Due stagioni ricche di soddisfazioni. Due stagioni che hanno visto il rilancio in grande stile di uno dei teatri più importanti d’Italia: il Duse di Bologna. Un progetto di alto profilo manageriale che, a partire dall’estate del 2011, ha coinvolto sei imprenditori da anni attivi nel panorama teatrale italiano: Walter Mramor (a·ArtistiAssociati di Gorizia), Livia Amabilino (La Contrada – Teatro Stabile di Trieste), Berto Gavioli (Teatro Michelangelo di Modena), Giovanni e Filippo Vernassa (December Sevens Duemila Srl e Teatro EuropAuditorium di Bologna), Stefano Degli Esposti (Dems Teatro Srl). Un progetto rivelatosi vincente come testimonia anche il cartellone 2013-2014 che si presenta ricco, diversificato e senza alcun dubbio all’altezza della tradizione del Duse. La nuova stagione di prosa vedrà salire sul palco grandissimi interpreti come, solo per citarne alcuni, Michele Placido e Pierfrancesco Favino, Alessio Boni e Stefano Accorsi. Ovviamente non ci saranno soltanto spettacoli di autori classici e contemporanei ma avremo spettacoli comici, di drammaturgia contemporanea, di danza internazionale, di impegno civile, di musica e varietà. In tutto quasi cinquanta titoli che, dopo due anni di successi, si propongono la finalità di rappresentare il coronamento del progetto artistico che la Teatro Duse Srl ha prospettato nel 2011, con le sue scelte volte ad una programmazione completa ed eterogenea che desse voce ai molteplici linguaggi e alle diverse tendenze del teatro italiano, salvaguardando il pubblico che ama il teatro di tradizione e creando un “nuovo pubblico” desideroso di spettacoli diversi dalla prosa classica. Nell’imminenza dell’apertura della stagione cogliamo l’occasione di porre alcune domande a Filippo Vernassa e Berto Gavioli, due dei manager alla guida del pool di imprenditori che gestiscono il Duse.
Dopo questi primi due anni di gestione, qual è il bilancio che si può stilare sulla nuova vita del Teatro Duse?
Filippo Vernassa: «Il bilancio è senz’altro positivo per il fatto che abbiamo raggiunto in due stagioni gli obbiettivi che ci eravamo prefissati di raggiungere in tre. La gestione di un’impresa teatrale è un percorso impegnativo, ma lo stimolo all’attività di rilancio della struttura in qualità di imprenditori teatrali è stata supportata dai sorprendenti risultati in termini di affluenza di pubblico: se mi consentite una metafora il pubblico di Bologna e della regione ha riscoperto e riabbracciato il proprio teatro».
Nell’ottica del progetto a lungo termine, che vi siete prefissati quando vi siete “imbarcati” in questa coraggiosa avventura, a che punto pensate di essere arrivati, e quali errori, se ce ne sono stati, non commettereste più?
Berto Gavioli: «Riteniamo di essere sulla strada giusta. La gestione ha trovato ottimi equilibri e bravissimi collaboratori, vero punto di forza. Quello che manca è un adeguato rapporto con le istituzioni pubbliche, ma questo non dipende da noi. L’errore che non commetteremmo più sarebbe quello di assegnare troppa importanza a questi rapporti, non lo meritano».
Dopo la precedente esperienza dolorosa di E.T.I., e sulla base della vostra attuale esperienza, pensate che oggi solo il privato possa fornire quelle risposte, anche in tema di redditività, che possano garantire la sopravvivenza dei teatri e della cultura in Italia?
FV: «Sicuramente ragionare in modo privatistico sull’impresa teatrale può essere in sintonia con il ridimensionamento dell’intervento pubblico nel settore cultura, un sistema ancorato a criteri valutativi anacronistici che ha determinato un lento collasso di tutto il sistema teatrale. L’auspicio per gli anni a venire è che il legislatore emani una legge sullo spettacolo dal vivo, che manca da sempre, e che possa ridefinire in termini di qualità della proposta artistica e di efficienza dell’impresa teatrale tutto il sistema. Pubblico e privato potranno convivere piastrellando insieme la strada per il futuro del teatro italiano».
Come pensate che il pubblico possa comunque intervenire e venirvi incontro e in cosa si potrebbe concretizzare questo intervento?
BG: «Un progetto culturale per la città che tenga conto dei diversi soggetti esistenti sul territorio. Un equilibrio nella distribuzione delle risorse e un abbattimento degli sprechi che hanno divorato intere strutture. E rompere gli schemi di appartenenza come garanzia di sopravvivenza».
Quali sono le strategie ed i progetti ancora nel cassetto, nel breve e nel medio-lungo termine, per garantire il processo di crescita e di consolidamento del Duse come teatro di riferimento per la cultura della città?
