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[Racconti] Ehi, amico, ricordi quando siamo andati a Roma?… e hai visto il Tevere? Ci siamo giocati ai dadi un bagno freddo, hai vinto tu, dopo una settimana ero a letto con la febbre e tu stavi lì a dirmi, che no, ridendo, che esagero sempre, che non è possibile prendersi la broncopolmonite per un bagno a febbraio. Ti ho guardato con disprezzo, va bene, ma adesso sono qui. Svegliati, Santo Cielo!
La porta si apre, entrano in sei, hanno i camici bianchi, ti portano con sé su una barella, l'infermiera sorride, dice che "guarirà, non c'è da temere", ma intanto sparite. Arriva Pierre, è pallido, mi chiede le tue condizioni, gli rispondo che ce la farai, che "non c'è da temere", che Fernand è troppo forte, Pierre non ci crede ma si siede e aspetta, osserva un carosello elastico di parenti avvicendarsi e urlare a turno, il mio passo stentato e nervoso. Passano ore, tre ma contate migliaia di volte e ricalcate su quelle degli altri, quando entra un medico, è stanco e impassibile, conosco già le sue parole; per fortuna mi disinganna con prudenza, sorride appena e sostiene che però il peggio deve ancora venire, col risveglio, ma l'operazione è andata benissimo.
Pierre chiama Constance e le sciorina istante per istante la storia dell'attesa, cioè per anni interi, io gli ricordo che non c'è tempo e che dobbiamo stare vicini a Fernand quando si sveglierà, Pierre si arrende e si siede accanto al letto, dopo viene portato il nostro amico, io a destra lui a sinistra, a turno gli ricordiamo qualcosa solo per fargli sapere che ci siamo, che può fidarsi di noi e aprire gli occhi tranquillo. Sono le sei passate del pomeriggio quando Jean viene a chiedere informazioni ormai inutili, Fernanrd è sveglio da più di un'ora e ride come prima, con fatica, d'accordo, ma allegro. Dice che cadrebbe ogni giorno dal ponte pur di essere curato da quell'infermiera, ammicca e sbuffa. Pierre si permette di dubitare della versione ufficiale, che insomma, un equilibrista nato caduto da un ponte, Constance annuisce, io non commento, Jean è in disparte. Subito entrano i parenti, che invece ci credono, il padre allegro, la sorella pensierosa, portando una bottiglia di champagne che lui non potrà bere. Ma brinda lo stesso, gli viene sonno, s'addormenta di nuovo, Jean s'avvicina inquieto, si siede ai piedi del letto, si appoggia alla spalliera, piange.
Fernand.
Lo guardo. Cos'avrà da lamentarsi? Fernand, cosa credi voglia dirti questo stronzo? T'ha gettato lui dal ponte, vero? L'imbecille si alza, non saluta, esce. Arriva il medico, prende il padre fuori con sé mentre l'infermiera ci invita a lasciare la stanza, ci rifiutiamo, è un nostro amico, non si vergogna certo di noi, lo può visitare anche con noi davanti ché almeno controlliamo il suo stato di salute – risposta negativa, ci rechiamo in sala d'aspetto, lì siamo soli, io, Pierre e Costance in arrivo; ma subito entra il padre, ci chiama per nome e ci annuncia che i primi risultati della biopsia sono consolanti, Fernand starà bene presto, ma dobbiamo stargli vicini, per favore. Costance ci raggiunge, è inquieta ma va tutto bene, certo che ne siamo sicuri. Va via la luce, Costance trema, la mano sulla mia spalla. In fondo al corridoio, una candela e le prime proteste, ma la luce tornerà subito, non c'è da temere. In fondo al corridoio malcerte candele avanzano ondeggiando, sento il rumore dei corpi sbattuti con violenza da un capo all'altro delle sale: che la terra tremi, è un accidente, che un fulmine eterni la nostra paura nebbiosa importa ancor meno, conta solo Fernand: dobbiamo portarlo con noi. Costance corre verso la sua stanza ma cade e non verrà più ritrovata, Pierre tenta la fortuna ma viene seppellito da una porta che cede e io vedo tutto girare solo per un po' di champagne, correrei a morire anch'io se tutto attorno a me non prendesse quota di colpo, giusto un alito della fantasia o il fiato pesante di una sbornia, che mi porta nel mondo di Oz, devo seguire la strada dai mattoni gialli e trovare un mago, miei compagni di strada saranno un leone, un uomo di latta e uno spaventapasseri. Ancora una volta, tremo. La strada è sdrucciolevole, sto per cadere e farmi male, avanzo prima con le braccia e mi trovo solo nella foresta, gli spettri mi seguono, riuscirò a seminarli, Fernand, vieni! Alzati, Fernand, dobbiamo fuggire, quel mago è un inganno, nessuno può portarci via da qui, via da questo bosco, Fernand, svegliati. Fernand! Mi senti? Immobile nel letto, Fernand, osserva il mondo crollare attorno a sé, perché solo il mondo che ti ama crolla, il resto è frutto di troppa immaginazione.
L'hanno lasciato solo. Sono morti tutti gli altri, morire è da stupidi, Fernand, ti prego, alzati, c'è ancora tempo per noi, Fernand vuole vivere, scosta le coperte, il palazzo sta per cedere, per scivolare su se stesso, sul primo piano farcito di cadaveri, mi dà la mano, gliela prendo, raggiungiamo le finestre rasoterra, Fernand sente freddo, tieni la mia giacca, Fernand, è piccola per te, ma tieni, starai un po' più caldo, ci allontaniamo giusto in tempo per non essere nel numero indefinito dei protagonisti domani sulla prima pagina dei giornali. Accanto a noi, ferito ma ancora vivo, Jean, lo prendo per il maglione, lo trascino un po' più in là, dove sarà trovato subito, portato altrove per medicarlo.
Deve rimanere un segreto tra me e te, Fernand, è vero che è stato lui?, è ancora nelle mie mani, posso vendicarlo, sii sincero, giustizia sarà fatta e nessuno lo saprà, nel fumo nessuno distinguerà un omicidio da un salvataggio, Fernand tossisce, fa un cenno col capo che mi consente di scegliere, nel dubbio lascio questo stronzo in balia del caso, porto Fernand con me in macchina, almeno starà al caldo, ma la macchina è distrutta e non cammina, trascino il mio amico ancora più in là, dove possano vederci, chiedo a un tassista ancora terrorizzato se vuole accompagnarci a casa, il tassista annuisce, chiede dove debba dirigersi, rispondo dandogli l'indirizzo esatto, spero di trovare ancora una tana confortevole, trovo il mio appartamento in ottime condizioni, la scossa qui è stata molto più debole, siamo lontani dall'ospedale, devo chiamare il mio medico, è impegnato, un medico qualunque, arriva una ragazza neolaureata che cura con dedizione e serietà le ferite di Fernand, gli fa bere un calmante, disinfetta anche i miei graffi e mi costringe a riposare con una tisana. La ringrazio, pago bene. Siamo rimasti soli, Fernand. Vado al tavolo e scrivo com'è che finisce questa storia.
Se dovessi non svegliarmi, si sappia almeno che fin che c'ero io Fernand stava bene, che Fernand era affaticato ma allegro come sempre.
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