di Corrado Gnerre
Lo pensano in molti, ma lo dicono in pochi. Che cosa? Che l’Islam ha un rapporto problematico con il concetto di “progresso”, in generale, e con quello di “progresso scientifico-tecnologico”, in particolare.
L’arretratezza che contraddistingue zone del mondo a grande (se non unica) prevalenza musulmana non è tanto dovuta –così come oggi “correttamente” si ama dire- all’egoismo occidentale, ma anche e soprattutto a fondamenti culturali e religiosi. Se a questo poi si aggiunge che, in non pochi Paesi islamici, gran parte delle risorse si utilizzano per rimpinguare i depositi d’armi…tutto diventa più chiaro.
Ma veniamo agli argomenti. Dagli studi fatti, mi sono convinto che sono principalmente due i motivi che hanno impedito alla cultura islamica una vera e propria sensibilità scientifica. Il primo riguarda il valore del Corano, cioè del testo sacro per eccellenza. Il secondo, la negazione della cosiddetta teologia naturale. Come sempre, stia tranquillo il lettore che non riesce a dare del tu alla terminologia teologica, perché mi sforzerò di essere quanto più semplice possibile.
Partiamo dal primo motivo. Per l’Islam il Corano è fonte di verità per ogni cosa ed è fonte di soluzione per ogni problema. Attenzione: per ogni problema! non solo per quelli della fede, della morale e della salvezza, ma anche per quelli di tutti i giorni, della vita concreta e della natura. I musulmani, infatti, intendono il Corano diversamente da come i cristiani intendono la Bibbia.
Per loro il Corano non è un libro ispirato (come è invece per i cristiani la Bibbia), ma dettato e quindi sarebbe una vera e propria manifestazione di Dio; conterrebbe tutto ciò che è necessario per tutto e per sempre. Insomma, ciò che non è nel Corano sarebbe superfluo…e perfino pericoloso. Ora, non è difficile capire come tutte queste convinzioni soffochino qualsiasi promozione del “progresso” e della “ricerca scientifica”.
Passiamo al secondo motivo. E cioè alla negazione della cosiddetta teologia naturale. Prima di tutto, cos’è la teologia naturale? E’ la possibilità di conoscere l’esistenza e parte della natura di Dio attraverso la ragione umana. L’Islam nega questa possibilità e afferma, categoricamente, che solo la fede può parlare di Dio, che solo la fede permette la conoscenza della Verità. Questa posizione si definisce fideistica. Tutte le parole che finiscono con “ismo” indicano una esagerazione. Ora, un conto è la fede, altro è il fideismo, cioè la pretesa che la verità in quanto tale (e non la completezza della verità!) è raggiungibile solo attraverso la fede. Il fideismo causa inevitabili ripercussioni in campo scientifico. Quando la ragione non può aiutare l’uomo a raggiungere Dio – essendo Dio la realtà più importante- perde il suo valore.
Dunque, dal momento che l’attività scientifica è strettamente legata a quella razionale, e dal momento che la ragione non ha valore, ecco spiegato il perchè la cultura islamica abbia sempre concepito il problema scientifico come qualcosa di accessorio. Come la ragione è estranea al cammino più importante che l’uomo deve percorrere (quello verso Dio), così l’attività scientifica è da considerarsi altrettanto estranea a ciò che veramente conta nella vita del mondo. Certo, ci sono stati pensatori e scienziati musulmani che hanno cercato di coniugare lo sviluppo scientifico con il Corano, ma sono stati tentativi fallimentari. Proprio Al-Ghazali, nella sua opera Confutazione dei filosofi, denuncia l’inutilità di questi tentativi.
A causa della diffidenza nei confronti della scienza, nei contesti islamici, non raramente, si organizzavano attacchi contro libri scientifici. Celebre é un racconto delle Mille e una notte dove gruppi di fedeli, alle porte di Baghdad, danno fuoco a libri che entrano ed escono dalla città.
E proprio perché all’interno dell’Islam il pensiero scientifico é un pericoloso accessorio, nella cultura che dall’Islam deriva, accanto a significative eccezioni, si ritrovavano ingenuità per mancanza di metodo. Per esempio -una notizia, questa, che vale solo per chi si diletta di filosofia- i musulmani erano attratti dalla filosofia di Aristotele, ma non riuscivano ad operare un adeguato discernimento del pensiero di questo filosofo. Arrivarono poi a confondere il numero magico di Platone con la gerarchia di Aristotele, confusione che fece venir fuori vere e proprie assurdità e che portò ad una riduzione “neoplatonica” della filosofia di Aristotele stesso.
Sempre a causa della naturale diffidenza nei confronti della scienza, ma soprattutto perchè non doveva essere dedicato molto tempo alle attività scientifiche, gli scienziati islamici accolsero sì il patrimonio scientifico del mondo classico, ma volutamente non cercarono di rivoluzionarlo né tanto meno di migliorarlo. Famosa è l’affermazione dello scienziato musulmano Al-Biruni, che invitava i suoi a limitarsi a studiare solo ciò che gli antichi avevano già studiato. Come dire: la fatica c’è già chi l’ha fatta, a che serve farla anche noi?
Corrado Gnerre