FV: «La prima cosa è stabilizzare definitivamente il progetto imprenditoriale Duse attraverso anche un sostegno da parte delle Istituzioni pubbliche locali basato sugli effettivi risultati ottenuti da questo teatro, non solo in termini di affluenza di pubblico ma anche di valore economico-culturale riversato sul territorio. In secondo luogo è necessario che il rapporto tra il teatro e la città diventi ancora più sinergico grazie ad attività e collaborazioni con associazioni, scuole di teatro e università, progetti che sono già stati intrapresi e che puntiamo a strutturare in modo organico».
Il rapporto diretto tra attore e pubblico, carattere ineludibile del teatro, è qualcosa che, nella passata stagione, avete cercato di consolidare grazie agli incontri, prima della rappresentazione, tra registi ed interpreti e gli spettatori: anche quest’anno proseguirete nello stesso solco, magari con qualche ulteriore, nuova, iniziativa?
BG: «Le iniziative sono numerose e tendono a far vivere lo spazio in modo anche slegato dalla attività serale. Numerose sono le collaborazioni e le sinergie che abbiamo in campo con Slow Food Bologna, la Scuola di Teatro Galante Garrone, il Collegium Musicum dell’Alma Mater e il Festival Internazionale Gender Bender che coinvolgono pubblico giovane».
L’uomo del XXI secolo vive ormai perennemente collegato alla rete, sia attraverso il PC, che, sempre più frequentemente, attraverso gli smartphone, quali strategie avete messo in piedi per presidiare questa realtà “virtuale” e divenire polo d’attrazione soprattutto per il pubblico giovane?
BG: «Per fortuna nella vita ci sono ancora differenze. Sicuramente andare a teatro è molto meglio che starsene rinchiusi in casa o vivere davanti a uno schermo qualunque esso sia, grande o piccolo. Lo spettacolo dal vivo è irripetibile. Non è sempre garantito, ma quando scatta l’emozione o il divertimento, condividerlo con altre centinaia di persone ha un effetto che non si dimentica. Per questo si ritorna a teatro. La solitudine da PC la si vive tutto il giorno, cerchiamo altri momenti. Per fortuna i giovani sentono ancora questa esigenza».
Il teatro “classico”, da sempre uno dei punti saldi della programmazione del Duse, è stato protagonista di queste due stagioni con molti titoli che hanno trovato nel pubblico un’ottima accoglienza, su cosa puntate nella prossima stagione e perché avete fatto proprio queste scelte?
BG: «Mi è piaciuto molto un articolo uscito su un giornale cittadino che diceva: “non chiamatelo il solito Duse”. Il teatro classico è una componente, importante, del teatro, ma non l’unica. Dobbiamo rompere gli schemi, e ci stiamo riuscendo, facendo in modo che il pubblico si mischi, si spezzino i canoni fissi. La forza del teatro è tale che può mischiare le carte e far vincere tutti, il banco e il pubblico».
Il teatro e la scuola, due mondi apparentemente lontani, ma assolutamente in simbiosi, visto che lo studente di oggi è il potenziale spettatore del domani, dopo le tante belle iniziative dello scorso anno, cosa avete in programma per questa stagione, a parte gli ingressi a prezzi agevolati?
BG: «In pratica gran parte degli spettacoli della stagione sono proposti anche alle scuole perché crediamo fortemente a questo rapporto. Fortunatamente anche qui si stanno rompendo alcuni schemi fissi. Il motivo della didattica nella scelta di uno spettacolo sta lasciando il posto a un assecondare anche il gusto e le curiosità dei giovani. Inoltre portiamo incontri preparatori agli spettacoli dentro le scuole e questo piace a tutti, professori e alunni».
Ci può illustrare cortesemente quali sono le proposte di punta per la stagione che va a cominciare e, magari, quali sono state le motivazioni dietro a certe scelte artistiche?
BG: «In primis la scelta è caduta su alcuni attori che rappresentano il nuovo che si è affermato nel panorama teatrale italiano. Filippo Timi, con un suo percorso molto personale e intrigante. Pierfrancesco Favino, Sergio Rubini, Stefano Accorsi, Angela Finocchiaro, Lella Costa. Le scelte artistiche di questi attori sono sempre importanti e significative. Altri sono attori di tutto rispetto con spettacoli che abbiamo avuto modo di vedere e che garantiamo al pubblico. In Italia abbiamo avuto il periodo degli autori, poi dei registi, ora sono gli attori che tracciano le linee con le loro scelte».
L’appuntamento per tutti gli amanti del teatro è dunque per il 24 ottobre, serata inaugurale della stagione, affidata a Belcanto – La bellezza dei molteplici volti della musica un concerto teatrale con talentuosi cantanti lirici selezionati dalla Fondazione Luciano Pavarotti, una produzione internazionale che, a solo una settimana dal debutto americano, il 17 ottobre al New York City Center, tempio newyorkese della musica e della danza, arriverà in anteprima ed in esclusiva nazionale sul palcoscenico del Teatro Duse.
Per maggiori informazioni sulla stagione teatrale 2013/2014 del Teatro Duse di Bologna: www.teatrodusebologna.it
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Duse di Bologna