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Due racconti di bruno agosti

Creato il 27 ottobre 2011 da Larazavatteri
Pubblico due racconti che mi sono stati inviati da Bruno Agosti, già ospite con il suo libro di poesie "A chi" della Bottega.Buona lettura.
IL PRESEPIO
Fiaba di Natale
di
Bruno Agosti
Rosetta, è una bella e vispsa bambina di cinque anni, figia di un ricco agricoltore della Val di Non, frequenta l’ ultimo anno della scuola materna, intelligente e piena di ingegno e fantasia.A casa di un amica, un po’ più grande di lei, lo scorso Natale aveva visto il padre dell’ amichetta che assieme ai fratellini, preparavano il presepio di Natale con muschio preso nel vicino bosco, per fare il prato, dei ramoscelli di abete per fare le piante, dalla carta stagnola per fare il laghetto, e la fantasia di Rosetta non aveva limiti, partecipò anche lei , di buona lena all’ allestimento del presepio. “Si potrebbe fare il muro con il polistirolo, il ponte con dei piccoli legni, le mura di cinta con il cartone delle cassette delle mele…” e continuò a dare dei consigli che venivano presi in considerazione dai presenti e messi in pratica.Alla fine il risultato fu un presepio, semplice ma bello, forse le proporzioni e la prospettiva non erano degne di un architetto, ma era comunque bello, il padre dell’ amica che era elettricista, mise le luci nei punti giusti del presepio, poi mise vicino l’ albero con tante luci che sembravano stelline multicolori, la felicità dei bambini la si poteva cogliere nei loro occhi che brillavano ancora di più delle luci del presepio.Il prossimo Natale lo faccio anch’ io assieme a mio papà, disse orgogliosa la bambina, poi tirò fuori dalla tasca della giacca a vento il telefonino e scattò alcune foto del presepio, per ricordo e per avere un idea per l’ anno prossimo. Tornò a casa , felice, mostrò le foto alla mamma che era appena tornata dal lavoro, la mamma disse che erano belle, diede un bacio alla piccola e si rimise a sedere davanti al televisore.Quando tornò il padre, la cena era già pronta sul tavolo, ma prima di mettersi a tavola Rosetta volle che il padre vedesse le foto del presepio dell’ amica sul suo telefonino e dopo molta insistenza, gli strappò la promessa che per il prossimo Natale la avrebbe aiutata a prepararne uno per lei. Era felice, già immaginava il bel presepio, tutto suo, già la sua feconda fantasia era in piena attività, qui avrebbe messo la capanna , qiu le case, qui il torrente con il laghetto e continuo’ a fantasticare fine a quando si addormentò.
Quell’ anno le mele erano particolarmente belle ed abbondanti, ed il padre di Rosetta ne parlava spesso, soddisfatto, allora lei, prendeva sempre l’ occasione per farsi rinnovare la promessa che per Natale la avrebbe aiutata a fare il presepio. Quando rimaneva sola in casa, la piccola andava sempre in soffitta a guardare le statuine del presepio che aveva conservato il nonno, quanti personaggi e quante pecorelle e poi i cammelli il dromedario, la tigre l’ elefante… guardava per un po,’ affascinata, da tutte quelle statuine e poi richiudeva con cura le scatole. Non era , però, mai riuscita a trovare il Bambin Gesù che secondo lei doveva essere in quella scatola in alto sopra l’ armadio, ma avrebbe chiesto al padre di prenderla quando fosse giunta l’ ora di fare il presepio.Intanto il tempo passava, e venne il momento di andare a scuola, era il primo anno, per lei era un mondo nuovo, che la affascinava e la divertiva, anche la raccolta delle mele terminò e Rosetta non vedeva l’ora che arrivasse il momento di fare il presepio, già aveva scelto il posto in un angolo del soggiorno lontano dalla televisione dove la mamma guardava il Grande Fratello ed un posto al sole e quando guardava quelle cose, nessuno la poteva disturbare…Dopo le abbondanti piogge di metà novembre, il tempo si era ristabilito e , viste le belle girnate di cielo sereno e soleggiato, il padre di Rosetta inizio’ il lavoro di potatura dei meli, così partiva al mattino con il grosso Fendt verde, con montate le bombole dell’aria compressa, tornava a mezzogiorno per mangiare un veloce pasto, ritornava in campagna fino all’ imbrunire, alla sera, stanco andava a letto presto, dopo aver salutato la  piccola con un bacio e con un cenno ed una strizzata d’ occhio la moglie.Chissa cosa volesse poi dire , con quell’ occhiolino, il