La situazione degli e-book è interessante per me solo nel momento in cui posso scaricare un libro che non troverei in biblioteca e leggerlo con qualsiasi strumento io abbia a disposizione. Il pc, il telefonino, un tablet se sono fortunata.
Per dire.
Ieri sono stata al Salone del libro usato. C’erano dentro più di duecento bancarelle (il sito dice 550, ma gli espositori elencati nel depliant erano 230) che esponevano tutto ciò che i collezionisti e i gli amanti del libro usato e non solo possono sognare.
Volumoni con le copertine di pelle decorate in oro, vecchi libri di fiabe, riviste degli anni ’70, locandine cinematografiche, fotografie osé dei primi del ’900, fumetti, cartoline, antichi libri pop-up e perfino una macchina da stampa funzionante del Museo della stampa di Lodi con cui il signor stampatore ha impresso il mio nome in rosso su un segnalibro col nastrino rosso e mi ha fatto andare via contenta.
Non ero alla ricerca di occasioni, però ho capito che i libri usati avevano buoni prezzi e che quelli preziosi e rari erano piuttosto inarrivabili, ma che importa?
E mentre camminavo per gli stand pensavo all’e-book diffuso di recente da Lifegate (e che non ho ancora letto). Certo, è stato definito a impatto zero, ma riguardo a Lifegate ho sempre i miei ma. In che modo mi viene garantito che le emissioni provenienti dalla produzione di questo e-book e relativo video promo siano davvero compensate con della vera riforestazione? Anche navigare in rete inquina, ed è stata quindi fatta una stima dei numeri dei download del libro per poi calcolarne l’impatto?
E pensavo al fascino che certi libri hanno, quelli con il prezzo bassissimo in lire, con la copertina fatta di stoffa o di cartone rigido decorato, quelli che puzzano di muffa e quelli che hanno una macchia di caffè in mezzo alle pagine, quelli che mi accendono dentro una curiosità tutta sensoriale. E a tutte quelle persone che non solo spendono un sacco di soldi in libri ogni anno, per poi amarne veramente un numero minimo, che soffrono all’idea di avere un libro in prestito perché “lo voglio possedere, sfogliare, vivere”. Puoi viverlo comunque, anzi, regalargli mille nuove vite. No?
Il punto è: dove sta l’equilibrio fra il radicamento alla carta (e quindi all’usato e all’antico) e all’accumulo di beni materiali, fra la necessità di abbattere le emissioni e ridurre la deforestazione, e l’uso di strumenti elettronici sempre più innovativi ma poi difficili da smaltire o addirittura creati con materiali inquinanti da lavoratori sfruttati?
Questi ragionamenti sono una rete senza fine, nella quale spesso mi sento intrappolata come un insetto nella tela di un ragno.
Ma per il momento mi godo i miei libri della biblioteca, quelli che negli anni ho comprato e mai letto, quelli già letti, quelli in prestito, quelli trovati e quelli scambiati, e voi?