Voi dite che se lo batto al muro poi qualcuno si lamenta? Per il rumore, magari?
Certe volte l'uomo piccolo è proprio insopportabile: basta invitare un amico, basta che la giornata sia andata un pochino storta (un rimprovero dalla maestra), basta la solita stanchezza serale o sul finire della settimana che diventa ingestibile. Urlante, ipercinetico ed eccitato, non capisce più niente. Confessa senza remore che, in quei casi, è in preda a una specie di trance.
"Ma io non ce la faccio a darmi una regolata, come vorreste voi".
Non riesce a riprendere il bandolo di un comportamento accettabile.
Quando capitàno serate così mi sento davvero stretto in un angolo. In preda a pensieri balordi sul fatto che allora bisognerebbe essere ancora più inflessibili, che le punizioni non sono mai troppe, che forse è un bambino amplificato e allora ci vorrebbe l'intervento di un esperto. Uno vero, non un semplice genitore... Perdippiù impotente.
Certo, se uno ci riflette un attimo si rende conto che, dal suo punto di vista, è davvero dura essere un uomo piccolo. Ché tanti sono gli elementi che lo disturbano, che ne turbano l'equilibrio. In effetti l'uomo piccolo è un congegno piuttosto delicato: un tenero puffo ancora dedito alla coccola pre-nanna, allo stropicciamento totale con l'adulto che perde ogni ritegno riportato nel suo elemento, l'essere un "semplice" ragazzino.
È quella identità che ancora ondeggia e barcolla, sono le sue paure che si affacciano dietro quegli strepiti serali, l'insicurezza lo spinge oltre il confine.
Se l'adulto di turno si chiede allora cosa stia succedendo e non riesce a darsi risposte adeguate, forse è il caso di continuare a cercare. Di capire. Di andare avanti nel costruire piccoli mattoni, nel mettere in campo pazienza e comprensione. Perché se è difficile sapere cosa fare, è davvero tremendo non conoscersi ancora del tutto.