papà, pensava Rosetta mentre la mamma si affrettava a metterla a letto.Rosetta non aveva fratellini, era sola e la mamma le spiegò, una sera, che quando il papà le faceva l’ occhiolino, era perché le voleva regalare un fratellino.Lei si addormentava felice.Arrivò, finalmente, dicembre e la bambina aspettava con ansia il giorno che assieme al padre avrebbe costruito il presepio, ma i giorni passavano ed il padre continuava i lavori in campagna.Un mattino, la sua compagna di scuola le disse che il giorno dopo suo padre si sarebbe preso una giornata di permesso e, tutti assieme, avrebbero fatto il presepio e l’ albero di Natale, quando, alla sera, tornò suo papà dalla campagna, subito dopo aver cenato, Rosetta chiese conto della promessa fatta e invitò il padre a fermarsi una mezza giornate per fare il presepio.Il padre gli rispose che non aveva tempo, che aveva un lavoro urgente da finire nei campi, prima che venisse la neve… e si avviò verso la stanza da letto, poi, come gli fosse tornato in mente qualche cosa di importante, torno’ sui suoi passi, prese la giacca dall’ attaccapanni e, da un taschino, recuperò un foglietto che diede alla piccola dicendo: “Tieni e dì a tua madre che to lo legga,  ahh !,  i soldi sono nel portafoglio …”Con le lacrime agli occhi, Rosetta corse alla mamma per vedere cosa c’era scritto sul foglio, la madre spiegò che Il Comune aveva organizzato un corso per fare il presepio, che costava 30 euro e che l’ avrebbe mandata.  Rosetta ribatte’ che lei non voleva andare al corso, ma che voleva che il padre la aiutasse come aveva promesso e come faceva il padre della sua amica, corse nella sua cameretta, piangendo, e chiuse a chiave la porta, continuò a piangere fino a che dopo un poco, sfinita , si addormento’.Il giorno dopo, Rosetta non andò a scuola, disse alla mamma che non si sentiva bene, la madre la lasciò a letto dicendole che le aveva preparato la colazione sul tavolo, che lei doveva andare al lavoro e che non doveva aprire la porta a nessuno, fino a quando non fosse tornata lei alle quattro del pomeriggio. La bambina annuì dicendo alla mamma di stare tranquilla.Appena uscita di casa la madre, però, la bambina si alzo’ subito si vestì e salì in soffitta dove c’eramo le statuine del presepio del nonno. Eh sì, che se lo sarebbe fatto da sola il presepio, lei , pensava, così, quando stasera tornano mamma e papà lo trovano già fatto e mi diranno che sono stata brava. Cominciò e portare sotto in salotto le scatole con le statuine, poi prese la capanna fatta con della corteccia di larice, quanto pesava quella! Poi trovò del vecchio muschio secco e delle vecchie cassette delle mele vuote con le quali fece il piano per il presepio, come aveva visto fare dal padre dellla sua amica, con la carta di alluminio per i cibi fece un bel laghetto con la sabbia del gatto fece le stradine con la farina gialla fece il deserto e con quellla bianca la neve sulle montagne, poi ci mise gli animali le pecore nell’ erba, i cammelli nel deserto, poi mise i pastori i re Magi li mise lontani, mise la capanna con dentro il bue e l’ asinello, Maria e Giuseppe, mancava solo il Bambinello che stava nella scatola in alto sopra il grande armadio in soffitta.Era tutta sudata per quel continuo salire e scendere dalla soffitta, ma era soddisfatta e felice per quel suo presepio che le sembrava bellissimo e poi, vuoi mettere, fatto tutto da sola, ed ora sarebbe andata a prendere il Bambino Gesù, che emozione, risalì in soffitta, guardò la scatola in alto sopra l’ armadio, troppo in alto, non ci sarebbe mai arrivata… Si ricordò , allora, della scaletta nella dispensa, quella che usava la mamma quando faceva le pulizie di casa, scese e la portò con sè in soffitta, la appoggiò all’ armadio e  salì fino all’ ultimo gradino, prese, piano, piano, la scatola, e pensò: Eccolo Gesù bambino! Tirò verso di sè la scatola, ma si sbilanciò , perse l’ equilibrio e cadde all indietro, battendo con estrema violenza la testa sullo spigolo della vecchia cassapanca scivolò a terra e non si mosse più. Rimase lì, con i grandi occhi spalancati, mentre un filo di sangue le usiva dalla bocca socchiusa e le scendeva fino al mento.La scatola si era aperta ma la statua del Bambinello non si era rotta,  era rimasta fra le braccia aperte di Rosetta, come in croce .Il suo  presepio, Rosetta, però, lo aveva fatto !
