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Due giorni in Garfagnana – 1) L’andata

Creato il 20 agosto 2015 da Viaggimarilore

Spesso le cose improvvisate sono quelle che riescono meglio. E sicuramente, quando si tratta di viaggiare, o semplicemente di fare una gita fuoriporta, è anche bello lasciare la strada principale e abbandonare il percorso stabilito a priori, per farsi distrarre da ciò che più attrae la nostra attenzione. Se poi, come in questo caso, non c’è nulla di programmato alla base, se non l’area geografica da esplorare, ancora meglio.

Una veduta sulle montagne della Garfagnana. Motrone

Una veduta sulle montagne della Garfagnana. Motrone

Sì, esplorare. Non definirei diversamente il giro che abbiamo costruito, km dopo km, se non come un’esplorazione della Garfagnana. Personalmente, infatti, ero stata una volta sola in quest’area anni fa, una gita veloce che aveva toccato giusto Borgo a Mozzano e Barga; per il resto invece è stato una scoperta continua. Un’esplorazione che ci ha coinvolto talmente da spingerci addirittura a pernottare tra le montagne, quando inizialmente eravamo partiti con l’idea addirittura di tornare indietro in caso di pioggia. Ma il meteo tante volte aiuta gli audaci. E infatti…

La porta della Garfagnana è attraverso il fiume Serchio, che va percorso a ritroso verso monte. Il primo paese che si incontra è Borgo a Mozzano. Il Ponte della Maddalena, meglio noto come Ponte del Diavolo, è uno dei monumenti più noti della Garfagnana: un ponte a schiena d’asino davvero molto ampio e molto alto, costruito sul fiume Serchio che in questo tratto è particolarmente ampio. La sua costruzione fu avviata nell’XI secolo per volontà di Matilde di Canossa, lungo un percorso legato alla via Francigena, battuta dai pellegrini che nel medioevo volevano raggiungere Roma. Il ponte è impressionante per le sue dimensioni, per la sua inclinazione e per le sue arcate. Lungo un argine passa la ferrovia, il cui tracciato veniva a impattare con la struttura del ponte; per questo motivo ne è stata modificata l’inclinazione, così ora risulta un ponte asimmetrico e forse però anche per questo ancora più caratteristico.

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Il territorio qui è già collinare e boscoso; qua e là si intravvedono dei paesini a mezzacosta dei quali spicca il caratteristico campanile della chiesa: una torre quadrangolare in pietra, sovente separata dal corpo della chiesa, più simile ad una torre di difesa che non ad un campanile.

Uno scorcio di San Romano M.

Uno scorcio di San Romano M.

Da Borgo a Mozzano in avanti la strada prosegue su un lato e sull’altro del Serchio; da un lato porta all’Abetone, dall’altro sale fino al cuore della Garfagnana, da Castelnuovo Garfagnana in su. Proseguiamo dunque su questa direttrice, ma non andiamo direttamente a Castelnuovo: svoltiamo invece poco dopo Borgo a Mozzano per salire verso i paesini di San Romano Mozzano e Motrone. La strada si inerpica su per la collina, disegna tornanti che regalano viste panoramiche da urlo, come quella su Ghivizzano Castello, dall’altra parte del Serchio, quindi si addentra nel bosco.

Quando arriviamo a San Romano Mozzano (da non confondere con San Romano in Garfagnana), troviamo un borgo in festa, per la festa del Santo Patrono, San Rocco, cui è intitolata una piccola chiesina all’ingresso del paese, accanto al grande lavatoio. L’altra chiesa del paese, la parrocchiale, è invece intitolata a San Romano. Il borgo è un intrico di viuzze e vicoletti su cui affacciano casette in pietra.

La sua costruzione risale ad età medievale. Ci raccontano, al lavatoio, che una volta il paese era più in alto sulla collina, e si chiamava Spuliziano. Un’epidemia di peste decimò gli abitanti. I sopravvissuti decisero di abbandonare il borgo natio e di trasferirsi poco più in basso sempre sulla stessa collina. Il nuovo borgo sorse intorno alla chiesa di San Romano, che è documentata dal 1260. Il paese ha sempre campato di agricoltura ed oggi è abitato da meno di 100 abitanti. I portali antichi, gli archi e l’architettura povera in pietra regalano scorci davvero molto caratteristici. E poi è immerso nel verde, si apre come un’oasi nel fitto della foresta.

Più avanti lungo la strada, dopo esserci inoltrati in un grande bosco di castagni, raggiungiamo Motrone. Qui, addirittura la strada termina in corrispondenza del piccolo parcheggio riservato ai pochissimi abitanti e di una delle porte di accesso al borgo.

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Dà proprio l’idea del borgo di montagna isolato, e la struttura stessa del borgo, medievale, conferma il suo carattere di estremo isolamento: il borgo è addirittura fortificato (mi chiedo chi poteva avere interesse a conquistare questo luogo), la chiesa, anch’essa risalente al 1260, come quella di San Romano, pare più una fortezza che un edificio religioso: si trova sull’estremo sperone roccioso, rivolto verso la montagna, che qui ha una parete verticale particolarmente impressionante; la chiesa, o meglio la torre/campanile domina il paese.

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Per accedervi bisogna percorrere una scalinata con una bella balaustra, dopodiché, giunti in cima, ci si accorge che la chiesa non ha facciata d’ingresso e che l’accesso avviene lateralmente. Il borgo è quasi disabitato, ma appare restaurato in alcune sue parti (come le porte di accesso) e qualche anima in giro c’è, come un signore che incontriamo mentre dall’orto se ne torna verso casa o come una signora anziana che rincasando ci chiede se siamo venuti a fare un giretto.

