La croce ha nemici ovunque. Prima di tutto li ha nei paesi dove la Cristianità è virtualmente dominante e fa parte integrante della cultura del popolo. Parlo dell’Europa (e in particolare dell’Italia), nella quale, con la scusa della laicizzazione delle istituzioni, ogni occasione è buona per andare addosso alla Chiesa, denigrarla e offenderla. Soprattutto criminalizzarla. Ne sento di tutti i colori sul punto: dal papa nazista, ai preti tutti pedofili, fino alle ricchezze fantasmagoriche della Chiesa, che se vendesse i suoi beni e le sue ricchezze — questo è lo stolto ragionamento — aiuterebbe milioni di bambini poveri.
Roba demagogica e ignorante. E lo è se si pensa a una grossa azienda. Immaginiamo per esempio che Ikea a un certo punto venda tutti i suoi beni, i suoi capannoni e i suoi terreni, ritiri i suoi liquidi dalle banche e suddivida il denaro recuperato tra i milioni di poveri. Probabilmente i poveri gioirebbero perché riceverebbero un inaspettato aiuto economico (in verità poco). Ma poi? Finiti quei soldi? Cosa accadrebbe? Che i poveri tornerebbero a essere poveri, e a questi si aggiungerebbero le centinaia di migliaia di lavoratori della Ikea che si ritroverebbero disoccupati e dunque senza un reddito.
Stesso discorso per la Chiesa, che finanzia con i soldi che riesce a recuperare dalle offerte, dai lasciti e dalle attività commerciali che possiede, le missioni, gli aiuti umanitari e molte altre attività di sostentamento (sanitarie, sociali e di istruzione) anche a vantaggio delle persone di religione diversa. Quante parrocchie e centri cattolici (e non) in mezzo mondo danno soccorso e aiuto a chi è in difficoltà, senza guardare la religione a cui appartengono? Possiamo dire la stessa cosa dell’Islam e dei suoi capi religiosi e politici?
Prendiamo l’Arabia Saudita, il cuore della cultura e religione islamica. Gli sceicchi arabi sono miliardari, vivono di petrolio, possiedono beni e attività commerciali in tutto il mondo, hanno lussuose ville, harem sterminati, rubinetterie in oro massiccio, yatch, industrie, squadre di calcio, conti correnti in Svizzera a venti zeri. Ebbene, quanti di questi soldi vengono usati per attività umanitarie o semplicemente per migliorare le condizioni di vita del popolo arabo? E quanti cristiani possono dire che in Arabia Saudita vi è la libertà di religione che in occidente viene riconosciuta a tutti?
Se chi legge ha un minimo di sale in zucca, conosce le risposte, senza che io gliele suggerisca. Ma per aiutarlo segnalo semplicemente questa notizia: in Arabia Saudita è vietato pregare Cristo. È vietato persino ostentare un simbolo religioso come la Croce. La conseguenza può essere fatale: l’arresto (e il rischio è anche la condanna a morte in alcuni casi). Ed è quello che è capitato a 35 etiopi di religione cristiana, che si sono ritrovati in una casa privata a pregare e sono stati arrestati come dei volgari criminali. Ecco qual è la posizione delle autorità saudite in proposito:
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In Arabia Saudita i lavoratori non musulmani non possono celebrare il proprio culto in pubblico, ma in privato sì.
Peccato però che la nozione di “privato” sia piuttosto ambigua davanti all’intolleranza religiosa e dia libertà alla polizia islamica di violare il domicilio privato e arrestare chi viene pescato a pregare Cristo, come in una qualsiasi dittatura.
Ma a conferma del disprezzo che l’Islam saudita ha nei confronti della Cristianità, soccorrono le parole del Gran Muftì Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah, massima autorità religiosa in Arabia Saudita:
Tutte le chiese all’interno della Penisola arabica devono essere distrutte, deve esserci una sola religione.
Confortante, non è vero? Soprattutto questa domanda è rivolta ai coglioni che si bevono la storiella dell’Islam moderato, della necessità di dare agli islamici la possibilità di costruire moschee nei nostri paesi e magari anche di togliere il crocifisso dalle nostre scuole per rispetto della religione islamica. E mi fermo qui.
Fonte: Tempi.it
di Martino © 2012 Il Jester