Nomi, fatti, persone e località di questo racconto, sono di pura fantasia e del tutto casuali.
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MISHIA THE OGRE ( Mishia l’ orco )
Una fiaba per Natale
di   Bruno Agosti
Si chiamava Mishia, e viveva in un piccolo paese della Serbia, tanto piccolo da non risultare nemmeno censito sulla carta geografica. Ovil, infatti, appariva solo sulle mappe militari che Mishia conosceva bene per via del servizio  prestato al tempo di Milosevich e della grande Serbia.In quella guerra, maledetta, aveva perso l’ uso del braccio destro ed era anche rimasto semicieco, quando la granata aveva fatto strage dei suoi commilitoni e solo lui era rimasto vivo, gravente ferito, ma vivo.  Si diceva di lui, che fosse un fanatico cultore del generale Vladich, e che durante la guerra avesse anche preso parte attiva allo stupro etnico delle donne di fede mussulmana, ma questo non fu mai provato, ed anche il tribunale per i diritti umani dell’ Aja lo assolse con la formula del dubbio, forse, anche per questo, la gente da quel giorno lo chiamò “ l’ orco “.Dopo il proccesso e la sua scarcerazione, al  ritorno al  paese, si era formato un capannello di folla pronta a fere giustizia sommaria del “fascista” e criminale Mishia, solo il provvidenziale intervento di un blindato dei Carabinieri italiani, che pattugliavano la zona per conto dell’ ONU , sparando in aria, allontanarono la folla e caricarono di peso sul mezzo il terrorizzato Mishia.Per un bel periodo di tempo, rimase  chiuso nella sua casa, al numero 17 del paesino, un attico a piano terra, ben arredato, con all’ ingresso i cimeli di una guerra perduta e nel soggiorno un grande ritratto di Milosevich. Non era cattivo, Mishia, era solo un uomo solo, che il destino aveva coinvolto in una tragedia più grande di lui, con le sue scelte politiche di etrema destra, si era attirato la diffidenza di molta gente ed il palese boicottaggio di altri, era stato, di fatto, escluso dalla vita politica ed amministrativa del piccolo paese di Ovil, ma a lui questo, non importava più di tanto, lui era rimasto fedele ai vecchi camerati ed al comandante Vladich e non ne faceva mistero con le poche persone che si fermavano a parlare con lui.Aveva una grande passione che coltivava fin da ragazzino, quando era stao a scuola dai monaci ortodossi per un periodo di quattro anni, aveva cominciato li’, infatti, a scrivere le prime poesie ed i primi racconti che la penna e la fantasia di un bimbo di otto anni, ora si dilettava a scrivere delle poesie e dei racconti di buona fattezza letteraria, che pochi, però in paese capivano, ma che fuori avevano avuto un buon successo di critica. Non era sposato, ma diceva di avere una figlia in un paese lontano, e  le comari del paesino, avevano costruito attorno la favola che la figlia lontana, altro non fosse che il frutto pribito dello stupro etnico, ma non c’è mai stato modo di appurare la verità.Al suo suo ritorno a casa, dopo la guerra, era stato solo per un periodo di tempo, poi aveva conosciuto una vedova di un paesino vicino ed aveva cominciato a frequentarla, la gente diceva che questa donna beveva ed era quasi sempre ubriaca, ma lui scrollava le spalle e sorrideva, perche’, diceva, che per lui andava bene cosi’, che per lui gli bastava, perche’ riusciva a capirlo, nonostante i sui tanti difetti ed i suoi problemi fisici e era capace di dargli tutto l’ amore e la compagnia di cui aveva bisogno e che altre donne non avevano mai saputo dargli.Naturalmente, per la gente bigotta e clericale di quel pesino sperduto tra i monti, tutto questo era fonte delle più disparate dicerie e piccanti allusioni erotiche, ed anche la signora, venne così fatta bersaglio delle chiacchiere e del perbenismo ipocrita della gente bene, e venne isolata da tutti ed indicata come un cattivo esempio da non imitare mai.Lui, continuava