Nel solito villaggio africano, che ormai conosciamo come le nostre stesse tasche, vivevano, in un tempo lontano, due fratelli insieme al loro padre e alla loro madre.
Dei due, uno era piuttosto furbo e l’altro, invece,decisamente stolto.
Di questo noi diremmo , oggi giorno, che era solo un sempliciotto.
Incapace di difendersi e di fare valere i suoi diritti.
Una mattina, una come tante, i due si recano a pesca nel fiume vicino.
E, dopo aver atteso per ore invano, ecco che, all’improvviso e in meno che si dicesse, lo stolto scocca sulle acque la sua freccia e colpisce, casualmente, un bel pesce grosso.
Uno di quelli che, solo a guardarlo, fanno venire l’acquolina in bocca.
Sulla via del ritorno il fratello “ furbo”, con strampalate argomentazioni, fa di tutto per convincere l’altro che l’artefice della felice pesca è stato lui. E nessun’altro.
E, infatti, s’impossessa del pescato che, all’arrivo, consegna alla madre, che subito, dopo aver fatto le lodi, lo cucina arrostito e ben aromatizzato per il marito e il figlio “furbo”.
E lo “stolto” intanto sta lì presente, a guardare senza battere ciglio e, soprattutto, a pancia vuota.
La stessa storia si ripete in un altro giorno di pesca e, più o meno, con le stesse modalità.
E anche stavolta lo”stolto” non riesce a difendersi dalla prepotenza del fratello “furbo”.
Così, al rientro, medesima scena : la madre cucina e poi i due uomini, padre e fratello “furbo”, che banchettano allegramente.
Ad un tratto, però, una grossa lisca si ferma nella gola del padre e il povero uomo quasi soffoca.
Moglie e figlio cercano di aiutarlo in ogni modo, anche andando a chiamare il guaritore del villaggio.
Ma non c’è niente da fare.
Il padre, dibattendosi all’impazzata, muore soffocato, appunto, a causa della lisca di pesce.
Mentre lo “stolto” è muto e immobile.
Anzi subisce le ire violente del fratello e della madre proprio perché se ne era stato tutto il tempo del fattaccio lì impalato e senza muovere un muscolo.
Ora domando : ha fatto bene o male, secondo te, lettore, lo”stolto” a non soccorrere affatto suo padre?
E, ancora, era meritata la punizione del padre?
E perché al “furbo” non è capitato nulla?
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)