere”?
Francesco Gabriele: A distanza di due anni dall’uscita del mio primo romanzo, è confortante e piacevole sfogliarne le pagine e sorridere nel rileggere frasi che appartengono a una fase della mia vita che appare oggi così lontana.
È confortante per tanti aspetti; in primo luogo ti rendi conto di quanto sia importante scrivere, scrivere e basta! Senza rimandare, senza paura che l’ispirazione in quel momento non sia abbastanza forte da essere all’altezza delle tue idee.
Perché il pericolo maggiore è farsi bloccare dalla paura di “non riuscire”…ma nel frattempo la vita scorre…e la tua visione delle cose inevitabilmente cambia.
Così avrai perso per sempre l’opportunità di scrivere qualcosa che rappresenta la “tua” visione in quel momento!
A.M.: La maturità. Che ne pensi?
Francesco Gabriele: Ora che mi trovo qui a Los Angeles per continuare a coltivare quella passione che aveva alimentato il romanzo, non posso far altro che sfogliare le pagine e rileggere con occhi commossi ed il sorriso sulle labbra, di una fase così bella della vita che accompagna tutti noi: gli anni del liceo.
Un momento di svolta quello dell’esame di maturità, la fine del “domani non entro così non mi interroga” che cede il passo alla responsabilità del “se oggi non seguo i corsi, non supererò mai l’esame”.
In qualche modo sancisce la fine di una fase, di un percorso “rassicurante” che lascia spazio alla libertà di poter scegliere cosa fare “da grandi”.
Trovare il proprio posto nel mondo, è questo quello di cui è alla ricerca Federico, il protagonista del romanzo.
Non tanto “il posto”, o “quel posto”, ma la ricerca della felicità che lo fa sentire vivo nel percorso stesso.
A.M.: Chi è Federico, protagonista di “Io ci voglio credere”?
Francesco Gabriele: Lui è un sognatore, così come i suoi amici Giulia, Alfie, Giorgio e Francesca.
Tutti siamo un po’ sognatori in quella fase, e forse proprio per questo motivo un velo di malinconia si impadronisce di noi nel rileggere dei tempi in cui si sognava ad occhi aperti.
Perché con gli anni la visione del mondo diventa più disincantata verso tanti aspetti…ma bisognerebbe riuscire a recuperare quell’ingenuità che caratterizza gli anni del liceo.
Recuperare quella voglia di credere ancora in qualcosa e non aver paura di raggiungerla, perché non è mai troppo tardi.
A.M.: Cosa rappresenta per te “Io ci voglio credere”?
Francesco Gabriele: “Io ci voglio credere” è stato terapeutico per me.
Mi sono rifugiato nella sue pagine e mi ha dato la forza di reagire e provare davvero a vivere la vita che ho sempre sognato.
Ho trovato un messaggio nella sue pagine che era nascosto dentro di me, di forte speranza e grande ottimismo…Mi ha reso chiaro che la vita la filtri in base al tuo stato d’animo!
Un racconto che rappresenta una preziosa testimonianza di quell’età, senza le pretese di insegnare nulla ma semplicemente nato dalla voglia di condividere i sogni e le emozioni di ragazzi alla vigilia dei loro esami di maturità; scritto “a quell’età”, su “ragazzi di quell’età”.
Anche nella confusionaria situazione di precarietà che caratterizza i nostri giorni, è possibile trovare un lato fortemente positivo: ora che non esiste più un mestiere “sicuro”, a maggior ragione vale la pena di provare ad inseguire i propri sogni. D’altronde, per accontentarsi di qualcosa, c’è sempre tempo.
E poi, ogni grande uomo, ha cominciato con un sogno…..
A.M.: Come ti sei trovato con la casa editrice Rupe Mutevole?
Francesco Gabriele: Con Rupe Mutevole spero che il nostro rapporto si sviluppi e possa portare vantaggi e soddisfazioni ad entrambi.
A.M.: Hai qualche nuovo progetto per il 2011? Puoi anticiparci qualcosa?
Francesco Gabriele: Progetti…SI! Ma sono molto scaramantico purtroppo.
Dopo anni in cui avevo perso ispirazione e motivazioni…finalmente questa esperienza americana mi sta arricchendo di tanti di quegli stimoli che ho ritrovato la voglia di scrivere e soprattutto il bisogno di raccontare una storia.
Probabilmente occorre un certo periodo di tempo per metabolizzare certe esperienze, occorre superare delle crisi che ti aiutano poi a capire meglio dove vuoi andare e che certamente rappresentano una ricchezza, e un terreno fertile, da cui attingere verità, idee ed emozioni.
Recensione “Io ci voglio credere”