imperterrito, nonostante le dicerie, a frequentare la sua donna, lo si vedeva camminare verso il paesino, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per andare dalla sua donna, da quella donna, che a suo dire, gli dava tanto affetto e tanto amore.Un giorno, la donna venne trovata morta in casa, fu per lui una perdita grandissima, gli era venuto a mancare la presenza di una compagna che lo capiva e lo amava, ora lo si vede, di tanto in tanto, con un mazzo di rose rosse entrare nel piccolo cimitero di quel paesino, dove non sfugge nulla alle comari che guardano da dietro le finestre dalle persiane socchiuse, lo scorrere dolla vita altrui, ignare del tempo perduto per la loro, e deporre le rose sulla sua  tomba, dopo una frettolosa preghiera.Il tempo non si ferma, ma ti trascina appresso, ed ora, in eta’ non più giovane, Mishia, continuava a scrivere le sue poesie ed i suoi racconti, con il suo stile schietto ma a tratti anche dolce, un giorno, per ovviare alla sua pesante solitudine, decise di iscriversi a Facebook, e timidamente si affaccio’ ad un mondo che gli apparve  fin da subito strano e quasi incomprensibile, tanta , troppa gente che scriveva delle futilità o che semplicemente copiava e metteva in rete foto o scritti fatti da altri o addirittura delle pesanti volgartà.Decide allora di uscire da quel mondo che non gli apparteneva, ma prima di farlo, venne attratto dalla pagina di un suo cantante preferito degli anni 60, ed andò a visitarla, li’ assieme a tante canzoni ed a tanti commenti, ne trovò uno, struggente, di una domna che aveva perso il suo uomo in guerra, in quella guerra maledetta che gli aveva rovinato l’ esistenza.Decide, allora, di fare un ultimo tentativo e di chiedere l’ amicizia a quella donna così dolce nel linguaggio, così simile ai personaggi femminili delle sue poesie e dei suoi racconti, la donna, che abita lontanissimo da lui, accetta l’ amicizia , che si rivelerà , poi, essere una grande e sincera amica che gli darà tanta fiducia nella vita e tanto tanto affetto.I due, infatti, si scrivevano tutti i giorni, raccontandosi le loro storie personali, i loro amori perduti ed i loro sogni per il futuro, poi decidono di sentirsi anche per telefono rafforzando così quel bel sentimento di amicizia pura, senza interessi o passioni, che a volte nasce spontaneamente tra uomo e donna.Rinfrancato da questa nuova amicizia, si rimette di lena a scrivere le sue poesie ed i suoi racconti, nella qusi totale incomprensione ed indifferenza dei suoi compaesani di Ovil, pur avendo lui tentato di aprire un dialogo con la comunità dove abita che si rivela inutile per le tante incomprensioni e resistenze legate soprattutto al suo passato di ex combattente.Un episodio in particolare, segna la definitiva rottura con il mondo delle istituzioni e delle associazioni del suo paese, un giorno chiede la collaborazione di un’amica per disegnare delle rose per una cerimonia in memoria dei camerati morti, la signora accetta ed in cambio Mishia scrive per lei una poesia, ricordando la sua bellezza giovanile, il suo fascino erotico.Riporto qui, la traduzione della poesia
VALENTINE
Bella, dai neri capelli,dolce, il volto di donna,fascino gli occhi suoi belli,amore eterno di mamma.
Erotico sogno, la notte,dolce pensiero , proibito,frasi d’ amore, non dette,al sorger del sole perduto.
Folata di vento, impetuoso,che le vene traggon al cuore,uno sguardo, rubato, un sorriso,comunque, anche questo è amore…
Ritratto di un prato in fiore,dolcezza del fuoco, la sera,una rondine in cerca d’ amore,intenso profumo di primavera.
Occhi che sempre han sognatoun cerchio di vita, profondo,ma acqua di stagno han trovanocon dentro, riflesso, il tuo mondo.
Da notare in questi versi, l’ intensità del ricordo della giovinezza, la dolcezza dovuta ad una donna e a una mamma, e la franchezza del linguaggio quando si parla dell’ eros.
