Due di due (tetti)

Da Ronin

Spero che l’immagine qui sopra vi renda subito ben disposti alla lettura, così come ha fatto tornare a me la voglia di scrivere..

Ebbene sì, dopo quasi un anno di assenza torniamo (plurale maiestatis) ad aggiornarvi sugli sviluppi della ristrutturazione della nostra deliziosa casetta.

Le novità sono tante quindi scriverò almeno due o tre post, ognuno incentrato su un diverso macro-lavoro.

Per facilitare le cose seguiamo un ordine cronologico: ad ottobre dello scorso anno, dopo aver messo a posto il tetto grande, i lavori hanno inevitabilmente rallentato a causa dell’inverno. A parte qualche episodica spedizione, fino ad aprile non è stato possibile fare quasi niente, sia per la neve che per il freddo pungente (da cui la casa non è ancora in grado di proteggerci molto, come potete ben immaginare).

Ad aprile, spuntati i primi soli primaverili, ci siamo imbarcati in un’opera di fondamentale importanza: il rifacimento totale del tetto piccolo. Come ricorderete, in questa situazione non era possibile ipotizzare nessun tipo di aggiustamento e consolidamento parziale: l’imbarcatura pronunciatissima al centro, l’assenza di tavelle e i travetti sottili e storti che lo sostenevano rendevano necessaria una ricostruzione totale.

Ecco come si presentava ai nostri occhi un anno fa, giusto per darvi un’idea:

Già lo scorso autunno ci eravamo procurati il materiale necessario, con l’ingiustificata convinzione di poter fare entrambi i tetti prima dell’inverno (rendendoci poi conto che ci sarebbe voluto ben più tempo). Avevamo comprato 6 grossi travi d’abete, che avrebbero formato la struttura di sostegno, e una ventina di metri quadri di assi per fare la copertura. Inoltre avevamo ancora una giusta quantità dell’isolante con guaina che era servito per il primo tetto.

La prima cosa da fare era ovviamente smontare il vecchio tetto. A metà aprile, con una giornata di intenso lavoro eravamo riusciti a togliere tutti i coppi e a sfilare la precaria struttura che li sosteneva, con uno di quei deliziosi lavori di passamano in cui ormai eccelliamo.

La stanza priva di tetto che rimaneva alla fine faceva uno strano effetto: era come trovarsi nelle rovine di un castello, dove tutto è direttamente a contatto con il cielo e le spesse pareti sfumano verso l’altro. Come quando cammini durante una visita guidata, e fai fatica ad immaginare che qualcuno potesse vivere dentro a quelle che ora sono solo macerie.

Finita la parte distruttiva del lavoro (quella che ci viene più facile, non so perchè) bisogna partire con quella costruttiva. Decisi due giorni comodi per tutti, il 28 aprile iniziamo la ricostruzione, con il fido muratore Fausto ad aiutarci nella parte strutturale, la più difficile e delicata.

Per prima cosa dobbiamo sostituire il trave centrale, che taglia la stanza in lunghezza e fa da sostegno supplementare ai nuovi travi d’abete. Il vecchio legno è molto imbarcato (e non particolamente bello), ma per mancanza di fondi l’idea iniziale è di ruotarlo sul proprio asse di 180°, così invertire il verso dell’imbarcatura e correggere la pancia del tetto. Purtroppo non ci vuole molto a capire che l’idea non è delle migliori, e che il trave è davvero troppo storto perchè l’operazione funzioni.

Per fortuna nei mesi precedenti eravamo riusciti a recuperare un altro trave piuttosto bello, ben dritto e dallo spessore notevole, che faceva esattamente al caso nostro. Così, con grande dispendio di sudore e acido lattico, i due travi vengono rapidamente sostituiti.

Le cose cominciamo a girare per il verso giusto. Con questa nuova soluzione diventiamo più fiduciosi e iniziamo a portare sul tetto le travi d’abete, disponendole perpendicolari al trave centrale e facendole così poggiare su tre punti: il muro posteriore (quello “alto”), il muro anteriore e il trave al centro. Ci vuole poi una buona quantità di tempo per mettere in bolla tutti i travi: è  infatti molto importante che il tetto non penda neanche minimamente da un lato piuttosto che da un altro, se si vuole evitare che l’acqua scoli male. Infine li fissiamo al trave centrale con delle viti dalla lunghezza spropositata.

A questo punto bisogna fissare per bene tutta questa struttura di legno, ancorandola saldamente ai muri di pietra.

Per prima cosa Fausto cementa nel muro le estremità del trave centrale. Potreste giustamente chiedervi: perchè non l’abbiamo fatto prima, appena sistemato? Sembra logico, ma non sarebbe stato molto comodo, in realtà: infatti per sistemare i travi d’abete in modo che siano in bolla è meglio avere un po’ di “gioco”, poterli alzare e abbassare un po’, e questo sarebbe stato decisamente più complicato se il trave centrale fosse stato già fissato. Invece in questo modo possiamo alzarlo di qualche millimetro con degli spessori, oppure spostarlo avanti o indietro, facilitando di molto il certosino lavoro di bolla.

Dopo questo lavoro ce n’è un altro ben più lungo e meno divertente: bisogna praticamente ricostruire la parte di muro fra trave e trave. Cerco di spiegarmi: i mini-travetti originari si infilavano per pochi centrimetri nel muro, inoltre avevano uno spessore molto inferiore a quelli nuovi. Quindi gli “alloggiamenti” originari (quando ancora esistono) sono del tutto inutili. Quindi ora i  nuovi travi poggiano sul muro, ma fra uno e l’altro c’è il vuoto! E ovviamente quegli spazi vanno riempiti, perchè il tetto risulti chiuso in ogni sua parte.
Così ci troviamo a dover ricostruire il muro di pietra (dello spessore di mezzo metro..) per un’altezza pari allo spessore dei travi, lungo entrambe le pareti dove essi poggiano. E questo è più lungo e difficile di quanto si possa immaginare.. Così questo lavoro ci occupa tutto il resto della giornata, giusto in tempo per la seconda parte della ricostruzione che verrà effettuata il giorno successivo.

