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dunque

Creato il 18 aprile 2010 da Eratostene
Mercoledì, Lumière: Sauve qui peut (la vie) (Francia-Svizzera 1980), preceduto da Quelques remarques sur la realization et la production du film Sauve qui peut (la vie) (Svizzera 1980) di Godard. Molto interessante il secondo, un blob godardiano di introduzione al film, con un flusso di coscienza sull'uso della musica e dei rallentati nel film (per esplorare una diversa percezione e fruizione dell'immagine e della narrazione); molto poetico (in senso godardiano) il finale, con la sovrapposizione di un'ipotetica immagine finale del film, con dissolvenze incrociate su un prato verde e un'orchestra durante un concerto, con la musica che chiude il film e riporta noi spettatori "dans l'enfer" che ci circonda.
Lo stesso vale per il film vero e proprio, che ha più la forza di un esperimento, di un saggio sull'immagine e la narrazione cinematografica. Esiste una trama, ma è svuotata e ininfluente, ciò che conta sono la riflessione sul tempo (con i ralenti), sulla musica in opere cinematografiche (i personaggi che si domandano da dove venga la musica che sentono, che costituisce la colonna sonora; nel finale un'orchestra di violini suona nel vicolo dove passano madre e figlio, come già nel finale del corto precedente), sui rapporti umani, sulla condizione femminile (la prostituta Huppert) e sulla pornografizzazione-mercificazione inarrestabile della contemporaneità. Momenti bunueliani alla stazione ferroviaria: la macchina di formula uno col pilota che scende, imbuca una lettera e riparte; il treno che passa e copre le voci dei protagonisti.
Giovedì, Rialto: Il profeta di Jacques Audriard (Francia-Italia 2009). Film eccellente, coinvolgente e di denuncia della condizione carceraria (siamo in Francia, ma potrebbbe essere l'Italia). Malik El Djebena, ragazzo 19enne, arabo-francese cresciuto in orfanotrofio, scala la malavita francese servendosi prima della malavita còrsa (il cui boss Luciani lo sfrutta violentemente): un'"educazione sentimentale" che lo porta ad uscire di prigione atteso dalla sua nuova compagna ('ereditata' da un suo amico di carcere morto di tumore) e scortato da tre macchine di scagnozzi (una scena stupenda che mi ricorda il finale di Mystic River). Scene violentissime e agghiaccianti (penso alla cella d'isolamento), fotografia giustamente livida e cupa, istanti di vita carceraria, dove chi ha potere lo mantiene tramite la corruzione e l'esercizio quotidiano della forza. Peccato solo non averlo visto in lingua.

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