Tutto questo viene interpretato dall’ amica come una richiesta esplicita di sesso, come uno che ci ha provato, e questa , offesa se ne và e  fa recapitare al confuso ed imbarazzato Mishia, un biglietto dove  lo accusa di  essere un lupo che aspetta Cappuccetto rosso, e di navigare nel torbido ed essere come una palude ed una sabbia mobile che inghiotte le ignare donne.Con una lettera, gentile, ma decisa, Mishia si scusa con l’amica, ma la allontana definitivamente dalla sua vita e poi decide di chiudere definitivamente con la gente del suo paese.Alla donna, poi, risponde dedicandole, com ultimo ricordo, anche una sua poesia che qui riporto .
AMAREZZA
Tra le mani, foglie d’un autunno, amaro,inutili pagine di un libro chiamato vita,rose dal tempo, che non leggo più,è finito l’ attimo del pensiero puro.
E il  vento, sfoglia, adagio, le pagine,a rinverdire il ricordo di chi non c’è più,e l’ amaro ti entra, dagli occhi, al cuore,ma è finito anche il tempo di sognare…
Attendo,sereno,  che adagio, adagio,il vento legga sul libro, la parola fine.Avrei ancora un sogno, un desiderio,vorrei che si chiudesse, quando è maggio.
Resterà di me, un libro, forse un fiore,ad aspettarmi, in cielo, una donna bruna,pregherà per me, una bimba lontana,e Dio dirà, che anche questo è amore…
Da notare, in questa poesia, la dolcezza del linguaggio usato per esprimere tutta l’ amarezza di un pensiero non capito dagli altri, l’ amarezza di una vita vissuta ai margini della società civile, non compresa in tutte le sue forme e la sua bellezza e, perfino , definita inutile.Alla fine, però, si può cogliere un barlume di speranza, quando il pensiero và alla donna che ha amato ed alla figlia lontana, e il sogno che il libro della vita si chiedesse a maggio, quando ci sono i papaceri, e la speranza che Dio trovi in tutto ciò l’ amore per farlo entrare in cielo.
L’ inverno di quell’ anno, fu particolarmete freddo e con tanta neve che si era accumulata ai lati delle strade e che ricopriva di bianco i campi e i tetti, dando una conformità monocromatica a tutto il paesaggio, un bianco accecante che per gli occhi malati di Mishia aveva effetti devastanti. Eppure, a lui la neve piaceva, gli ricordava la sua giovinezza, quando con gli amici andava a slittare per le vie, allora deserte del paese, giù, giù, fino al vecchio ponte sul torrente, senza incontrare un’automobile… Che bei tempi erano quelli, quanto tempo era passato, allora ci vedeva bene, non come ora che era costretto a camminare a tentoni, con la paura di cadere dal marciapiede.Ora anche i ragazzini non sono più quelli di un tempo, sono più spavaldi, più strafottenti, ma non faceva caso alle palle di neve che gli tiravano, quello che più lo feriva nel profondo, era quando lo appellavano con il nome di Orco, allora si arrabbiava, ma non li poteva vedere, sentiva solo delle voci che lo chiamavano e poi ridevano.
