Una volta passata la sbornia della vittoria, l’eccitazione alla vista dei volti di Calderoli e La Russa o del sudore di Fitto, torniamo alla nostra realtà quotidiana, consapevoli di dover fare i conti con quello che “offre la casa”, con tutti i mal di pancia dovuti ai prevedibili discorsi di Bersani, alle incespicanti e sgrammaticate esternazioni di Di Pietro, per non parlare della vetusta immagine di D’Alema, che ancora si ostina a presentarsi davanti alle telecamere, e ad ostentare con quel sorriso, simile ormai a una smorfia di dolore, quell’ironia e quelle caustiche risposte che potremmo recitare noi al suo posto.
Il vuoto e la mancanza di contenuti che hanno caratterizzato gli anni 90 sono stati prontamente colmati da valori che giungevano facilmente a destinazione, utilizzando il canale preferenziale della TV, che arriva indistintamente a tutte le fasce della popolazione. Per anni si è preferito spegnere il cervello e accendere la televisione e subire tutti quei condizionamenti di cui si è parlato fino alla nausea, che hanno modificato i nostri gusti e i nostri stili di vita (magari non di tutti!).
Oggi, al di là dell’acqua o del nucleare, qualcosa di importante è successo: si è decretata la fine del potere assoluto della televisione; strano che qualcuno non se ne sia accorto per tempo e non sia corso ai ripari andando ad occupare nuove posizioni. Oggi, nonostante l’Italia sia ancora agli ultimi posti in Europa per l’utilizzo di internet, si è chiarito quale sia il potere della rete. La gente è pronta, almeno in parte, ma i nostri politici? Così rigidi, così antichi, così legati a vecchi schemi di comunicazione! Le potenzialità, perché escano fuori volti nuovi, ci sono; ma i vecchi si dovrebbero fare da parte, staccando quegli artigli dalle loro poltrone, a costo di rovinarne la tappezzeria!