Nelle illustrazioni alcune opere presentata a Paratissima, rassegna dei nuovi autori in questi giorni a Torino.
È arrivata, dopo la Fiera del libro di Francoforte e la presentazione dei tragici dati relativi all'editoria italiana, una proposta da parte dell'AIE, ovvero l'associazione degli editori italiani: portare l'IVA degli e-book, attualmente del 22%, al 4%, ovvero il regime IVA dei libri cartacei o paper-book.
D'istinto sono d'accordo.
Amante della lettura come sono, mi sento visceralmente d'accordo con a proposta dell'AIE. Alle spalle c'è la situazione drammatica dell'editoria italiana, me ne rendo conto, che ha visto diminuire drasticamente le vendite già non troppo buone in condizioni normali; c'è la sostanziale debolezza di un settore commerciale librario negli ultimi anni cresciuto senza idee a lunga gittata e peraltro senza la minima attenzione da parte del potere politico; c'è la cecità - conseguente - di un mercato teso a sopravvivere giorno per giorno e che preferisce sistematicamente le confessione erotiche di un'atleta all'opera di un'artista senza santi in paradiso; che ha eliminato il commercio librario indipendente impedendo il varo di leggi adeguate a protezione del libro... devo continuare? Ho buone ragioni dovute al mio passato di libraio per non avere troppa simpatia per l'AIE, ciononostante sono d'accordo con la loro proposta.
Solo che...
L'e-book ha una strana sostanza. È virtuale, innanzitutto, e non occupa posto in casa. È digitale e può essere letto esclusivamente su PC, e-reader, tablet o i-phone. Il che significa che in caso di blackout non serve a nulla. Vabbè. Un p-book una volta acquistato diviene interamente di mia proprietà - e vorrei vedere chi può venirmene a contestare il possesso - mentre un e-book è mio fino a un certo punto. O forse per nulla. C'è una discussione in corso sulla cedibilità o meno del testo a terzi, sull'esistenza o meno di una licenza d'uso - sul modello dei programmi per PC - dalla quale non è facile uscirne vivi. Ma leggendo un articolo pubblicato da Altroconsumo e dando una scorsa alla pagina di Franco Angeli (editore serio, una volta tanto) relativa ai loro e-book sono giunto alla conclusione più o meno definitiva che gli e-book posti in vendita dagli editori non diventano vostri - ovvero restano di proprietà degli editori in quanto coperti da copyright - sussistendo la possibilità di venire espropriati in caso di contestazioni, cosa peraltro già avvenuta. Il che pone gli e-book nella stessa categoria dei programmi per PC o dei videogiochi, sottoposti a IVA 22%.
Kzz. Pardon, opperbacco.
In sostanza, quindi, avrebbero ragione i legislatori ad averli posti nella categoria software.
Mmhhh, calma un attimo.
La somiglianza tra e-book e p-book secondo i sostenitori del progetto di equiparazione fiscale riguarderebbe esclusivamente i contenuti:
«Gli obiettivi di quest’iniziativa tutta italiana sono di dimostrare che una storia è una storia, indipendentemente dal supporto di lettura»
Un'osservazione tanto sacrosanta da sfiorare il lapalissiano, come si comprenderà. Unico problema è che se non si incide sulla struttura interna dell'e-book, sulle sue numerose servitù che lo rendono un «oggetto» non pienamente fruibile dall'acquirente diventa complicato proporre un cambio di regime IVA basato sostanzialmente sulle buone intenzioni. Già, perché è indiscutibile che i videogiochi sono altrettanti "prodotti dell'ingegno" che spesso vedono scrittori a stenderne i testi e che "una storia è una storia".
Perché discriminare i videogiochi?
Ecco, quando si affronta un problema che coinvolge un problema più grande e più complesso si deve forzatamente tentare di risolvere in primis questo. E partire dal dato che il problema degli e-book è un problema di sistema: un sistema di distribuzione che rende il libro un non-oggetto ma un servizio da noleggiare [*], sistema che riguarda il diritto degli autori sulle proprie opere [**], sistema che riguarda i contratti di noleggio degli e-book e della vendita degli e-reader ai lettori e le clausole vessatorie a loro danno.
La realtà è che il libro elettronico ha un destino per il momento molto diverso da quello cartaceo. La sua natura è diversa prima di tutto da un punto di vista fiscale e secondariamente perché la presenza dell'editore rimane una costante non dichiarata [***]. È vero che il libro elettronico ha costi molto più bassi sia intrinseci che di distribuzione rispetto ai libri cartacei - ed è questa una differenza che si stenta a cogliere leggendo i listini degli editori - ma resta il fatto che il grado di libertà nei suoi confronti da parte di noi lettori è decisamente minore [****].
Non ho cambiato idea, sia chiaro. Qualunque iniziativa renda più capillare la distribuzione e la lettura di libri è sempre gradita, ma è meglio non coprirci gli occhi: il rapporto tra lettori, autori e editori è un rapporto in definitiva basato sulla reciproca fiducia e qui in buona fede ci sono solo autori e lettori.
Il libro elettronico è un'opportunità, è chiaro, ma non risolverà il problema della lettura in Italia.
[*] Il DRM è un ottimo esempio di pratica sgradevole che il lettore è obbligato a subire per poter leggere il proprio libro. Amazon l'ha tolto dai propri libri, ma il motivo fondamentale non è quello di fare un favore ai lettori ma di rendere maggiormente invasiva le propria presenza sul mercato.
[**] I diritti degli autori sulle proprie opere sono al centro delle recenti polemiche sul Kindle Owner's Lending Library, ovvero sul prestito illimitato degli e-book da parte di Amazon dietro versamento di un canone mensile. Timeo Amazon etiam et dona ferentes.
[***] Tutto questo bel discorso non riguarda i titoli autoprodotti dagli autori che, candidamente, cedono (ovvero, cediamo) i loro prodotti nella speranza di essere letti. Qui l'abbassamento del regime IVA dovrebbe essere automatico, anche se il rischio è quello di risultare pateticamente inutile.
[****] Non si tratta, ovviamente, della libertà di danneggiare o bruciare il libro come oggetto fisico, ma della possibilità di intervenire sul testo con annotazioni, note, osservazioni etc. etc., al rapporto fisico e affettivo che si crea con alcuni libri e la possibilità di veder scomparire tutto da un giorno all'altro dietro ordine di un qualsiasi passacarte di Amazon.