In redazione, un giorno qualsiasi, ad un’ora qualsiasi…
Intervistatore: “Facciamo un gioco, ragazzi: facciamo che ognuno di voi due si presenta brevemente e poi cerca di sintetizzare il suo lavoro in 11 frasi. Quello che vi piace e quello che non vi piace. Ci state? Ok, comincia il signor F. Per galanteria dovrebbe cominciare la signora S., ma F. mi ha già detto che ha poco tempo e deve scappare. Uno come lui va sempre di fretta. F. ed S. comunque sono fratelli, quindi sono abituati ai compromessi… Allora, signor F., vuol dirci qualcosa di lei? Ci racconti ad esempio cosa fa in una sua giornata ‘tipo’…”
Le mani del fratello.
F.: “ Premetto che, nel mio lavoro, non esistono giornate “tipo”… Comunque, ci provo. Potrebbero essere le 10:30 di una mattina come tante. Prendo il mio posto sull’aereo. Il tizio accanto a me ha già cominciato a russare, e questo mi dà sui nervi prima ancora di aver allacciato le cinture di sicurezza. La sveglia alle 4:30 di certo non mi ha ben disposto. Il treno delle 5:17 per Milano era, come sempre, strapieno di pendolari sonnolenti. Vado a Parigi per la centesima volta, non che le abbia contate esattamente. Due giorni di prove, sabato sera il primo concerto. Poi Francoforte, Cracovia e Losanna. Non voglio pensare alle levatacce che mi aspettano, una cosa alla volta. Fra una settimana torno a casa. Per due giorni. Ho 29 anni, e a ottobre 30, facciamo cifra tonda. Sono musicista, suono il clavicembalo. Ho due diplomi di conservatorio alle spalle e ora faccio il concertista free-lance. Mi piace il mio lavoro.”
Intervistatore: “Bene, F. Una vita movimentata la sua… Abbiamo capito chi è e cosa fa. Anzi no, per curiosità adesso vado su Google e cerco qualche immagine del clavicembalo, perché non mi ricordo bene che strumento sia… Ecco, ecco, è un lontano parente del pianoforte, giusto? Giusto, sì, adesso lo vedo… Ma come le è venuto in mente di scegliere uno strumento così particolare?
Adesso, signora S., vorrebbe gentilmente fare altrettanto? Si ‘contestualizzi’, prego…”
Le mani della sorella.
S.: “Le mie giornate, invece, sono abbastanza “tipo”: sono le 10:30 di una mattinata come tante. Sveglia alle 6:00, colazione, treno, arrivo al lavoro. Saluti, macchine che si accendono, allarmi, qualche chiacchiera con i colleghi. Ho sistemato i miei tre pazienti, tutti molto impegnativi e scarsamente collaboranti. Tutti molto anziani. Forse adesso ho 10 minuti di tranquillità, penso che mi prenderò un caffé al distributore automatico. Sempre che qualche macchina non vada in allarme, o che uno dei tre pazienti se ne esca con una nuova richiesta o, peggio ancora, non cominci a sbadigliare o respirare rumorosamente, due segnali che non vanno mai trascurati: potrebbe essere un’ipotensione, e mai che uno ti dica chiaramente: ‘Forse mi si sta abbassando la pressione, forse mi sento male…’. Sarebbe troppo facile. Ho 36 anni, faccio l’infermiera da 13. Per arrivare dove sono ho fatto l’Università e anni di ‘gavetta’ in varie ASL d’Italia. Adesso lavoro in emodialisi. Ho un marito e due figlie piccole. Mi piace il mio lavoro.”
Intervistatore: “Ok, ragazzi. Abbiamo capito qualcosa di voi. Fate due mestieri che più diversi non potrebbero essere. Un libero professionista che si fa spazio in un ambiente pieno di ‘squali’ e una professionista dipendente del servizio sanitario. Entrambi siete portatori di una capacità, e con quella avete costruito una professione. Adesso dovreste dirci, in 11 sentenze, per quali motivi il vostro lavoro è speciale… Sapete che per NOI, il numero 11 è importante… Pensate di farcela? Credo che ai nostri lettori interesserebbe. Chissà che qualcuno di loro non aspiri a fare qualcosa di simile nel suo futuro, e ne possa trarre aspirazione. O magari, sentendo le vostre parole, cambierà completamente idea… Signor F., tocca a lei!”
