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Non fosse stato il piccolo incidente stradale forse non se ne sarebbe mai veramente accorta: o più semplicemente non avrebbe ritenuto necessario porre rimedio a quella leggera sordità che la relegava in una soffice oasi ovattata di indeterminazione oltre la quale sorrideva lietamente a parole di cui non le giungeva il significato.
Non aveva sentito il clacson che l’avvisava del pericolo, e si era ritrovata quindi addosso alla macchina che veniva in senso contrario: più spavento e sgomento che veri danni, tanto che se non ci fosse stato il vigile si sarebbe limitata a eseguire il rito dello scambio degli estremi con un altrettanto sgomento e spaventato interlocutore, ma tant’è, il vigile era apparso e nel sonnolento pomeriggio di provincia s’era messo in mezzo, realizzando che la signorina aveva un problema d’udito.
Vergognosa di raccontarlo in giro, in quell’ambiente piccolino nel quale aveva la sensazione che tutti sapessero troppo di tutti, si era limitata a spostarsi nella grande città, prendendo appuntamento con chi, dopo pochi giorni, le aveva fornito un apparecchio invisibile, impalpabile e perfettamente adatto alla bisogna, di quelli che non si vedevano sotto i capelli: inforcato come un paio di occhiali se l’era riportato a casa, pronta a goderne i benefici.
Che poi, per dirla tutta, di benefici non ne aveva una così stretta necessità; non amava la musica, non guardava il televisore, ed era di natura taciturna: il suo tempo era scandito dalle cure di un piccolo giardino, dalla lettura, dalla compagnia dei gatti e soprattutto dalla creazione di manicaretti, conserve e marmellate nella grande cucina di una casa piccolina con la finestra aperta sul ronzio delle api nella lavanda o chiusa sulle nebbie autunnali.
Con il passare del tempo, però, quello che avrebbe dovuto essere un vantaggio diventava sempre di più una fonte di imbarazzo: Maddalena, così si chiamava, iniziò a sentire tutto quello che veniva detto in sua presenza con l’indifferenza di chi pensava che lei non potesse sentire.Non mancava niente all’appello delle cattiverie: dal suo antiquato modo di vestire, che non teneva conto delle mode, al taglio incerto dei capelli che teneva raccolti in una treccia. Anche l’amore per i gatti veniva censurato come mania di zitella, e l’abilità nella produzione in cucina commentata come il risultato di troppo tempo senza un uomo nel letto.
C’era anche il gusto feroce di fare della maldicenza in faccia a chi si limitava a sorridere e annuire?
Era difficile per Maddalena comportarsi diversamente, o far capire senza arrivare a una rottura furibonda che i commenti che si pensavano segretati da un udito imperfetto arrivavano invece forti e chiari a quell’apparecchio: era arrivata a temerlo, il supporto acustico, e a non saperci rinunciare.Da un lato ne odiava la perfezione che le piantava nel cervello certi sarcasmi, dall’altro ormai pensava che li avrebbe cercati nel labiale dei conoscenti, rodendosi di dubbi, e in lei si andava sempre più accumulando la rabbia sorda e feroce dei vilipesi e dei miti, crescendo sempre più ad ogni cattiveria neanche tanto sussurrata.
Arrivò così, tra sussurri e frasi sin troppo chiare, la sagra del paese: l’appuntamento annuale che oltre a prevedere la processione di una Madonnina dai presunti poteri taumaturgici vedeva sotto il tendone allestito per l’occasione la cena di tutto il paese riunito per festeggiarla.Come poteva mancare a quell’occasione sociale al quale tutti avrebbero partecipato la timida Maddalena dall’udito poco fine, e come potevano soprattutto mancare i manicaretti che ammaniva a tutto il paese, lavorando fino ad avere le braccia tremanti e le gambe irrigidite di tensione?
Fu il suo trionfo, quella festa: un’apoteosi di sapori dell’orto e del frutteto trasformata in torte, timballi, salse e delicatezze da perderci la testa. Un peccato che il preparare tante cose l’avesse ridotta a uno straccio con lo stomaco in disordine, impossibilitata anche solo ad assaggiare.Un vero peccato, ed anche una fortuna: il botulino non perdona.
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