Per esempio delle atmosfere stile Il Grande Gatsby o Morte a Venezia, la ricostruzione storica, i costumi, la fotografia. Il film analizza temi scottanti (adulterio, rapporti sessuali claustrofobici, omosessualità e incesto) e la storia rappresentata è dolorosamente vera.
Infatti è un dramma familiare e sociale che fece grande scalpore negli anni '70. Parla della ricca famiglia americana Beakeland: inizia con la voce fuori campo del figlio Antony (Eddie Redmayne) che parte dal 1946, anno della sua nascita.
Ci descrive la vita familiare e mondana di sua madre Barbara (Julianne Moore), moglie di umili origini del rampollo Brooks Baekeland (Stephen Dillane), inserita nella ricca società dell'epoca, di cui apprezza e allo stesso tempo rifiuta le convenzioni, passando dall'euforia alla depressione.
La storia attraversa le fasi di crescita del figlio, voce narrante, e passa per gli anni '50, '60, fino ad arrivare ai '70.
Tutto gira attorno al rapporto morboso tra madre e figlio, alle loro fragilità emotive, in particolare quelle di Barbara, che arriva ad avere rapporti sempre più trasgressivi, fino ad un rapporto incestuoso con Antony. La situazione implode con ovvia tragedia
finale, principalmente quella di un ragazzo fragile lasciato a se stesso e alla propria ambigua madre dalla personalità fortemente malata.
La scena dell'incesto, esplicita, è pesante e penosa, difficile da guardare e da digerire. Molto forte. Se lo scopo del regista, Tom Kalin, era solo quello di irritare, scandalizzare e di far odiare la protagonista ... beh, obiettivo raggiunto. Ritengo tuttavia che le dinamiche psicologiche siano state risolte con troppa facilità, infatti le domande senza risposta sui protagonisti sono parecchie. Barbara rimane un mistero inquietante: è una donna problematica, complessa, con un'emotività disturbata, con problemi simili a quelli di tante altre donne appartenenti alla stessa società, con una difficoltà a vivere la propria natura libera da condizionamenti sociali; d'accordo, ma non si capisce come e quando compie quello scatto decisivo che rende successivamente il suo comportamento totalmente malato, fuorviato.
Tom Kalin, il regista, è dichiaratamente gay e già si è occupato di tematiche e personaggi omosessuali in altri suoi lavori. E' un regista indipendente di tutto rispetto, in ogni caso da tenere d'occhio.
Sarà ormai chiaro che questo film non mi è piaciuto granchè. Non per le tematiche ma per il modo, lo stile. Mi ricorda un altro film sempre con Julianne Moore, Lontano dal paradiso, acclamato dalla critica e anche questo proprio poco apprezzato da me.
L'ambiente sociale altoborghese, frivolo e formale, apparentemente dorato, dove tutto rimane alla superficie è fin troppo mostrato, come se soltanto quella fosse la causa di tutti i mali.
... Ritornerò su questo argomento.