Era la vigilia di Natale, e Mishia si avviò , lento, verso il paese, per fare dellle compere, entrò prima nella farmacia del borgo e con la ricetta in mano si fece dare le gocce di Valium che il dottore gli aveva prescritto per poter dormire la notte, lontano dagli incubi della guerra che lo tormentavano con i ricordi dei massacri e delle violenze che aveva visto e compiuto, e si diceva sempre : - la guerra è guerra, però… -Dalla farmacia, passò rapidamente al negozio di alimentari e poi dal macellaio, almeno il Natale lo voleva festeggiare bene anche lui.Comprò anche un panettone ed una bottiglia di vino buono e una di vodka russa, come quella che davano in guerra per dare coraggio o togliere la paura al sodato.Finite le compere, mise tutto nel suo zaino militare, se lo mise in spalla e riprese la strada di casa.Decise di non prendere la strada prncipale, ma di passare per la stradina tra i campi, c’ era da calpestare la neve, ma almeno avrebbe evitato quei dannati ragazzini !Arrivato alla curva della croce, dove poi la strada taglia per casa, che quasi gli sembrava di intravederla dalle lenti un po’ appannate per il fiatone che gli era venuto, una scarica di palle di neve lo investi’ in pieno e lo fece cadere a terra tra la neve, ecco di nuovo i ragazzini, quei terribili ragazzini che l’ avevano visto cambiare  strada e lo avevano preceduo passando per i campi .Ed ora al grido orco, orco, continuava il tiro delle palle di neve, che gli sembrava di essere tornato in guerra, come per istinto cercò di imbracciare il fucile, per difendersi, ma il braccio ferito non si mosse, e poi non era più in guerra, quella era finita da anni… Senti’ un liquido freddo che gli scendeva dallla schiena, pensò che non era sangue perché il sangue è caldo, era il vino che usciva dalla bottiglia che si era rotta, ed aveva pagato ogni cosa all’ interno dello zaino, pazienza, pensò addio pranzo di Natale.La bottiglia di vodka però non si era rotta, quella era più robusta, un vetro bello grosso, quella aveva resistito. Provò a pulirsi gli occhiali per vedere meglio, ma si accorse che erano spariti nella neve, tastò piano attorno con le mani, ma non li trovò, provò allora a rialzarsi ma non ci riusciva perché la neve era troppo alta e continuava a scivolare.Riprovo’, ma non ci riuscì, allora pensò di chiamare aiuto, ma poi si ricordò che li’ vicino c’ era il quartiere mussulmano, che cosa avrebbero fatto se lo avessero riconosciuto ? Lui , l’ orco, lo stupratore delle loro donne, quasi un boia… però non aveva alternative, o chiedere aiuto o morire assiderato la vigilia di Natale, allora chiamò aiuto con tutto il fiato che aveva, forse avrebbero sentito forse avrebbero capito, forse lo avrebbero aiutato…La mamma aveva mandato Jasmina a prendere della legna nel legnaio all’ esterno della casa e mentre riempiva il cesto, gli parve di sentire una voce lontana chiedere aiuto, si fermò un attimo ad ascoltare meglio ed il grido si ripeteva, proprio nella direzione della curva della croce, allora lasciò la legna ed attraverso il campo raggiunse la strada e segui’ il lamento fino a quando non trovò l’ uomo steso a terra.Jasmina non conosceva il vecchio non sapeva della guerra, degli stupri, era troppo giovane per sapere, disse a Mishia che sarebbe andata a casa a chiedere aiuto a suo padre, ma lui rispose che era meglio di no e che sarebbe bastato se lo avesse aiutato a mettersi in piedi, allora, con tutta la forza che lei aveva in corpo, la ragazzina aiutò l’ uomo a rialzarsi e lo accompagnò fino a casa sua che distava poche decine di metri.Giunti a casa, Mishia, accese la luce dell’ ingresso, ed un bel calduccio venne incontro ai due, si pulì dalla neve e si rimise gli occhiali che la ragazzina aveva recuperato nella neve, li puli’ dal vapore e Jasmina gli apparve, poco a poco, come un angelo, di quelli che lo guardavano dal soffitto della chiesa dei monaci tanti anni fa, e le lacrime cominciarono a scendere dagli occhi al viso, accarezzo’ la bambina, lentamente, poi apri’ un cassetto della sua scrivania dove aveva il computer acceso sul profilo di fb dell’ amica lontana,  prese un mazzo di banconote a caso li mise tra le mani della ragazzina e gli disse : BUON NATALE !Lei rispose : Grazie, ma per noi non è Natale, è un giorno come un altro…Uscì e si diresse di corsa verso casa tenendo il denaro stretto tra le mani.La