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e dalla Turchia di A con Zeta, passiamo al mondo curdo: il passo è assai breve!

Creato il 12 febbraio 2015 da Atlantidelibri
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e dalla Turchia, passiamo al mondo curdo: il passo è assai breve!

Una piccola bibliografia di volumi che si spostano nel vicino Kurdistan, quanto mai di attualità dopo il respiro di sollievo che ci dà sapere che Kobane si è liberata dal giogo islamista.

Parlando di letteratura curda, i lettori italiani devono di certo ringraziare Tranchida editore, vista la competenza con la quale ha fatto conoscere i suoi autori, a cominciare da quello che viene definito “patriarca delle letteratura curda”:

Yasar Kemal, pseudonimo di Kemal Sadık Gökceli (1923), è un famoso scrittore, giornalista e intellettuale turco. Nel 1996 è stato condannato ad un anno e otto mesi di carcere, sentenza in seguito sospesa, per le critiche espresse in uno dei suoi libri circa la gestione del governo turco della questione della minoranza curda.

Nato in una famiglia povera, ha dovuto abbandonare gli studi dopo la scuola elementare. Nel 1950, ha trascorso un anno in prigione con l’accusa di “propaganda comunista”. Ha quindi iniziato a lavorare per il quotidiano turco “Cumhuriyet”. Il suo romanzo Memed il falco, del 1955, gli valse un importante successo che gli permise anche di essere candidato, nel 1972, per il Premio Nobel per la Letteratura

Sempre Tranchida ha in catalogo altri volumi, come   Suzan Samanci, Helin profumava di resina, Giovanni Tranchida editore, 2002  e

Yusuf Yeshiloz, Verso il tramonto, Tranchida e Erba selvatica (Tranchida)

Poi, la difficile vita dei curdi è resa degnamente in questo romanzo di Hineer Saleem, Il fucile di mio padre, Einaudi

Azad vive ad Aqrah, nel Kurdistan irakeno. È ancora un bambino quando Saddam Hussein prende il potere a Baghdad. All’inizio il dittatore non sembra avere mire particolari sui curdi. Ma dopo un po’ arriva la repressione. Il padre di Azad rispolvera il vecchio fucile e parte con la famiglia verso le montagne. La vita di una famiglia curda tra gli anni Settanta e gli anni Novanta è fatta di ripetute migrazioni, a seconda dei capricci del regime. Ci sono i ritorni, con accordi e impegni che sembrano presi apposta per essere disattesi, e le nuove partenze (l’ultima conduce i curdi fino a un campo profughi in Iran). Intanto l’infanzia di Azad trascorre tra i giochi, la scuola, la fascinazione per le prime bottiglie di Coca-Cola, il culto del coraggio e della virilità, la passione per il disegno, e si trasforma in adolescenza, con amori e amicizie, e l’ambizione frustrata di diventare peshmerga, «coloro che guardano la morte in faccia», i combattenti delle montagne. Un racconto intenso e pacato, dove eventi terribili si alternano a scene di pura comicità. La rivelazione di un talento narrativo che si esprime con successo anche nel cinema.

Traduzione di Elda Necchi

«Il mio nome è Azad Shero Selim. Sono il nipote di Selim Malay. Mio nonno aveva uno spiccato senso dell’umorismo. Diceva di essere nato curdo, in una terra libera. Più tardi, erano arrivati gli ottomani che avevano detto a mio nonno: tu sei ottomano, e lui era diventato ottomano. Alla caduta dell’impero ottomano, era diventato turco. Dopo la partenza dei turchi, era tornato a essere curdo durante il regno di Cheikh Mahmoud, il re dei curdi. Con l’arrivo degli inglesi, mio nonno era diventato suddito di Sua Graziosa Maestà; aveva persino imparato qualche parola in inglese.