F. : “Dunque, vediamo…
1- mi piacciono i viaggi, spesso in luoghi che non avrei progettato di vedere ma che finiscono comunque con l’arricchirmi;
2- mi piace avere una scusa ufficiale per indossare camicie con i gemelli e scarpe di vernice senza passare per snob;
3- mi piace il lavoro in un ambiente internazionale, in cui le differenti culture si scontrano e si mescolano;
4- non mi piace vedere le stesse cose in valigia per mesi di fila, diventano come vecchi amici che vorresti di tanto in tanto evitare;
5- mi piace che quando un concerto comincia, non sai come andrà a finire. In fin dei conti, mi piace essere stressato per una buona causa;
6- mi piace l’espressione del pubblico quando quello che sto facendo tocca il loro cuore;
7- mi piacciono i buffet dopo i concerti, quasi sempre;
8- non mi piace avere un posto che mi faccia sentire a casa e non poterci passare più di pochi giorni al mese;
9- mi piace il riconoscimento da parte dei miei colleghi, senza fronzoli e senza lusinghe;
10- non mi piace la politica che sta dietro allo “show business”, è qualcosa che mi è profondamente estranea;
11- mi piace pensare che quello che faccio renda il mondo un posto migliore.”
Intervistatore: “Ed ora è il suo turno, signora S. Già, turno, nel suo caso è la parola giusta, anche se mi risulta che, diversamente da molti suoi colleghi infermieri, Lei non lavora di notte, giusto”?
S. : “Giusto, sì… Ma solo perché il mio reparto non è una degenza ma un servizio. In compenso lavoro 6 giorni su 7, tutte le festività diverse dal Natale e 1° gennaio e mi toccano pure le reperibilità notturne… In ogni caso, se dovessi sintetizzare le cose in 11 frasi, direi che:
1- mi piace la stima e familiarità che si crea con i pazienti e con i colleghi, diventano un po’ (nel bene e nel male) la tua seconda famiglia, e quando varchi la porta del reparto ti senti un po’ a casa;
2- non mi piace dover accettare per il “buon vivere” dell’ambiente di lavoro certi compromessi: la tolleranza non è il mio forte;
3- mi piace il fatto che quando hai finito il tuo turno puoi staccare completamente la spina e dimenticare tutto. Non porti niente a casa, se non qualche aneddoto più o meno simpatico da raccontare. Senza mai far nomi (prima regola per vivere felici);
4- non mi piacciono i pettegolezzi e certe forme di maleducazione, che negli ambienti piccoli frequentati da un ristretto numero di persone prolificano come i funghi dopo un acquazzone;
5- mi piacciono i permessi, le ferie pagate e lo stipendio, non certo esagerato, ma sicuro;
6- non mi piace quando mi dicono: ‘Con le capacità che hai, potevi fare il medico…’. Vale quanto dire a un ingegnere edile che poteva fare il pittore…;
7- mi piace sentirmi parte di una categoria, una ‘corporazione’ che spinge e lotta per essere tutelata, meglio riconosciuta e considerata nel ‘sistema sanità’;
8- mi piace la divisa che indosso, è una seconda pelle;
9- mi piace il lavoro di squadra, ma molto dipende dagli atleti (leggi: i colleghi infermieri) e dall’allenatore (leggi: il caposala);
10- non mi piace mai l’idea di rimanere ferma, quindi spero in futuro di poter ‘allenare’ una squadra: sarebbe una bella prova, difficile ma bella;
11- mi piace essere stata fortunata per aver trovato lavoro presto, per non essermi dovuta accontentare e per aver avuto la possibilità di scegliere, cosa che oggi hanno in pochi…
Intervistatore: “Bene ragazzi, il nostro tempo a disposizione è finito. Grazie per aver sintetizzato le vostre esperienze in questo spazio ridotto. I nostri lettori faranno tesoro delle vostre parole, e chissà che non vi contattino per avere qualche altro consiglio su come muoversi nei vostri ambienti di lavoro… So che il signor F. deve partire alla svelta, quindi lo saluto. E saluto anche la signora S. (i due si stanno già scambiando qualche battuta, mentre lui si infila il giubbotto…). Ehi voi due, volete renderci partecipi di quello che state dicendo?”
S. : “Scusi, sa, signor intervistatore… Ma ho così poche occasioni di vedere il mio fratellino che ne ho approfittato per dargli una tiratina d’orecchie!”
Intervistatore: “Ah sì? E a che proposito, se possiamo intrometterci?”
S. : “Stavo chiedendo a mio fratello perché non abbia inserito un “non mi piace” sulla sua lista… a mio parere il più importante di tutti, nel suo bellissimo e invidiabilissimo mestiere…”
Intervistatore: “E… sarebbe?”
S. : “Non mi piace vivere e lavorare così lontano dai miei affetti, non ultima dalla sorella S.”