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Due parole due su Dolls (di Stuart Gordon, 1987)
Creato il 02 febbraio 2016 da Frank_romantico @Combinazione_CDopo aver riguardato con piacere La Bambola Assassina, qualche giorno fa, non ho potuto fare a meno di ricordare che già un altro film sullo stesso argomento, uscito un anno prima rispetto al cult diretto da Tom Holland, aveva terrorizzato i miei sogni di bambino: ovviamente sto parlando di Dolls, diretto da Stuart Gordon e prodotto da Brian Yuzna. Chi non conosce Gordon e Yuzna è sicuramente un cinefilo dell'ultima ora e certamente non può definirsi un vero fan del cinema horror. I due sono stati infatti, per lungo tempo, campioni della serie B che conta, quella che nel sottobosco dell'orrore ha prodotto veri e propri gioielli indimenticabili - ma a volte dimenticati - educando centinaia di giovani registi e creando una connessione tra vecchio e nuovo, classico e contemporaneo. Stuart Gordon soprattutto si è imposto come maestro dell'horror rimanendo comunque al di fuori di certi meccanismi industriali/commerciali, mentre il suo amico e compare di tante avventure si è alla fine distinto più per le idee che nei fatti (dirigendo comunque quelle perle di Society e The Dentist).
Stuart Gordon è sempre stato coerente nelle proprie scelte e nella propria poetica, nella propria estetica oserei dire. Strettamente legato all'immaginario lovecraftiano, credo abbia sempre cercato di rappresentare non l'Altrove bensì gli effetti che l'Altrove ha sulla nostra realtà, sul nostro mondo, Un mondo dove niente è mai o bianco o nero, totalmente giusto o totalmente sbagliato, dove il concetto di morale o l'etica non sono mai ben definiti. Ma è in Dolls più che in altre pellicole che questa concezione si fa palese, il film in cui Gordon decide di riflettere apertamente sulle applicazione e le implicazioni morali nella vita di ogni giorno. Per farlo, il regista decise di utilizzare la forma favola, che più si presta a questo tipo di intenti, prendendo la realtà e isolandola in un contesto "altro", permettendo al fantastico di condizionarla totalmente.
David e Rosemary sono una coppia in viaggio romantico. David però è costretto a portarsi appresso la figlioletta avuta dalla sua prima moglie, Judy, una bambina intelligente e dalla grandissima immaginazione. Rosemay, una vera e propria donna arpia, non sopporta la figliastra mentre David, succube della donna, la vorrebbe altrove. Judy è costretta a sopportare le angherie dei due adulti. Colti alla sprovvista da un fortissimo temporale, la male assortita famigliola è costretta a trovar rifugio in una grande e sinistra casa di campagna, abitata dalla coppia di anziani Gabriel e Hilary. Casa resa ancora più sinistra (o bellissima) dalla presenza di un gran numero di bambola, create dallo stesso Gabriel. I tre verranno accolti per la notte e assieme a loro un altro trio male assortito: Ralph, un uomo dall'animo bambinesco, e Isabel & Enid, due ragazze non proprio per bene. Eppure in quella casa c'è qualcosa che non può dormire, di notte.
Non esiste bene o male, ci sono solo punti di vista. Sembra volerci dire questo Dolls, raccontandoci di squallidi individui che più odiosi non si può e mettendoli a tu per tu con qualcosa di più grande di loro, chiamatela magia se volete oppure semplicemente fato, o la più antica delle leggi, quella del contrappasso. Uomini (e donne) che ormai non sanno più nemmeno cosa sia l'innocenza e che, avvizziti e corrotti dalla quotidianità e dalle meschinità della vita, devono fare i conti con un giudizio forse più crudele delle loro stesse colpe. Giudizio che arriva non da terribili demoni o mostri assetati di sangue, bensì da delle piccole e semplici bambole che, per quanto possano essere inquietanti, restano e resteranno pur sempre bambole. Sembra essere proprio questo contrasto la forza di un film che non sarà un capolavoro ma fa ottimamente il proprio lavoro, lavorando non tanto sul gore o sullo splatter (anche se certe scene...) quanto sulle sfumature, sull'ambientazione, sulle situazioni gestite con l'efficacia del vecchio horror gotico e sulla gestione degli spazi (la scenografia).
Esempi di umanità come ce ne sono tanti vengono presi di peso e inseriti in un contesto estraneo, al di fuori del tempo e dello spazio, e ci vengono mostrati in tutto il loro squallore. Per questo noi spettatori, nel corso del film, non vediamo l'ora che siano giudicati e puniti, quasi fosse catartico, quasi fossero le nostre colpe ad essere messe sotto la lente di ingrandimento e in un gesto terribile, purificate, E qui, in Dolls, la colpa più grande è quella di aver dimenticato, respinto, represso il bambino che è in noi, quel bambino che abbiamo ammazzato o rinchiuso nella soffitta del nostro cuore rendendoci aridi e incapaci di amare, essere amati o di scoprire quel che di candido ancora esiste nel mondo.
Dicevo all'inizio che Dolls uscì un anno prima de La Bambola Assassina. Un vero peccato, perché il ben più famoso film su Chucky oscurò quello che tutt'ora rimane un grandissimo b-movie sulle bambole killer, impreziosito da effetti speciali artigianali dal grande impatto visivo. Certo, si tratta di un film a basso budget, con evidenti difetti soprattutto dal punto di vista realizzativo, un film che visto oggi non può fare certamente paura (e mi chiedo se ne facesse anche ai tempi dell'uscita, quando io ero solo un bambino). Ma Dolls resta un esempio di grande cinema horror e fantastico che riflette su un tipo di orrore più reale e meno lontano da noi di quanto pensiamo.
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