La mattina dopo, galvanizzati dai lavori del giorno prima, iniziamo la copertura del tetto, con due genitori volenterosi che si aggiungono alla combriccola.

Si forma quasi spontaneamente un’efficientissima catena di montaggio: all’interno della stanza due persone spennellano le assi con l’antitarlo, poi le passano fuori dove vengono posate sui travi. Qui vengono avvitate, con altri due che le tengono ben ferme, spingendole una contro l’altra, per fare in modo che non restino fessure le assi.

In meno tempo di quanto pensavamo tutto il nuovo tetto è ben fissato. Camminando su quel piano di assi liscio e omogeneo proviamo tutti sensazioni vicine all’orgasmo (lo si capisce dai nostri occhi). Il risultato è oltre le nostre aspettative: è tutto perfettamente dritto, senza fessure o assi storte, e dà un’idea di solidità notevole. E anche dall’interno della stanza è proprio bello! Ovviamente si vede passare molta luce perchè ci sono ancora tanti spazi vuoti sui bordi del tetto (e bisogna ancora fare diversi lavori per chiudere ermeticamente il tutto) però già si capisce come sarà l’effetto finale. E direi che ci piace!

Come si può notare, nonostante le assi che abbiamo messo, ci sono ancora molte fessure qua e là: quelle appena visibili fra asse e asse sono poco importanti, perchè una volta che ci sarà l’isolante non si vedranno più, e non devono certo tenere l’acqua!

Invece i bordi del tetto necessitano ancora di lavori: il procedimento è sostanzialmente uguale a quello fatto sull’altro: bisogna fare una “cornice di assi” esterna ai muri, in modo che l’isolante vada ad incastrarsi al centro di questa cornice. L’obiettivo è sostanzialmente di avere un unico spessore in tutto il tetto, per poter mettere senza problemi i coppi. In questo senso la cornice di assi serve anche per tenere fermi i rotoli di isolante senza doverli fissare.

Cercando di farvi capire (e probabilmente non riuscendoci): questa cornice inizia dove finisce il muro, così come le assi del tetto finiscono dove esso inizia: rimane quindi fuori tutto lo spessore del muro sui tre lati della stanza (il quarto lato poggia direttamente sulla costruzione principale, quindi non ha questo bordo), che andrà pareggiato con una colatina di cemento.

Dall’immagine qui sopra si capisce in modo più intuitivo: la colata pareggia quell’incavatura larga quanto lo spessore del muro, creando un unico livello con le assi di copertura, mentre le due assi grezze sul fondo sono rialzate rispetto a questo livello di uno spessore pari a quello dell’isolante, così che quando anch’esso sarà posato avremo tutto su un unico livello.

L’isolante viene steso come nell’altro tetto, con una differenza: visto che nel tetto grande il fondo era di pianelle lo abbiamo fissato ad esse con una malta collosa. In questo caso invece il fondo di legno impedisce l’utilizzo di questa colla, per cui lo appoggiamo e basta, visto che verrà tenuto fermo dalla cornice e dal peso dei coppi. Vi starete chiedendo: ma allora non si poteva evitare la colla anche nell’altro, visto che sta comunque fermo grazie all’incastro?? Eh, buona domanda..Comunque per i dettagli della posa dell’isolante vi rimando al precedente post di “Cose di Ca’ Ska”, per evitare di ripetermi.

Ormai il grosso del lavoro è fatto, bisogna solo mettere i coppi: come ricorderete se avete letto l’altro post questo lavoro è molto più delicato di quel che sembra, quindi dobbiamo aspettare che Fausto abbia tempo di venire a darci una mano, per evitare di fare un pessimo lavoro che comprometterebbe la tenuta del tetto.

Ah, poi ovviamente prima dei coppi dovrà venire il lattoniere per mettere le grondaie e le canaline. Per fortuna il nostro amico veneto è rapidissimo, e dopo un paio di settimane abbiamo già tutte le nostre belle gronde color tdm (testa di moro, per i profani).

Dopo non molto, grazie anche al nostro barbone preferito che ha un surplus di tempo e voglia da dedicare alla casa, anche i coppi vengono posati, fissando una fila su tre con la schiuma poliuretanica (così da rendere superflue le pietre da mettere sui bordi del tetto, che saranno anche tanto bucoliche ma fanno veramente cagare..)

Poche altre sciocchezzuole, come i ferma-neve, lo scolo che dalla grondaia del tetto grande porta l’acqua nella grondaia del tetto piccolo (evitando così di andare a terra con due tubi) e una bella spennellata di catramina su tutto il legno esposto del tetto… e come ridere anche questo tetto è pronto!

E se Dio vuole è anche l’ultimo (almeno finchè non metteremo mano alla depandance..)

Lo dico chiaramente: per quanto mi riguarda questo lavoro è stato decisamente il più bello e gratificante fatto fino ad ora. Abbiamo letteralmente scoperchiato un vecchio tetto per poi ricostruirlo da zero. I due tetti uno vicino all’altro, nuovi di zecca, con i coppi puliti e allineati, sono una gioia per gli occhi, e questo non può che riempirci di soddisfazione e farci amare sempre di più questo nostro progetto.

Vi sembrano abbastanza felici, le nostre facce?


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