Gli inglesi hanno inventato l’Iraq e mio nonno è diventato iracheno, ma non ha mai scoperto il segreto nascosto in quell’appellativo: Iraq, e fino al suo ultimo respiro, non è mai andato orgoglioso di essere iracheno; e nemmeno suo figlio, Shero Selim Malay. Ma io, Azad, ero ancora un bambino».

   Storia dei curdi,Galletti Mirella,Jouvence

Il “problema curdo” costituisce un dilemma cruciale per la stabilità del Vicino e Medio Oriente. In tale questione si fondono e compenetrano tre problematiche attuali: il diritto all’esistenza, quello all’autodeterminazione del popolo curdo, la presenza dell’acqua e del petrolio nel Kurdistan. Non si può continuare a relegare oltre trenta milioni di curdi a un ruolo di eterna minoranza, quando rappresentano un popolo che dal punto di vista numerico è il quarto del Vicino e Medio Oriente. Il libro prende le mosse dall’antichità per arrivare fino alla seconda guerra del Golfo dello scorso anno.
qui il loro mondo fa da sfondo alle gesta del protagonista:

Jean-Jacques Langendorf,

Una sfida nel Kurdistan,

Traduzione di Maurizio Andolfato, Adelphi

Spinto dalla «furia della giovinezza», con la testa ronzante delle parole di Saint-Just, di Necaev e di Lawrence d’Arabia (i suoi eroi, i suoi modelli), si addentra nel Kurdistan un agente dei servizi segreti nazisti (siamo nel 1941), portando con sé in una busta sigillata le istruzioni per una missione: guadagnare le tribù curde alla causa nazional-socialista, sottraendole alla influenza di agenti inglesi che sono già sul posto. Il giovane tedesco discende dalla stirpe degli agitatori per vocazione: un freddo delirio di potenza lo anima, la visione della storia come matassa di complotti dove occorre intervenire per puro senso del gioco. Come «una biglia lanciata da una mano politica attraverso lo spazio e il tempo», finisce per conficcarsi in una inerte e subdola realtà orientale, si trova di fronte e uccide un agente inglese che ha la sua stessa missione, a poco a poco si sente invischiato dal gioco che credeva di dominare e invece si dissolve fra le sue mani. In fondo a tutto, trova il sapore della sconfitta e del romanticismo deluso. Come già l’Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz, questo è un magistrale apologo, dedicato non più alla Strategia ma all’Avventura, al senso losco e desolato che viene costretta ad assumere, in un mondo che è ancora il nostro, l’inebriante «libertà dell’avventuriero».

Una sfida nel Kurdistan è apparso per la prima volta nel 1969.

Infine, segnaliamo di Zanà Baluli, Leggende popolo curdo, Arcana, e un libro per i giovani lettori:

Per Ragazzi, Sofia Gallo, I LUPI ARRIVANO COL FREDDO, Edt

I lupi arrivano d’inverno, scendono a valle, cercano prede. I lupi arrivano affamati, attaccano, fanno paura. Così sono i lupi che incontra Fuad: uomini crudeli, che conducono vite oscure e nascoste, perennemente in fuga, che lo rapiscono per farne un perfetto guerrigliero. Fuad è preda prima della rabbia, poi della paura e di un senso d’impotenza che lo annienta. Ma due ragazzi uniti a lui dal caso gli fanno ritrovare se stesso e la voglia di reagire: i tre stringono una forte amicizia, e insieme percorreranno una gran parte della Turchia orientale, terra dalla realtà divisa. Qui, intorno al lago Van, convivono le due anime del paese, quella turca e quella curda, in un contrasto sovente sopito, a volte esplosivo, a volte appianato con intelligenza, ma pur tuttavia perennemente presente; sarà quel contrasto a segnare la strada al protagonista e a dettare l’epilogo del racconto. Un racconto fatto di fughe, inseguimenti, amori, amicizia; un’avventura che si snoda tra paesaggi mozzafiato e piccoli villaggi, scandita dagli incontri con persone di straordinaria umanità. Una narrazione tesa e appassionante sino al finale liberatorio, occasione di riscatto per Fuad e inizio di una nuova vita.



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