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E alla fine John muore (di Don Coscarelli, 2013)

Creato il 11 gennaio 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C

E alla fine John muore (di Don Coscarelli, 2013)
Secondo me Don Coscarelli è uno che se ne frega. Uno a cui non interessano tutte quelle cose lì, quelle a cui di solito badano gli uomini di cinema e di spettacolo. I numeri, i soldi, i giudizi. Don Coscarelli è uno spirito libero, che fa le cose quando e come vuole. Che non ha bisogno di essere lusingato con le promesse o dalle statistiche. Le prove? L'ultimo suo lungometraggio è Bubba Ho-tep ed è del 2002 mentre la sua ultimissima apparizione è stata televisiva, nella serie Masters of Horror con l'episodio Incident On and Off a Mountain Road (2005). Ora, noi siamo nel 2013 quindi sono passati rispettivamente undici e otto anni. Nel mondo del cinema sono un'eternità. 
Poi c'è Jason Pargin e questo nome ai più non dirà molto. Non molto più di Don Coscarelli. Jason è un ragazzo che nel 2001 ha scritto con lo pseudonimo di David Wong una blog novel che è diventata un caso letterario e un fenomeno di culto. Tanto da attirare l'attenzione del regista italo-americano che si appropria dei diritti guardando lì dove molti altri avrebbero visto il vuoto. Siamo seri: come portare quel pasticciaccio di John dies at the End sul grande schermo? Eppure Coscarelli è uno che se ne frega, uno che ha unito lavoro, piacere e passione in un unica carriera. Al carrozzone si unisce anche Paul Giamatti, innamorato dell'idea, che mette nel progetto soldi e faccia. Pronti e via, si parte. Le riprese iniziarono a fine 2010 e finirono a inizio 2011. Quattro mesi. Poi il trailer, il giro per i festival e ora siamo qui, ad aspettare che il film esca persino al cinema. Negli Stati Uniti, in Inghilterra e in chissà quali altri paesi. Non in Italia, inutile aspettarsi tanto. 
David Wong è una specie di indagatore del paranormale, in coppia con l'amico John e dotato di poteri speciali ottenuti grazie alla droga Salsa di Soia. In un ristorante cinese racconta la propria storia al giornalista Arnie
Non si può dire di più sulla trama di E alla fine John muore. In effetti la trama è solo un pretesto. Voi riuscireste a descrivere un delirio? A spiegarlo? No, penso di no. In realtà non c'è niente da spiegare, siamo in un territorio sconosciuto e viviamo avventure dai risvolti inaspettati. Weird, per usare un termine a caso, non a caso. Ci vuole una fantasia illimitata e un coraggio fuori dal comune per fare una cosa del genere. Ci vuole un bagaglio cinemo-letterario non indifferente. Si va dal primo Cronenberg a Miike (gli aspetti in comune col suo Yattaman del 2009 sono evidenti, anche se culturalmente differenti) passando per L'invasione degli Ultracorpi, Carpenter e Raimi. C'è Lovecraft e il suo Altrove che qui è un mondo - o più mondi - alieno e c'è la cultura pop di Andy Warhol. Il fumetto (qualcuno a detto Dylan Dog?) e la cultura animata ma anche un po' di Lansdale. C'è Lynch, che quando si parla di visionarietà e onirismo non si può non nominare il maestro. Horror, fantascienza, fantasy, comico/commedia. I mostri, Romero e i super-eroi. Insomma, farei prima a dire cosa non c'è. E' un casino, un orgia visiva e di idee. Un po' anni '80, un po' 2000 e un po' anni a venire. Passato, presente e futuro. Di che cosa stiamo parlando? 
E alla fine John muore (di Don Coscarelli, 2013)
Sin dall'incipit dovremmo capire che John dies at the End non accetta categorie o catalogazioni. Che non vuole far paura, che gli piace fare ridere ma che tortura lo spettatore con una continua sensazione di ansia e malessere. Un po' come quando assistiamo ad un contenitore surgelato che inizia a sobbalzare sul pavimento e dal quale esce una dose di droga scura e vivente, forse senziente. O un essere mostruoso, con corpo di uomo e testa di uomo ma non necessariamente dello stesso uomo (per citare Allen). In fin dei conti Coscarelli ci dice che non siamo al sicuro, che tutto quel simbolismo tipico di Stati Uniti e di tanto cinema hollywoodiano non ci potrà salvare dall'apocalisse. Siamo in balia di forze che passeranno dal farvi ridere al farvi piangere nel giro di pochi secondi. La maniglia di una porta che si trasforma in pene umano. Cioè, vi rendete conto? Medium laureati in paranormale che fanno esplodere mostri-puzzle via telefono cellulare. Un cane senziente e la donna della nostra vita, l'unica in grado di aprire la porta che da su un mondo altro grazie alla protesi che porta al posto della mano mozzata. Un computer organico conquistatore di mondi. Sono tutti elementi comuni che perdono il loro carattere rassicurante divenendo pezzi di un mosaico destabilizzante. Paul Giamatti è la sintesi di quello che sto dicendo: guardate un uomo dall'aspetto comune, rassicurante con il suo viso barbuto e la sua pancia da medico di famiglia. Leggermente trasandato in un ruolo alla Intervista col Vampiro. E poi vedete cosa gli succede. Per fortuna però ci sono loro, Dave e John (sì, quello che alla fine dovrebbe morire, ma non è poi così semplice) interpretati da attori d'eccezione. Chase Williamson e Rob Mayes. Sconosciuti. Il destino del nostro e di tanti altri mondi è nelle loro mani, il tempo di prendere l'occorrente.
L'entusiasmo sollevato da John dies at the End è stato grande ancor prima che gli entusiasti vedessero il film. Io non lo condivido in toto, perché la carne al fuoco è tanta, forse troppa. Un prodotto che non può (e non deve) essere alla portata di tutti, che ha bisogno di essere compreso a dispetto delle apparenze. Forse (e dico forse) dieci minuti in meno e dei limiti alla naturale propensione ad esagerare avrebbero fatto comodo alla pellicola. Forse, per cose del genere, siamo fuori tempo massimo. Ma è solo una mia idea. Sono quisquilie. Come ho detto all'inizio, Don Coscarelli se ne frega. Fa il cazzo che gli pare (scusatemi il termine) e si diverte divertendo. A noi piace così. Forse piacerà anche a chi non lo conosce. Chi lo conosce già, invece, si sentirà per un'ora e mezza a casa propria. La sua mente tornerà a quando vide Fantasmi trentaquattro anni fa, anno più, anno meno. Sono emozioni. E' per questo che molti di noi si mettono là e guardano ancora film come questi. Sperando ce ne diano ancora occasione. Aspettando Bubba Nosferatu: Curse of the She-Vampires, se mai uscirà.
E alla fine John muore (di Don Coscarelli, 2013)

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