E adesso pover’uomo? Il titolo del romanzo di Hans Fallada potrebbe adattarsi benissimo alla situazione di Monti e alla sua improvvida “salita” in politica che gli era stata sconsigliata da tutti. Oltre ai numeri risicati del suo centrino reazionario con cui ha fatto lega, ieri si sono aggiunte due bordate formidabili: la sua cara Europa dice che l’Imu è stata congegnata in modo iniquo e soprattutto il fondo monetario internazionale ha pubblicato lo studio di Blanchard, suo capo economista oltreché uno dei sommi sacerdoti del liberismo, il quale dice che l’asuterity è un errore, che i calcoli in base ai quali era stata invocata erano sbagliati. Una tesi giù conosciuta dalla tarda estate, ma che con la pubblicazione sul “bollettino” dell’Fmi , acquista lo status di dottrina ufficiale.
Insomma alla luce di tutto questo l’anno di Monti può essere preso, accartocciato e buttato nel cestino. Non si tratta solo dei suoi errori, della proterva superficialità con cui si sono stati portati avanti i massacri sociali, della mattanza di diritti, dell’arroganza con cui sono stati perseguiti gli interessi delle banche, dell’impoverimento generale cui hanno fatto da grottesco pendant folli spese per armamenti, aerei inutili e adesso anche u-boot acquistati dalla Germania come se si volesse seguire la Grecia anche nei particolari del suo disastro (com’è noto molto del debito greco è stato dovuto ad acquisti massicci di armi dalla Germania e dalla Francia). Adesso è proprio questione dei principi stessi che hanno guidato l’azione di governo. E dunque anche di quelle agende così simili che pesano sulle spalle degli italiani.
Tutto questo però ci serve per capire meglio cosa c’è dietro il clamoroso errore di Monti nell’abbandonare la sua figura di tecnico apparentemente neutrale che probabilmente lo avrebbe portato al Quirinale o magari di nuovo a Palazzo Chigi, approfittando della canea elettorale e di un nuovo parlamento di nominati che a parte i numeri, è sostanzialmente la fotocopia di quello vecchio, nonostante giuramenti sul cambiamento, primarie, buoni propositi, letterine di natale. Tutte le ipotesi che possiamo fare portano alla conclusione che Monti è l’uomo sbagliato, al posto sbagliato nel momento sbagliato. Se dovessimo pensare che la sua opzione politica sia stata dovuta a una tardiva quanto ossessiva smania di protagonismo, dovremmo proprio dire no grazie. Se ha commesso solo un errore di giudizio in una situazione nella quale si sarebbe orientato meglio un bambino, come potremmo fidarci della sua azione nel futuro? Ancora no e quanto al grazie ce lo potremmo tranquillamente risparmiare.
Ma non possiamo fermarci ad ipotesi psicologiche e personalistiche, tanto più che il professore è stato catapultato al suo posto da enormi pressioni esterne. E a questo punto mi sentirei di proporre una tesi più globale sulla incerta e tormentata marcia del gambero di Monti in politica: quella di uno scontro sotterraneo di strategie tra poteri finanziari e pressioni di governi europei. Non c’è dubbio – e lo dimostra l’invito al vertice del Ppe, quasi un’imposizione si candidatura – che i Paesi forti dell’Europa abbiano fatto leva sulle vanità dell’uomo per indurlo a buttarsi nella battaglia politica essendo interessati ad operazioni di cessione e svendita oltre che timorosi di una saldatura politica tra i Paesi in crisi della periferia che facesse da contrappeso ai diktat del centro europeo. E Monti in questo senso sarebbe una garanzia per la Merkel. Sull’altro fronte potrebbero esserci gli allarmi di un milieu finanziario che preferirebbe allentare la morsa prima che le conseguenze di un’austerità di cui adesso si chiede venia (i calcoli sbagliati Blanchard) cambino le propensioni politiche di mezza Europa. In fondo con il fiscal compact, il pareggio di bilancio in Costituzione, il Mes l’obiettivo di togliere spazi di manovra alla politica e di far cedere sovranità ad organismi finanziari e bancari, è stato in parte raggiunto. In questo senso, mettere da parte gli esecutori potrebbe allentare le tensioni ed evitare che tutto questo sia messo subito in discussione.
Naturalmente non parlo di complotti, ma semplicemente dello scontro di idee e prospettive dentro il milieu europeo – finanziario che sono poi all’origine delle incertezze di Monti, il riflesso del suo presentarsi senza candidarsi e anche della sua tracotante pretesa di essere di nuovo premier o nulla. Tutto questo mentre Berlusconi cerca di rassicurare il Ppe, dunque la Merkel che non sarà lui il prossimo premier e Bersani tenta di placare i finanzieri con i giuramenti sull’agenda Monti, vuole un’alleanza con il centro anche se non ce ne fosse numericamente bisogno e relega a quella terza pagina, del tutto avulsa dalla cronaca, che è diventato Vendola. E si ce ne abbastanza per cambiare il titolo del romanzo e dire: E adesso, poveri noi?