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Due libri: Limonov, Il supplizio del legno di sandalo

Creato il 19 settembre 2013 da Brizigrafo @brizigrafo
Due libri: Limonov, Il supplizio del legno di sandaloDue libri: Limonov, Il supplizio del legno di sandalo
In questa lunga estate nella quale ho accavallato troppe disparate letture, ne salvo due appena portate a termine.
Limonov
I libri in odore di biografia non sono il mio genere. Ma Emmanuel Carrère è uno strano narratore sempre più quotato.
Limonov è la biografia di un personaggio reale intrecciata a quella del biografo stesso e ne vien fuori una narrazione intrigante in bilico tra storia, politica, memoria e vita vissuta.
Carrère è un affabulatore di vite che non sono la sua, ma che con la sua s'interfacciano. Limonov, "scrittore e politico russo mix tra il Che, Henry Miller e Casaleggio", come scrive Antonio Armano su Il Fatto Quotidiano (e io ci aggiungerei, con meno fantasia, tra fascista e comunista, tanto per schematizzare un po') diventa pagina dopo pagina un personaggio avvincente grazie a chi lo descrive e attraverso le sue vicende al lettore tornano alla mente pezzi e risvolti poco noti o dimenticati di una storia recente che sembra già coniugata al trapassato, quasi fossimo vissuti in un altro tempo.
Il supplizio del legno di sandalo di Mo Yan, premio nobel per la letteratura nel 2012, è un libro intenso che cattura a poco a poco l'attenzione, man mano che la storia si dipana sulla lunghezza d'onda dei diversi personaggi.
C'è un pezzo di storia della Cina ai primi del '900 e la descrizione accurata della tortura di un commediante-ribelle che lascia ben poco all'immaginazione. Ci sono le ambiguità dell'amore e le fascinazioni del potere.
La narrazione di certe scene ricorda i film di Zhang Ymou (più del tipo La Foresta dei Pugnali volanti che Sorgo Rosso, trasposizione filmica del primo romanzo di Mo Yan).
È palpabile tutta la diversità culturale tra occidente e oriente che rende non facile l'interpretazione dei significati, ma, una volta entrati nel climax del racconto, se ne coglie tutta la profondità.
Scrive l'autore nella nota finale:
" [...] Il motivo per cui ho potuto e voluto scrivere un libro del genere è perché nella vita attuale continuano a verificarsi crimini che provocano la nostra indignazione e che perdipiù vengono lodati e premiati. [...] In questo libro ho trattato i motivi sociali che provocano la violenza, la psicologia malata di chi la pratica e l'apatia di chi vi assiste."


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