Ritorniamo sulla via principale, lungo il Serchio, verso Castelnuovo Garfagnana, entusiasti per la nostra deviazione e le conseguenti scoperte che abbiamo fatto. Borghi autentici, dove manca tutto, per cui ci chiediamo cosa spinga gli abitanti a vivere qui, soprattutto d’inverno: siamo affascinati da questo isolamento. Arriviamo a Castelnuovo Garfagana all’ora di pranzo, sicché, prima di visitare il borgo, ci mettiamo a tavola, a La Bottega del Fattore, appena fuori dal centro storico, dove mangiamo molto bene.

Siamo ancora talmente entusiasti dall’autenticità dei piccoli borghi che abbiamo appena visitato che Castelnuovo Garfagnana ci delude: troppo turistica, troppi negozi e bar che hanno snaturato il centro storico. Ma questa è la mia opinione, mi rendo conto un po’ fondamentalista: in realtà Castelnuovo Garfagnana funge un po’ da capoluogo della vallata, i servizi si concentrano qui, è naturale che si sia modernizzato venendo incontro sia alle esigenze degli abitanti della valle che dei turisti.

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E proseguiamo, puntando verso San Romano in Garfagnana. Lungo la strada, il panorama regala delle vedute amplissime sulle montagne circostanti fino alle Alpi Apuane, le cui creste aguzze si scorgono in lontananza. Attratti dalla silhouette di quella che sembra una grande fortezza sulla cresta di un’altura, puntiamo verso Le Verrucole. È in assoluto la scelta migliore che potessimo fare.

La fortezza delle Verrucole

La fortezza delle Verrucole

Le Verrucole è un piccolissimo borgo, composto da una chiesa col classico campanile squadrato, pochissime case e un’osteria. Si sale lungo un sentiero e si arriva alla fortezza delle Verrucole. Una struttura fortificata molto ampia, che racconta una storia lunghissima che ruota intorno sempre ad un fattore fondamentale: il controllo del territorio: con questo scopo fu infatti costruita nel Medioevo, tra il X e il XIII secolo, e poi ampliata sotto il dominio della Signoria Estense, che estendeva il suo potere fin qui. La fortezza domina il panorama per km e km e, a sua volta, dalle sue rocche si ha una visione a 360° del territorio che fa capire come la sua posizione fosse strategica e perché fu teatro di diversi scontri nel corso del Medioevo.

Le Verrucole

Le Verrucole

La fortezza è visitabile, pagando un biglietto di 5€ a testa: è un archeopark, all’interno del quale si può girare liberamente negli spazi aperti, mentre la rocca conservata è oggetto di visite guidate che raccontano la vita nel medioevo: dalle armi dei cavalieri alle abitudini in cucina, alle conoscenze mediche. Si conserva molto bene l’intero circuito murario, che occupa due creste rocciose e che risale ai rifacimenti del XV secolo, sotto gli Estensi. Inizialmente infatti la fortezza era più piccola. Le mutate esigenze di protezione del territorio indussero gli ingegneri estensi ad ingrandirla e a potenziarla.

Sono quasi le 19 quando lasciamo la fortezza. Siamo ben lontani da casa, per cui decidiamo di pernottare da queste parti. L’Osteria delle Verrucole dimostra di essere davvero un’osteria per i viandanti: ci mette a disposizione un appartamentino nel quale poter pernottare; un appartamento modesto, senza pretese, ma perfettamente adatto alle nostre esigenze.

E allora come impiegare il tempo che ci resta prima di cena? Semplice, riprendiamo la strada verso San Romano in Garfagnana. Una deviazione lungo la strada, che indica la chiesa della Madonna del Bosco, ci induce a svoltare. Risaliamo in effetti lungo un grande bosco di castagni, fino ad arrivare ad una piccola radura nella quale sorge una piccolissima chiesa, che consiste in una cappella con altare, un porticato antistante, a protezione dei viandanti lungo i sentieri nel bosco, e un rusticissimo campanile che consta di due pali di legno ai quali è legata una campanella. Qui accanto scorre un fresco fiumiciattolo. La vegetazione è rigogliosa, in quest’oasi di pace. Ridiscendendo attraverso il bosco, il sole basso che filtra tra gli alberi regala dei colori e delle atmosfere che non si possono spiegare. Un daino che ci attraversa la strada è la visione meravigliosa che completa questo quadro.

I colori del bosco al tramonto

I colori del bosco al tramonto

Ridiscendiamo e facciamo rotta verso San Romano in Garfagnana. Sta cominciando a calare la sera, il sole è ormai al tramonto. San Romano è il borgo perfetto. Perfetto perché sembra finto, disabitato, ma soprattutto ordinato: non una foglia fuori posto, niente di lasciato al caso. È molto piccolo il centro, dominato ancora una volta dalla chiesa e soprattutto dal campanile, alto con un grande orologio a scandire lo scorrere del tempo. Edifici in pietra, giardini e balconi curati, scorci di medioevo molto suggestivi.

San Romano in Garfagnana - La torre campanaria

San Romano in Garfagnana – La torre campanaria

Per cena torniamo all’Osteria delle Verrucole. Poi finalmente a nanna, ché la giornata è stata tanto ricca quanto impegnativa.


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