¨Il Mercado Oriental di Managua lo aveva sempre affascinato. Secondo Navarra era il ricettacolo dell’umanità più varia, il punto di partenza e di destinazione di tutti i traffici della capitale, legali e, più comunemente, illegali. Era l’inizio e la fine, quattro chilometri quadrati di terra di nessuno, dove affari e venditori si definivano, dove tutte le congetture trovavano forma, una città nella città dove poter esaudire qualsiasi necessità. Metà degli abitanti di Managua veniva ancora fin lì per fare la spesa o per comprare generi di prima necessità. Ma il mercato era soprattutto il covo di una criminalità sommersa che si dedicava a contrabbandare prodotti d’importazione, mercanzia rubata, liquori, armi, il luogo per eccellenza per contrattare favori poco legittimi e per regolare conti in sospeso. Navarra ci veniva più normalmente per incontrarsi con i suoi informatori, per tastare l’andamento dei traffici illeciti e per ricevere soffiate. Era rimasto inteso che si sarebbe trovato con il Chico Rayban davanti al Compás, un bar che sorgeva su un lato dell’Avenida 13 e che si trovava di fronte a una delle entrate occidentali del mercato. Il Chico Rayban era un tassista, piccoletto e rotondo, che da anni vendeva informazioni alla polizia¨.
Non è uno scherzo, ma un dato comprovato da alcuni studi sull’economia nicaraguense. Dal Mercado Oriental, cuore del commercio della capitale Managua, passa il 20% del prodotto interno lordo del paese. Ci sono bancarelle, negozietti, antri che vendono prodotti di tutti i tipi, dove si servono i capitalini di tutti gli strati sociali. Non è una sorpresa per chi conosce la struttura del grande bazar, 52 ettari di terreno, con migliaia di venditori disseminati che si abbarbicano l’uno sull’altro in un ragionato disordine. Secondo i dati ufficiali, i venditori legalmente iscritti al registro sono quindicimila, quelli ambulanti cinquemila. Tra le bancarelle, insomma, tra proprietari, garzoni, commessi lavorano almeno 50.000 persone. Impossibile, da turista, poterlo conoscere nella sua totalità. Chi cerca qualcosa, è meglio che accuda a un ¨corredor¨, che per qualche córdoba si accollerà il compito di cercare il prodotto richiesto. Altrimenti, bisognerà affidarsi alla fortuna.
La cosa che sorprende il visitatore, a distanza di anni, è che il mercato continua ad espandersi, esce dai propri confini, fagocita le vie vicine, trasformandole in parte del suo corpo irrequieto, un blob che, seguendo l’istinto, divora gli spazi limitrofi. Ogni tentativo di porre un ordine al dedalo di vie, bancarelle, negozi è risultato inutile: ci hanno provato i sandinisti negli anni Ottanta, poi da sindaco il liberale Alemán, per giungere fino ai giorni nostri, dove periodicamente vengono proposti piani –rifiutati dai commercianti- che suggeriscono leggi e regolamentazione. La disgrazia è sempre dietro l’angolo. Distrutto dalle fiamme provocate dal terremoto del 23 dicembre 1972 e poi ricostruito, il mercato è facile preda degli incendi, l’ultimo avvenuto proprio agli inizi di dicembre dello scorso anno. I commercianti si oppongono al cambiamento, al forzato mettersi in regola e forse, è meglio così. Il Mercado Oriental è giocoforza il punto di incontro di traffici legali ed illegali, un bazar incredibile che è la fotografia di un paese dove l’informalità non si fa legare le mani da quanto si vuole far passare per ‘nuovo’. Tutti i mercati del Nicaragua hanno odori e sapori di un paese che è ancora strettamente legato al proprio passato, ai porti delle spezie, alla campagna, alle ricette tradizionali preparate con prodotti legati alla terra ed agli uomini che la coltivano. Il pinolillo, il tiste, la frutta esotica come il níspero, il jocote, la pitahaya, il mamey ed il caimito o la frutta del pane; gli ortaggi e poi la carne, il latte, i manufatti, gli utensili che servono per la vita quotidiana, con quegli oggetti artigianali di una volta che noi abbiamo non solo dimenticato, ma cancellato dalla nostra corta memoria. La tradizione resiste di fronte ai prodotti preparati in linea di montaggio, impersonali, importati dall’oriente e dagli altri paesi latinoamericani. Masaya, Granada, León trasudano dei riti tramandati di generazione in generazione, come quello del vigorón preparato in strada con gli ingredienti che vengono aggiunti alla olla, freschi, e provenienti appunto dai banchi del mercato. Uno di quei grandi pentoloni che sudano tra i ciottoli della via sfama decine di lavoratori, i commessi, i corredor quando smettono, appunto, di correre per la meritata pausa.
Ne ¨Il segreto di Julia¨, l’intendente Navarra incontra nei pressi del Mercado Oriental uno dei suoi principali informatori, il Chico Rayban, tassista, ex-poliziotto, lingua lunga e propensione alla spacconaggine. Un personaggio reale, preso a prestito dalla quotidianità proprio del mercato e dell’umanità che vi ruota intorno. Uno che ogni volta che andavamo in giro sul suo taxi, telefonava di nascosto alla radio locale, e chiedeva al deejay una canzone per ¨l’italiano che stava portando in giro¨. Un gran tipo simpatico, espansivo e cordiale. Fino a quando, appunto, mi aveva rivelato di essere un informatore della polizia. Il Chico Rayban è anche lui su: http://www.vandaepublishing.com/prodotto/le-indagini-dellintendente-navarra-il-segreto-di-julia/