notte, Mishia, non riuscì a dormire, sentiva dolore al braccio malato per via della caduta e quando riusciva a prendere sonno, dopo un attimo gli ritornavano in mente episodi di quando era in guerra, incubi che lo perseguitavano fin dal ritorno e che certe notti ritornavano a disturbargli il sonno.Quanto era diverso quando poteva dormire accanto allla sua amata donna, quanta dolcezza e quanto amore. Un’esplosione fortissima seguita da  una insistente e lunga raffica di mitragliatrice, urla strazianti di gente ferita i rantoli dei moribondi… sentiva un dolore forte al braccio destro ed il caldo del sangue che scivolava giu’ dalla spalla, si svegliò urlando: - Sono ferito, sono ferito ! - . Un altro incubo, ma il dolore al braccio era rimasto molto forte, non poteva prendere dell’ altro Valium, ne aveva gia preso 20 gocce.Era la notte di Natale, si ricordò di Jasmina la ragazzina mussulmana che lo aveva aiutato la sera prima… ma come per loro non è Natale ? Pensò, già loro credono in un altro Dio, Allah . Ma il mio, che razza di Dio è ? Ma cosa fa per me il mio Dio ? E dov’ era quando sono caduto ?  Sono solo, vecchio malato e quasi cieco…Lo sguardo si posò sulle zaino ancora tutto bagnato di vino, il contenuto tutto da buttare perché il cibo si era riempito di schegge di vetro della bottiglia rotta, solo la vodka russa si era salvata era l’ unica cosa che aveva per Natale, ma era un Natale questo ? Guardò dalla finestra e vide le luci del grande albero in mezzo alla piazza del paese e la grande scritta che lampeggiava ed  augurava Buon Natale a tutti ! Ma quale Natale, ma a chi gli auguri… e cosa mangio io oggi che non ho niente, ma è una vita da vivere questa ???Allora si alzo’ dal letto, come faceva spesso quando non riusciva a dormire, e accese il computer, andò su Facebook come faceva di solito prima di mettersi a scrivere, e trovò tante notifiche, un messaggio ed una richiesta di amicizia. Chi mai poteva essere che chiedeva l’ amicizia ad uomo come lui, ad uno che la gente chiamava “ orco “ , andò subito a guardare chi fosse e con grande sorpresa vide che era Jasmina, accettò subito la sua amicizia e scrisse sulla sua bacheca : Grazie, piccola, te ne sarò grato …- poi con frenesia aprì il messaggio, era la sua amica lontana che gli aveva mandato un grande cuore rosso con dentro scritto Buon Natale !Poi guardò le notifiche, erano tanti amici lontani che gli auguravano Buon Natale, era soddisfatto nel vedere tante persone, sia pur lontane, gli manifestavano affetto, ma quello che più gli aveva fatto piacere , era l’ amicizia, inattesa di Jasmina. Prese allora una busta la riempi’ del denaro rimasto, poi prese un foglietto e scrisse velocemente pohe righe, lo piegò in due e lo mise nella busta, la chiuse ed andò sul profilo di Jasmina e copiò il suo indirizzo sulla lettera, l’ avrebbe spedita il primo giorno che fosse andato in paese, intanto la ripose sul tavolo vicino alla vodka.Era ancora notte fonda ed allora decise di terminare il racconto che stava scrivendo e che aveva iniziato da parecchio tempo, si intitolava Una fiaba per Natale.Cominciava ad albeggiare,quando terminò il racconto, un mattino freddo e stellato, era Natale. Aprì la porta, che aveva chiuso a chiave la sera prima, un attimo, ma la richiuse subito, un freddo pungente lo investi, impossibile  tornare al paese con questo freddo,allora prese la bottiglia di vodka , la aprì e ne versò un dito nel bicchere, non si  sarebbe ubriacato il giorno di Natale, non gli sembrava giusto.Si sedette sulla poltrona vicino al fuoco e ne sorseggiò un goccio, posò  il bicchiere e rimase a guardare il fuoco che ardeva deciso, era stanco per la notte insonne, ma era sereno e forse il Valium cominciava il lavoro, così, senza accorgersi, si addormentò.E ritornarono i sogni, belli, della sua giovinezza, quando correva felice tra i campi di papaveri, l’ austero monastero la saggezza dei monaci, quanto aveva imparato da loro ! Gli avevano insegnato a vivere una vita libera ed onesta, il rispetto per gli altri…Sognò poi la figlia che non vedeva da tempo, come era diventata grande ! Era una bella signorina bionda.Lui quella donna non l’ aveva stuprata, lui si era innamorato di lei e la andava a trovare di nascosto, con il rischio che se lo avessero scoperto, lo avrebbero fucilato. E finita la guerra aveva sempre inviato del denaro per mantenere la