La sindrome dell’ “Italian Connection” è poi cresciuta esponenzialmente a causa del secondo nodo, cioè lo scandalo che ha coinvolto la Agusta Westland (società del gruppo Finmeccanica) per le presunte mazzette versate in India per favorire l’acquisto di elicotteri militari italiani Aw-101. La vicenda – che ha travolto i vertici di Agusta Westland – è stata seguita in modi molto diversi in Italia e in India: mentre in Italia è sparita velocemente dai principali titoli dei giornali in India invece ha continuato ad occupare i notiziari televisivi (che parlano di “Milan files”) e le prime pagine di quotidiani come lo Hindustan Times. Lo scandalo ha conseguenze su tre livelli: 1) politica interna indiana, perché getta ombre su politici indiani di prima grandezza accusati di avere favorito il contratto con l’azienda italiana, alimentando altre polemiche fra il Congress e il Bjp. 2) rapporti economici Italia-India, perché l’India non ha cancellato il contratto con l’azienda italiana ma Usa e Russia si stanno comunque facendo avanti per “soffiare” all’Italia la fornitura degli elicotteri; 3) l’immagine più generale del nostro Paese, perché i media indiani tendono a presentare l’Italia come un Paese corruttore (come se l’India fosse vergine in questo campo). Dopo che l’ambasciata indiana ha richiesto all’Italia una serie di documenti sul caso-elicotteri e questi documenti sono stati negati in quanto “coperti dal segreto perché le indagini sono ancora in corso”, lunedì 18 febbraio sono arrivati in Italia alcuni agenti del CBI (la maggiore agenzia investigativa indiana) per raccogliere informazioni sulla vicenda.
Così, mentre i Premier inglese e francese si recano in India a corteggiare il suo mondo economico-politico, l’Italia è costretta a rincorrere i competitor europei con fatica, in una specie di “salto a ostacoli”. Possiamo solo augurarci che il governo che uscirà dalle prossime elezioni, qualsiasi esso sia, capisca l’importanza di avere ottime relazioni con un Paese che sarà un grande protagonista del Ventunesimo secolo.