Di seguito l'analisi
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Vedo davanti a noi due scenari alternativi.
Il primo, quello sul quale sembra si stia lavorando con impegno, sia da parte di Bersani, che da parte di Berlusconi (e indirettamente da parte di Grillo), è l'elezione al primo scrutinio, quindi con una maggioranza dei due terzi, come fu per Cossiga e poi per Ciampi, di un presidente di centrosinistra "votabile" da parte del centrodestra. Il nome obiettivamente più forte, o meglio più titolato (per standing internazionale, competenza giuridica ed economica, esperienza politico-parlamentare, autorevolezza), in questo scenario, è quello di Giuliano Amato. Una personalità, lo dico chiaramente, che voterei molto volentieri, serenamente convinto di fare l'interesse del paese.
Il punto debole di questo scenario è la richiesta, da parte di Berlusconi, di includere nell'accordo anche il governo, che lui vorrebbe di grande coalizione, presieduto da Bersani e con ministri sia del Pd che del Pdl. Bersani non è d'accordo e pensa piuttosto ad un governo "monocolore Pd", sia pure con il sostegno (o la "non sfiducia") del Pdl. Si sta trattando: un compromesso è difficile, ma non impossibile. Sarebbe comunque una soluzione a tempo, nella quale l'aspetto decisivo, a mio modo di vedere, sarebbe il contenuto programmatico dell'accordo, sia sul terreno delle riforme costituzionali, sia su quello delle misure socio-economiche. Solo un programma ambizioso darebbe al compromesso le sembianze di una mediazione di alto profilo.
Il secondo scenario è invece quello della rottura tra Bersani e Berlusconi e l'elezione, non prima del quarto scrutinio, quando diventa possibile passare con la sola maggioranza assoluta, di un presidente scelto dal centrosinistra insieme al M5S. In questo scenario, il nome più forte è quello di Romano Prodi (l'unico competitivo con Amato sul piano dell'autorevolezza in Italia e all'estero), purché i grillini accettino di non considerare anche lui un esponente della casta.
Il punto debole di questo secondo scenario è la pressoché certa impossibilità di produrre una soluzione al problema del governo: non solo per la indisponibilità del M5S, ma anche per la sua incompatibilità con l'esigenza di un negoziato europeo come quello prima auspicato. È assai probabile quindi che non resterebbe, al nuovo Capo dello Stato, che sciogliere le camere e riportare gli italiani al voto. Senza riforme costituzionali e senza misure anti-cicliche a favore dell'economia. A parte la stima per Prodi, penso che mi acconcerei a votare per un presidente da eleggere in questo scenario, solo per disciplina.
La prossima settimana sapremo come sarà andata. E, in non piccola parte, come andranno i prossimi sette anni...
Giorgio Tonini parlamentare PD - lavalsugana.it