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Dum Romae consulitur, Cortina expugnatur

Creato il 12 gennaio 2012 da Winged_zephiro

In tempo di persecuzioni fiscali anche la rete è contagiata dal panico morale dell’evasore, ora la caccia si estende anche ai social network e ai blog dove la frustrazione epidemica dei tartassati, provvidamente purificata nel lavacro del moralismo cattolico e ovviamente giustificata dalle esortazioni pareneticheDum Romae consulitur, Cortina expugnatur istituzionali, si può finalmente trasmutare in lotta di rivalsa contro chi per scaltrezza personale o fortuna professionale riesce a fuggire lo Stato esattore, lo stigma della delazione assurge nel superforo virtuale ad atto lodevole e doveroso. Divide et impera, questa è l’astuzia dei tiranni che mettendo in un popolo gli uni contro gli altri si assicurano il potere, mentre lo Stato moderno si fonda con Hobbes per impedire il conflitto di tutti contro tutti, col governo dei finanzieri cattedrati lo stesso Stato si serve invece di tale conflitto per prosperare, unico fra tutti nell’equità formale ma irreale della miseria distribuita. Che la colpa della presente crisi e dell’ipertassazione attuale sia in toto o in gran parte degli evasori fiscali è un assunto indimostrabile secondo la moderna logica finanziaria, lo Stato non tassa perchè i cittadini evadono le sue imposte, ma al contrario i cittadini evadono perchè lo Stato tassa le loro entrate senza dare in cambio benefici commisurati al sacrificio compiuto, il che fa scattare la fuga dal penitenziario erariale per chi non è legato alla catena di un salario. Le nostre tasse sono gli spiccioli del caffè della grande finanza mondiale, elettrice di Monti e vera responsabile di questa crisi, ora si vogliono pagare pure le brioches di asburgica memoria sguinzagliando un’armata di pubblicani inquisitori e missi dominici con licenza morale di atterrire i restii a versare il consistente obolo del suddito. In tal modo Cortina e Portofino divengono nell’immaginario comune le roccaforti di un’oscura ingiustizia, da espugnarsi in ogni modo per acquietare l’ira della plebe, per la quale mal comune è mezzo gaudio.



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