È ormai un appuntamento fisso che anticipa la stagione dei festival europei. La crescita del Primavera Sound a Barcellona negli ultimi cinque anni è stata davvero impressionante, anche se, va detto, sin dall’inizio gli organizzatori hanno sempre fatto sforzi per avere cartelloni di alta qualità. Quella che è aumentata è l’attenzione del pubblico europeo (e non): nelle ultime edizioni la media di presenze giornaliere è stata intorno alle quarantamila. Dall’anno scorso il festival si è sdoppiato trovando a Oporto la sua edizione gemella (per ora in versione ridotta), l’Optimus Primavera Sound, in cui suonano alcune delle band presenti anche nell’edizione di Barcellona. Le ragioni dietro questa popolarità sempre maggiore sono varie e di diversa natura. Prima di tutto, oltre la musica, una delle caratteristiche della kermesse spagnola sta nella location, anzi… nelle location, perché – oltre che nel suggestivo spazio portuale del Parc del Forum – il festival si svolge anche in altri luoghi della città. Il Primavera Sound ha delle caratteristiche uniche rispetto a tanti altri festival (in particolare quelli nordeuropei), che spesso si riducono ad essere contenitori di concerti. La disposizione dei palchi permette a chiunque di godere a pieno dei live ai quali si vuole assistere. Qui c’è come una specie d’alchimia tra pubblico, gruppi, festival e Barcellona stessa. Uno dei programmi “paralleli”, per esempio, è Primavera al Parc, che vede di anno in anno un parco cittadino come scenario per dei concerti pomeridiani di breve durata, mentre la festa finale della domenica trova solitamente posto all’Apolo, un ex teatro riadattato a locale per concerti.
I tre giorni centrali del festival (che quest’anno va dal 22 al 26 maggio) vedono tantissime band suddivise su sei palchi di varie dimensioni: per quasi dodici ore al giorno si crea un miscuglio di suono e suggestioni, che, unito alla vicinanza del mare, forma un’atmosfera unica. L’edizione del 2013, che ha la Heineken come sponsor principale, pare puntare in alto: dall’attesissimo ritorno dei Blur a Nick Cave And The Bad Seeds, dai Phoenix in forte ascesa a situazioni particolari e reunion. Tra queste ultime la più attesa è quella dei Postal Service, che tornano sulle scene a dieci anni dal loro unico disco Give Up. Come ogni volta, poi, alcune band si presentano per suonare unicamente un album del loro repertorio: stavolta è il turno delle Breeders con The Last Splash. Altri ritorni (stavolta con un disco nuovo di zecca) di grande impatto, invece, sono quelli dei My Bloody Valentine di Kevin Shields e degli svedesi The Knife, in pista sette anni dopo Silent Shout. Non vanno dimenticati nomi storici e consolidati come i Dinosaur Jr., i Jesus & Mary Chain, Bob Mould o Camera Obscura. Ci sono inoltre tutta una serie di gruppi che si suddividono tra frequentatori abituali del festival spagnolo (Animal Collective, Deerhunter, Shellac) e nuovi protagonisti del panorama musicale (Tame Impala, Local Natives, Metz). Infine dall’edizione del 2011 (con la presenza degli A Classic Education) il festival catalano vede la partecipazione di alcune band italiane. Quest’anno troveremo Blue Willa, Honeybird And The Birdies e Foxhound. Complessivamente si parla di centocinquanta “acts” in cinque giorni, un risultato sorprendente se rapportato alla qualità della proposta artistica e alla generale crisi economica. Il pubblico ha reagito positivamente facendo andare sold out gli abbonamenti ben prima di quanto non capitasse nelle precedenti edizioni.
Forse, in conclusione, si può affermare che il Primavera Sound non rappresenti solo un semplice festival musicale, ma che sia quasi una filosofia.
email print