piccola.Giocavano assieme, lei e Jasmina, una con i capelli neri e l’ altra biondi, un turbinare di gonne una musica di risate e di allegria. Poi sognò l’ amica lontana, aveva cambiato la foto del profilo, quanto era bella … e che occhioni neri .Non sentiva più neppure male al braccio malato, un po di freddo si, quello lo sentiva, ma dopo sarebbe andato dalla sua donna, e quella si che sarebbe stata in grado di scaldargli il cuore, lei si che sapeva fare all’ amore !Ed un sorriso di grande dolcezza gli illuminò il viso, come una ruga più profonda che gli scendeva dagli occhi alle labbra e gli dava una strana espressione di serenità.Jasmina, si alzò verso le nove, si ricordò di Mishia ed accese subito il pc, andò su Fb e trovò subito l’ amicizia accettata del vecchio ed era pure on line, allora gli scrisse un breve messaggio per chiedergli come stava, ma non ricevette risposta,aspettò una mezzoretta e poi torno’ al computer ma il vecchio non aveva risposto, riprovò ancora una volta senza esito.Jasmina aveva raccontato al padre del vecchio Mishia, dei ragazzini che lo avevano fatto cadere, di come lei lo avesse aiutato, e poi tolse dalle tasche il denaro che Mishia le aveva regalato, quanti soldi fruscianti, tanti che in tutta la vita nemmeno aveva visto,Ma non è che li hai rubati ? Chiese severo il padre a Jasmina, - Ti dico che me li ha regalati, perché per loro è Natale e si usa cosi’- ribatte la piccola. E non aveva niente da mangiare, che gli si era riempito tutto di vetri rotti- riprese, ed aggiunse che aveva male al braccio ferito e che secondo lei bisognava chiamare i soccorsi, ma  si guardò bene dal dire che aveva l’ amicizia su Fb con Misha.  Il padre , guardò nuovamente il denaro, quella inaspettata fotruna, poi prese il telefono e telefonò alla vicina gendarmeria.
Era quasi mezzogiorno, quando arrivò l’ ambulaza della mezza luna rossa, scortata dal blindo dei carabinieri, che si fermo’ davanti alla porta della casa di Mishia, mentre l’ ambulanza venne fatta fermare più lontano, dal blindato scesero velocemente quattro militari tre di loro presero posizione attorno alla casa, ed il cecchino si appoggiò con il fucile al mezzo. Il capitano, pistola in pugno, si avvicinò alla porta della casa di Mishia. Correva voce, infatti, che il vecchio Mishia fosse in possesso di un arsenale di armi recuperato dopo la guerra, e di casse piene di munizioni, meglio quindi stare attenti e prendere le precauzioni del caso. Il mitragliere del Lince, aveva messo il colpo in canna ed aveva girato l’ arma verso la casa di Mishia. Il capitano tirò fuori la pistola e si avvicinò alla porta di casa rasentado il muro, fino al campanello che suonò con insistenza alcune volte, ma nessuno rispose. Allora fece un cenno e due militari si avvicinarono alla porta con il fucile spianato e con un calcio l’ aprirono, il capitano entrò da solo, con la pistola in pugno, ma dopo un attimo uscì con in mano una busta, ripose la pistola nel fodero e diede ordine ai militari di ritornare tutti al Lince. Prese poi la radio e comunicò in inglese con l’ equipaggio della mezza luna rossa, che si avvicinò rapidamente.
Intanto attorno ai due mezzi di socccorso, si era radunata una piccola folla di curiosi, gente che veniva dalle vicine case, convinti che i militari fosssero venuti per arrestare nuovamente il vecchio, tra loro c’ era anche Jasmina che aspettava ansiosa gli sviluppi di questa storia. Il capitano si avvicinò allora alla folla dei curiosi, alzo’ la busta verso il cielo e disse -. – Chi è Jasmina ? La ragazzina si fece largo tra la gente che mormorava, e si avvicino, tremante, al militare che l’ aveva chiamata.Hai un documento di riconoscimento?- chiese. La ragazzina tirò fuori dalla tasca un documento un po’ sgualcito, ma ben leggibile, anche la foto era la sua…Il carabiniere consegnò a Jasmina la busta che aveva aperto per un normale controllo, dicendo ad alta voce, perché tutti i presenti lo sentissero : - Tieni ragazzina , sei diventata ricca ! -  Assieme al denaro, infatti, c’ era anche un foglio di carta con scritto : “Lascio tutto ciò che possiedo a Jasmina Tauizzi, per il bene da lei ricevuto”.Che il tuo Dio ti protegga sempre. Misha jlovich. Natale 2011.
Fatti, persone, nomi, località di questo racconto, sono di pura fantasia e del tutto casuali.
Copy2011 -  

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