“La vita di una persona con disabilità obbliga a una decisione profonda: se osservare, avvicinarsi ed accettare di essere cambiati… oppure distogliere lo sguardo. Se lo osservo riconosco le forme umane, i lineamenti, una drastica onestà del suo essere e penso… È così… io ho deciso. È così… io ho guardato. È così… e non lo voglio diverso.”
Così recita la locandina della mostra “È così… e non lo voglio diverso“, a cura dell’associazione “Costruire Integrazione” ONLUS, è aperta al pubblico dal 23 febbraio al 19 aprile 2013 presso l’Università degli Studi di Bergamo in Piazzale S. Agostino 2.
Un percorso fotografico molto particolare situato al primo piano dello spazio universitario del dipartimento di Scienze della Formazione, frequentato da studenti che in futuro potranno avere a che fare con varie tipologie di disabilità. Ma sullo stesso piano è situata anche la Biblioteca delle Facoltà Umanistiche, ed ecco che molti più studenti hanno l’opportunità di esplorare il percorso fotografico e riflettere su quanto esposto.
Il percorso parte dal pianerottolo sul cui muretto sono stati posizionati ben 700 bavaglie, la quantità impiegata da una persona con disabilità in sei mesi, a far comprendere quale sia una delle necessità quotidiane della cura. Si salgono poi le scale per giungere al primo piano dove, lungo l’androne, si trova una serie di foto celate da leggere tendine nere. È necessario quindi spostare queste per scoprire aspetti della disabilità che in tanti probabilmente ignoravano. È un percorso alla scoperta dei sensi, tutti e nove.
Non quindi solamente i cinque più noti, vista, udito, gusto, tatto, olfatto, ma anche i quattro di cui tanti ignorano l’esistenza: il dolore, la termopercezione, l’apparato vestibolare o dell’equilibrio e la propriocezione (la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio anche senza il supporto della vista).
Sotto ogni foto, inoltre, vi sono dei commenti scritti utilizzando i simboli WLS (Widgit Literacy Symbols), meglio noti come simboli Rebus. Si tratta di un sistema di scrittura inventato circa venti anni fa e ampiamente adoperato in vari Paesi del mondo. Consiste in una serie di simboli stilizzati e realizzati con una grafica essenziale, adatta perciò a utenti di tutte le età. Ogni simbolo ha il compito di illustrare un singolo concetto e l’uso del colore permette di avere un’immagine più chiara ed immediatamente comprensibile.
L’idea di questo progetto è nata dall’associazione dei genitori “Costruire Integrazione” ONLUS con l’intento di offrire la possibilità ad altre persone di entrare in contatto con la realtà della disabilità, troppo spesso trascurata o travisata.
A volte basterebbe così poco per abbracciare questa realtà che ci circonda quotidianamente ma nella quale spesso evitiamo di venire inclusi, per paura, per superficialità, per mancanza di sensibilità o per semplice menefreghismo.
La disabilità non preclude la possibilità e il desiderio di condurre una vita normale, ricca di amici, di amore, di esperienze nuove, di divertimento e di passioni.
La strada per la comprensione universale è ancora lunga e talvolta pensiamo che si tratti di un compito troppo arduo per noi. Ma ci vuole così poco. È sufficiente evitare di fissare chi a causa di una disabilità motoria è seduto in carrozzella o chi cammina con un bastone perché non vedente.
È sufficiente rivolgersi ai nostri compagni disabili a scuola come facciamo con chiunque altro. E se per caso questo nostro compagno si reca a lezione con i genitori per motivi logistici, evitiamo di trascorrere il tempo e colloquiare con il genitore e parliamo con lui, che non desidera altro che rapportarsi con chi sta vivendo la sua stessa esperienza.
E se ci ritroviamo a parlare con una persona ipovedente, che magari ha anche problemi di udito, avviciniamoci un po’ di più al suo viso perché possa leggerci in labiale, non costa niente. Evitiamo invece di parlarle alla spalle.
Essere isolati non piace a nessuno.
Se un disabile si rivolge a noi per qualsiasi tipo di informazione e per caso è in compagnia di qualcun altro, rispondiamogli in modo diretto senza guardare chi gli sta accanto. Se è in grado di parlare, lo è anche di comprendere la nostra risposta. E se non fosse in grado di parlare abbiamo la pazienza di comprendere quale sia il miglior modo per interagire, a volte basta un sorriso, basta un messaggio al telefono, al computer o anche un solo gesto può essere sufficiente. Al contrario potremo precluderci di fare nuove importanti conoscenze.
Non si fa altro che rimarcare il fatto che viviamo nell’era della comunicazione, ma quanti tra noi sono realmente in grado di comunicare con il mondo, senza paura e senza discriminazioni?
“La disabilità è un’onestà di forma che richiede forme di onestà.”
Written and Photo by Rebecca Mais
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